Ne avevamo parlato a inizio anno, durante un
incontro a Roma dove dopo anni di gestazione si vedevano le prime luci di un
Piano Nazionale per le Malattie Rare, grazie al progetto Europlan, e finalmente
il Piano Nazionale per il triennio 2013-2016 è stato approvato.
La presa di
coscienza a livello istituzionale di quella che per molti italiani è una
prassi: il vivere con una malattia rara, nel peggiore dei casi incurabile e se
curabile, spesso con enormi difficoltà, date dalla sua alta complessità assistenziale.
Perché chi ha una malattia rara spesso abita in centri piccoli, lontani dai
centri di competenza o da presidi della rete, dove la peculiarità della
patologia rara difficilmente viene sia riconosciuta che compresa, e dove ancora
più frequentemente la famiglia incontra
una difficile accessibilità alla cura data dalla persistente disorganizzazione di infrastrutture e di reti
dedicate, fatto che si traduce malessere
e solitudine per le persone affette da malattia rara.
“Si
tratta sostanzialmente sia di una messa in ordine delle azioni svolte fino a
oggi che di una azioni da avviare in prospettiva - spiega Renza Galluppi, Presidente di UNIAMO Onlus – per adeguarci alle
raccomandazioni europee in materia.” Fino a oggi infatti l'Italia pur avendo
una legge dedicata risalente al 2001, era sprovvista di un Piano Nazionale e ci
sono voluti parecchi anni per arrivare alla sua adozione. L’iter per un PNMR
era infatti iniziato nel 2010 e l'Italia è già in ritardo di un anno rispetto
alla tabella di marcia fissata dall'Europa per il 2013.
L’adozione
di un Piano Nazionale tuttavia non è solo una questione di principio, ma anche
una necessità pratica. “Il Piano presenta elementi importanti – prosegue la Galluppi – per prima cosa, grazie alla raccolta di ‘Buone pratiche’ a oggi
realizzate, potranno essere messe a
sistema azioni e risorse. Prima,
mancando delle linee direttive, precise e ben specifiche in tema di malattie
rare e riconosciute a livello istituzionale, risultava difficile gestire
risorse interne alle strutture sanitarie per rispondere a bisogni assistenziali
complessi, ma queste erano erogate a discrezione del singolo o della struttura
coinvolta. Adesso, oltre a ‘mettere a sistema’ attività di assistenza
organizzando le risorse già presenti, sarà possibile e anche valutare il
risparmio che una buona organizzazione comporta, monitorando eventuali
sprechi.” Questo a beneficio dell'intera struttura coinvolta.
L'assistenza
in tema di malattie rare è infatti assai articolata da gestire, oltre che da capire.
“Il malato, specie quello affetto da patologie rare, si trova spesso in
situazioni dove i medici hanno poco tempo a disposizione per parlare della
malattia. Ancor più spesso è difficile per il paziente entrare in contatto con
una rete di persone colpite dalla stessa patologia per confrontarsi e
informarsi, fattori importanti per non sentirsi soli e non far sentire sole le
famiglie. Uno dei nostri obiettivi, con questo Piano Nazionale, è quantificare
anche il valore dell'assistenza al malato raro, l'apporto dei care givers,
misurandolo dal punto di vista economico. Ricordiamoci ad esempio – in tema di
azioni che hanno doppia valenza: sostenibilità economica e assistenziale - che
oggi è possibile far sì che sia la
scienza ad andare dal paziente, non viceversa” ci spiega la Galluppi.
Un altro successo è stato l'aver ottenuto la collaborazione dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare per quanto riguarda la distribuzione dei farmaci. “Qui abbiamo fatto davvero un importante lavoro di lobby per fare in modo che quei pazienti che necessitano di farmaci particolari che le aziende non hanno più intenzione di commerciare, ne abbiano accesso gratuitamente e senza difficoltà attraverso lo SCFM, il che prevede l'organizzazione di un sistema che mette in gioco e coordina varie forze. In ogni caso il fatto che il piano sia stato siglato è solo l'inizio di un percorso di azioni concrete da mettere a sistema, tra cui un organismo di monitoraggio e di verifica delle azioni previste, che solo con l’attivazione del Comitato nazionale multi-professionale sarà possibile. Questo, speriamo, anche grazie anche all'applicazione della metodologia di empowerment organizzativo” prosegue la Presidente di UNIAMO FIMR Onlus. “Un aspetto su cui abbiamo molto insistito – conclude la Galluppi – è la questione del glossario, che nel piano per come è stato approvato ancora non c'è. L'importanza cioè di fissare un vocabolario condiviso dei termini che riguardano il mondo delle malattie rare, definizioni condivise come quelle di un Centro di competenza e di presidio della rete, la Presa in carico e il PDTA Piano Diagnostico Terapeutico Assistenziale, sarebbero il primo passo verso una sburocratizzazione del sistema.”