fbpx Malattie rare, c'è il Piano Nazionale | Scienza in rete

Malattie rare, c'è il Piano Nazionale

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Ne avevamo parlato a inizio anno, durante un incontro a Roma dove dopo anni di gestazione si vedevano le prime luci di un Piano Nazionale per le Malattie Rare, grazie al progetto Europlan, e finalmente il Piano Nazionale per il triennio 2013-2016 è stato approvato.
La presa di coscienza a livello istituzionale di quella che per molti italiani è una prassi: il vivere con una malattia rara, nel peggiore dei casi incurabile e se curabile, spesso con enormi difficoltà, date dalla sua alta complessità assistenziale. Perché chi ha una malattia rara spesso abita in centri piccoli, lontani dai centri di competenza o da presidi della rete, dove la peculiarità della patologia rara difficilmente viene sia riconosciuta che compresa, e dove ancora più frequentemente la famiglia incontra  una difficile accessibilità alla cura data dalla persistente  disorganizzazione di infrastrutture e di reti dedicate, fatto che si traduce  malessere e solitudine per le persone affette da malattia rara.
“Si tratta sostanzialmente sia di una messa in ordine delle azioni svolte fino a oggi che di una azioni da avviare in prospettiva - spiega Renza Galluppi, Presidente di UNIAMO Onlus – per adeguarci alle raccomandazioni europee in materia.” Fino a oggi infatti l'Italia pur avendo una legge dedicata risalente al 2001, era sprovvista di un Piano Nazionale e ci sono voluti parecchi anni per arrivare alla sua adozione. L’iter per un PNMR era infatti iniziato nel 2010 e l'Italia è già in ritardo di un anno rispetto alla tabella di marcia fissata dall'Europa per il 2013.

L’adozione di un Piano Nazionale tuttavia non è solo una questione di principio, ma anche una necessità pratica. “Il Piano presenta elementi importanti  – prosegue la Galluppi – per prima cosa,  grazie alla raccolta di ‘Buone pratiche’ a oggi realizzate, potranno essere messe a  sistema azioni e  risorse. Prima, mancando delle linee direttive, precise e ben specifiche in tema di malattie rare e riconosciute a livello istituzionale, risultava difficile gestire risorse interne alle strutture sanitarie per rispondere a bisogni assistenziali complessi, ma queste erano erogate a discrezione del singolo o della struttura coinvolta. Adesso, oltre a ‘mettere a sistema’ attività di assistenza organizzando le risorse già presenti, sarà possibile e anche valutare il risparmio che una buona organizzazione comporta, monitorando eventuali sprechi.” Questo a beneficio dell'intera struttura coinvolta.
L'assistenza in tema di malattie rare è infatti assai articolata da gestire, oltre che da capire. “Il malato, specie quello affetto da patologie rare, si trova spesso in situazioni dove i medici hanno poco tempo a disposizione per parlare della malattia. Ancor più spesso è difficile per il paziente entrare in contatto con una rete di persone colpite dalla stessa patologia per confrontarsi e informarsi, fattori importanti per non sentirsi soli e non far sentire sole le famiglie. Uno dei nostri obiettivi, con questo Piano Nazionale, è quantificare anche il valore dell'assistenza al malato raro, l'apporto dei care givers, misurandolo dal punto di vista economico. Ricordiamoci ad esempio – in tema di azioni che hanno doppia valenza: sostenibilità economica e assistenziale - che oggi è possibile far sì che sia  la scienza ad andare dal paziente, non viceversa” ci spiega la Galluppi.

Un altro successo è stato l'aver ottenuto la collaborazione dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare per quanto riguarda la distribuzione dei farmaci. “Qui abbiamo fatto davvero un importante  lavoro di lobby per fare in modo che quei pazienti che necessitano di farmaci particolari che le aziende non hanno più intenzione di commerciare, ne abbiano accesso gratuitamente e senza difficoltà attraverso lo SCFM, il che prevede l'organizzazione di un sistema che mette in gioco e coordina varie forze. In ogni caso il fatto che il piano sia stato siglato è solo l'inizio di un percorso di azioni concrete da mettere a sistema, tra cui un organismo di monitoraggio e di verifica delle azioni previste, che solo con l’attivazione del Comitato nazionale multi-professionale  sarà possibile. Questo, speriamo, anche grazie anche all'applicazione della metodologia di empowerment organizzativo”  prosegue la Presidente di UNIAMO FIMR Onlus. “Un aspetto su cui abbiamo molto insistito – conclude la Galluppi – è la questione del glossario, che nel piano per come è stato approvato ancora non c'è. L'importanza cioè di fissare un vocabolario condiviso dei termini che riguardano il mondo delle malattie rare, definizioni condivise come quelle  di un Centro di competenza e di presidio della rete, la Presa in carico e il PDTA Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale, sarebbero  il primo passo verso una sburocratizzazione del sistema.”

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Tumore della prostata e sovradiagnosi: serve cautela nello screening con PSA

prelievo di sangue in un uomo

I programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi. Un nuovo studio lo conferma.

I risultati di un nuovo studio suggeriscono che i programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato (con tutte le conseguenze delle cure) un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi.