fbpx Comunicazione ambientale: EMAS, tra teoria e pratiche | Scienza in rete

Comunicazione ambientale: EMAS, tra teoria e pratiche

Primary tabs

Read time: 9 mins

Negli ultimi quindici anni le imprese europee e gli enti pubblici sono stati sempre più sollecitati a investire in attività di comunicazione, con l’obiettivo di prevenire i conflitti e garantire ai cittadini l’accesso alle informazioni ambientali. Le normative europee concedono agevolazioni e premialità alle organizzazioni che, su base volontaria, dimostrano l’impegno al miglioramento delle loro performance ambientali. Il sesto programma comunitario in materia di ambiente (CE 1600/2002) considerava “il miglioramento della collaborazione e del partenariato con le imprese un approccio strategico per conseguire gli obiettivi ambientali” e l’impegno volontario un’“elemento essenziale”. EMAS (Eco-Management and Audit Scheme) è lo strumento di gestione che la Commissione Europea ha sviluppato per permettere alle organizzazioni di “valutare e migliorare le loro prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni pertinenti” (art. 1 CE 761/2001).

In Italia la promozione e la diffusione del regolamento EMAS sono affidati a ISPRA, che coordina anche l’attività di monitoraggio, controllo e rilascio delle autorizzazioni integrate ambientali (AIA) alle imprese. Responsabile del settore EMAS di ISPRA, Vincenzo Parrini sintetizza così l’evoluzione della strategia ambientale europea: “Via via che la normativa europea in materia ambientale diventava sempre più restrittiva nei confronti delle aziende, si è ritenuto che lo sforzo delle organizzazioni impegnate nel miglioramento continuo delle loro prestazioni ambientali dovesse essere riconosciuto e premiato. La comunicazione delle organizzazioni (imprese e pubbliche amministrazioni) garantisce maggiore trasparenza, estendendo l’azione di controllo a tutti i soggetti interessati”. Secondo Parrini “la trasparenza è lo strumento per abbattere le barriere e attraverso la comunicazione contribuisce a prevenire i conflitti ambientali”.

Sono 1515 le organizzazioni italiane che hanno aderito allo schema EMAS (Annuario Dati Ambientali 2012) che collocano l’Italia tra i primi Stati membri dell’UE insieme a Spagna e Germania.

 

 

Basato sul Sistema di Gestione Ambientale ISO14001, lo schema EMAS contribuisce a promuovere l’immagine delle organizzazioni che vi aderiscono e che con esso conseguono anche un vantaggio competitivo. La Dichiarazione Ambientale (DA) è il documento che fornisce un’informazione generale per il pubblico rispetto all’organizzazione, alla sua politica ambientale e al sistema di gestione di cui si è dotata; descrive gli aspetti e gli impatti ambientali e il programma degli obiettivi e dei traguardi ambientali finalizzati al perseguimento del miglioramento continuo; testimonia delle prestazioni ambientali e del rispetto degli obblighi normativi.

Con chi e con quali strumenti comunicano le organizzazioni che aderiscono allo schema EMAS?

V.P. Con riferimento agli aspetti ambientali significativi connessi alla propria attività, e che possono destare preoccupazione per la comunità, le organizzazioni comunicano ai cittadini e a tutti i soggetti interessati, dimostrando che i loro processi produttivi sono gestiti in maniera economicamente e socialmente sostenibile. I due aspetti devono essere in equilibrio. La comunicazione dev’essere efficace e dimostrare di tenere in considerazione il punto di vista della collettività, senza limitarsi alla pubblicazione della dichiarazione ambientale che in fondo rimane strumento per addetti ai lavori. Il coinvolgimento del personale dipendente è invece considerato il veicolo principale per innescare comunicazione diffusa, attraverso la soddisfazione dei propri dipendenti che sono anche normalmente cittadini che risiedono nel territorio e si identificano con un’immagine positiva della loro organizzazione. L’altro aspetto importante - e paradossalmente positivo - del processo di comunicazione è costituito dai reclami. La presenza di un reclamo nei confronti di un’organizzazione ci dice che c’è stata una comunicazione verso l’esterno che ha quindi contribuito a estendere le conoscenze e il coinvolgimento delle comunità rispetto ai temi ambientali.

