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Ottant'anni di falsificazione

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Nella prefazione all'edizione Einaudi della Logica della scoperta scientifica, il filosofo della scienza Giulio Giorello definisce Karl Popper un “buon soldato” riprendendo la storia, già citata dallo stesso Popper, di quel soldato che scoprì che tutto il suo battaglione tranne lui non marciava al passo. Un soldato – dice Giorello – che non marcia con gli altri.

Quest'anno ricorrono gli 80 anni esatti dalla pubblicazione a Vienna della più celebre tra le opere popperiane, e i 40 anni della sua Autobiografia intellettuale, che hanno rappresentato, specie la prima delle due, un giro di volta nella filosofia della scienza. Un volume corposo la Logik der Forschung che include le principali tesi popperiane, poi riviste in opere successive come il celebre Poscritto, primo fra tutte quello che passerà alla storia come falsificazionismo.
La Logica della scoperta scientifica non ci interessa oggi dopo 80 anni dalla sua pubblicazione come opera innovativa: la filosofia della scienza successiva di Imre Lakatos e Paul Feyerabend solo per citarne alcuni esempi, ha messo in evidenza i limiti e le debolezze di questo sistema. Rimane al contrario un esempio folgorante per chi riflette non solo sui risultati della scienza ma sul suo procedere, di rivoluzione del modo di concepire il problema della conoscenza, dell'episteme, cioè per l'epistemologia.
L'epistemologia per Popper è infatti teoria del metodo; detto in altri termini, porsi la domanda “come l'uomo conosce” significa interrogarsi sul metodo attraverso cui quella che definiamo conoscenza procede.
“È un errore enorme teorizzare a vuoto. Senza accorgersene, si comincia a deformare i fatti per adattarli alle teorie, anziché il viceversa.” A pronunciare questa frase non fu un filosofo della scienza, ma uno dei più celebri investigatori mai tratteggiati da una mente umana: Sherlock Holmes, anche se questo pensiero potrebbe essere attribuito senza sforzo al filosofo viennese.
Il compito della logica della conoscenza – spiega Popper – è quello di fornire un'analisi logica di questa procedura, ovvero analizzare il metodo delle scienza empiriche. Insomma, la teoria della conoscenza è teoria dell'esperienza.
Il che non è affatto banale se pensiamo a qual era il pensiero filosofico dominante nei primi anni Trenta del secolo scorso, ovvero il Neopositivismo del Circolo di Vienna, secondo cui la logica dell'induzione rappresentava lo strumento conoscitivo per eccellenza.

Oggi è nota anche al grande pubblico la storiella del pollo che avendo vissuto giorno dopo giorno nell'abbondanza di viveri che il suo padrone non mancava di portargli ogni giorno, si era persuaso, convinzione che si rivelò tragicamente fallace – che così sarebbe stato per il resto dei suoi giorni, mentre finì per arricchire suo malgrado il banchetto dei suoi padroni la vigilia di Natale. Ebbene, il pollo non fece altro che applicare il principio di induzione, secondo cui il fatto che un evento si sia già verificato un certo numero di volte giustifica la convinzione che suddetto evento continui ad accadere in futuro. In termini di logica matematica, il principio di induzione dice che se una proprietà P vale per un certo numero naturale k, una volta verificatosi che P vale per un numero n minore o uguale a k, qualsiasi esso sia, e per il suo successivo, allora sarà lecito inferire che la proprietà P vale anche per tutti i numeri naturali maggiori o uguali di k.
Parafrasando e semplificando, se come k prendiamo il numero 8, e se la proprietà P “essere nero” vale prima per 6 e poi per 7 corvi, allora è lecito derivare che varrà anche per 9, 10 o più corvi, fino a inferire che la proprietà “essere nero” vale per tutti i corvi. Ebbene, secondo Popper il metodo induttivo non è il metodo della scienza, perché anche qualora i casi in cui un evento si verifichi siano moltissimi, ciò non giustificherebbe automaticamente il verificarsi dell'evento, o il possedere o meno una certa proprietà, anche in futuro.
Ciò che Popper propone al posto del metodo di procedere induttivo è il metodo della demarcazione, basato sul falsificazionismo. “Il compito cruciale di qualunque epistemologia che non accetti la logica induttiva dev'essere il trovare un criterio di demarcazione accettabile” scrive nei primi paragrafi dell'opera, e l'unica strada, l'unico metodo percorribile per classificare qual è un'asserzione scientifica e quale no è proprio il falsificazionismo, cioè la possibilità che questa asserzione venga in qualche modo falsificata.
Sono accettabili dunque come scientifiche solo le asserzioni che possono essere empiricamente falsificabili e solo questo basterebbe per cogliere il profondo scarto con la filosofia del Wiener Kreis, Hans Reichenbach in testa, che riteneva al contrario che fossero da ritenersi scientifiche solo le asserzioni verificabili, lasciando però aperto il problema di come dovevano essere considerate tutte le asserzioni non verificabili empiricamente. Inoltre, e questo è un secondo aspetto di passaggio rispetto al pensiero neopositivista, il falsificazionismo è sì un criterio di demarcazione, ma metodologico, non di significato. Detta in altri termini, non discrimina ciò che ha significato da ciò che non lo ha, ma all'interno per esempio di due proposizioni entrambe significanti demarca quella che è una proposizione scientifica da quella che non lo è.
Per Popper tuttavia non tutte le asserzioni sono falsificabili.
In particolare non lo sono quelle che in logica si chiamano asserzioni strettamente esistenziali, come per esempio “Esiste almeno un corvo che non è nero”. Per Popper falsificare questo tipo di asserzione non è possibile e dunque frasi come queste non sono considerabili come empiriche, ma metafisiche, che sfuggono dunque alla presa della conoscenza.

Un ultimo aspetto che rende la Logica della scoperta scientifica una sorta di punto di non ritorno per la filosofia della scienza contemporanea è la proposta di considerare l'oggettività come intersoggettività, ovvero una “verità scientifica” è oggettiva se è passabile di controllo intersoggettivo. Ed è questo che non convinceva Popper della correttezza dell'interpretazione di Heisenberg della Teoria dei Quanti, che secondo il filosofo viennese “oscillava tra approccio soggettivistico e oggettivistico” e perciò “non ha purificato la teoria quantistica dai suoi elementi metafisici”.
Critica all'induzione, problema della demarcazione, falsificazionismo, elogio dell'ipotesi, oggettività come intersoggettività: a 80 anni dalla sua pubblicazione la Logica della scoperta scientifica rappresenta dunque ancora oggi uno degli snodi più significativi per la storia della scienza del Novecento.


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