Quali sono i vantaggi nei rapporti con la comunità? EMAS contribuisce davvero a ridurre il conflitto?

L’obiettivo della registrazione è la comunicazione ma molto spesso le organizzazioni - pubbliche e private - comunicano in maniera insufficiente e, sebbene sia aumentata la curiosità e la sensibilità dei cittadini, la comunità a volte non risponde. ISPRA, in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre, ha predisposto un progetto per verificare quanto la comunicazione successiva alla registrazione EMAS da parte di un’organizzazione abbia coinvolto la comunità e con quali esiti. C’è fame di notizie e di informazione da parte della popolazione ma purtroppo non si può tirare una riga dopo un periodo di trent’anni in cui in Italia si è fatto di tutto. Ora occorre fare in modo che sia invertito il trend. Il territorio italiano è pieno di insediamenti industriali nel bel mezzo delle città. Città che espandendosi sono finite a ridosso delle industrie, ma anche il contrario.

Qual è il soggetto che rilascia la registrazione EMAS e com’è organizzata la struttura?

Il Comitato Emas, istituito con D.M. 413 del 1995, è composto da rappresentanti dei Ministeri dell’Ambiente, del Tesoro, della Salute e delle Attività produttive. E’ l’organo preposto al rilascio delle registrazioni EMAS. Rilascio che avviene dopo aver ricevuto dall’organizzazione la DA validata da un Verificatore Ambientale accreditato e la conferma della non presenza di elementi ostativi da parte dell’Autorità competente per il territorio(ARPA/APPA). I nominativi delle organizzazioni vengono quindi comunicati alla CE per essere inseriti nel registro europeo delle aziende registrate. Il Comitato opera presso la sede di ISPRA - che fornisce supporto tecnico - e dura in carica tre anni anche se spesso passano mesi (dieci mesi di vacanza nel 2010 NdR) prima che un comitato decaduto – come quello attuale - sia rinnovato. Questa discontinuità pregiudica sia la valutazione e gestione dei reclami sia il rilascio e rinnovo delle registrazioni, creando problemi alle organizzazioni nella partecipazione ai bandi che prevedono vantaggi per chi si è dotato di un sistema di gestione ambientale certificato. Non c’è una grande attenzione da parte della politica e dei ministeri. Il personale che si occupa delle istruttorie per il rilascio e rinnovo delle registrazioni comprende anche personale con contratti a termine, che probabilmente non saranno rinnovati. Da tempo non abbiamo fondi per fare attività di formazione, divulgazione e ricerca e negli ultimi sei anni l’attività di formazione e informazione è avvenuta solo con la partecipazione a iniziative e la cosa ci sta penalizzando. Gli stessi fondi assegnati al Comitato si sono ridotti a un decimo del loro valore iniziale.

A chi risponde e qual è il ruolo del verificatore ambientale e come funzionano i controlli?

Sulla base della direttiva CE 765/2008, che mira a unificare sotto un unico ente tutti i processi di rilascio di certificazioni e accreditamento, dal 2014 i verificatori ambientali risponderanno ad Accredia. L’Ente si fa garante nei confronti dei cittadini per l’integrità e l’indipendenza dei verificatori, che validano la Dichiarazione Ambientale e assicurano il rispetto degli requisiti del regolamento. In precedenza i verificatori erano sotto la supervisione e il controllo del Comitato che ne rilasciava l’accreditamento. Tutti i verificatori EMAS si riunivano una volta l’anno e riportavano al Comitato le problematiche incontrate sul campo che, contestualmente, segnalava loro le criticità riscontrate attraverso le istruttorie eseguite da ISPRA. Da questi incontri sono scaturite diverse posizioni del Comitato che hanno migliorato la gestione del sistema. Auspichiamo di poter mantenere attiva anche in futuro questa buona prassi.

La promozione dello schema Emas rientra tra i compiti del Comitato che, secondo il regolamento, dovrebbe pubblicare tutte le dichiarazioni ambientali delle organizzazioni registrate. Ci sono difficoltà?

In passato il Comitato ha fatto comunicazione, poi sono finite le risorse. E’ un paradosso certo. Purtroppo non solo l’Italia ma anche l’UE sta segnando il passo, non stimola e demanda l’azione di disseminazione ai singoli paesi sui rispettivi territori. Oltre che nei registri nazionali i dati di tutte le organizzazioni EMAS confluiscono in un registro europeo che in un primo tempo comprendeva anche le dichiarazioni ambientali. Dopo un periodo di sospensione delle pubblicazioni, causa problemi tecnici, si dovrebbe riprendere a breve.

Quali sono le relazioni tra l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) e l’EMAS di una stessa organizzazione?

Le organizzazioni registrate EMAS godono del prolungamento di tre anni nella durata dell’AIA perché dimostrano di essere già attive nel miglioramento continuo delle loro prestazioni e, attraverso la comunicazione, di aver ampliato anche alla collettività le informazioni rilevanti. E’ chiaro che se l’organizzazione non comunica a sufficienza, non prende in carico i reclami, fallisce per un periodo prolungato il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento che si era posta - magari addirittura invertendo il trend - allora vengono meno le ragioni del bonus sulla durata dell’autorizzazione. A meno di episodi sporadici - in cui la scarsità di risorse economiche può giustificare il mancato raggiungimento degli obbiettivi di miglioramento con il solo mantenimento dello status raggiunto – se la reiterazione è sistematica si verifica un’inversione che fa venir meno la registrazione, che può essere quindi sospesa dal Comitato. Nel caso in cui invece dovesse essere sospesa l’AIA, la sospensione dell’EMAS sarebbe automatica.

A volte le organizzazioni sospendono gli investimenti a causa dei ritardi dell’AIA ed è accaduto che il management di alcune organizzazioni sia stato rinviato a giudizio per crimini ambientali. Come si giustifica la mancata sospensione della registrazione in questi casi?

Se c’è un progetto in atto per il rilascio dell’AIA che prevede degli investimenti, è possibile che l’organizzazione attui il progetto solo quando ha ottenuto l’autorizzazione. Come abbiamo detto questa circostanza può comportare un mantenimento dello status ma non giustifica un’inversione di tendenza. Il rinvio a giudizio del management di una organizzazione potrebbe non essere presa a riferimento per la sospensione di una certificazione perché la parte di gestione dei processi ambientali potrebbe non esserne stata intaccata. La capacità dell’azienda è quella di intervenire sul sistema perché il fatto, anche criminoso, non si verifichi nuovamente.

E’ stato segnalato che i dati dichiarati dalle aziende nei procedimenti di rilascio delle Autorizzazioni Integrate Ambientali (AIA) e nelle Dichiarazioni Ambientali di EMAS in alcuni casi fossero discordanti, senza che questa circostanza sia stata rilevata da ISPRA che segue le istruttorie di entrambi i procedimenti.

La segreteria del Comitato interagisce con l’IPPC per le verifiche EMAS ma forse molto spesso non avviene il contrario nelle istruttorie per il rilascio dell’AIA.

C’è chi ritiene che EMAS e in generale il sistema delle certificazioni possa configurarsi come una forma di greenwashing. Che in qualche modo cioè siano garantiti benefici e semplificazioni alle organizzazioni per un miglioramento che in realtà non è percepito dalla comunità. E’ così?

Direi di no. Chi volontariamente attua gli schemi ambientali, ISO o EMAS che siano, è soggetto a sorveglianza da parte degli Organismi di Certificazione e/o Verificatori Ambientali i quali devono verificare che i programmi di miglioramento ambientali, definiti dalle organizzazioni, siano attuati. Negli anni questi schemi hanno preteso l’evidenza dei miglioramenti introducendo gli indicatori ambientali, per misurare le reali prestazioni sugli aspetti significativi.

Le semplificazioni autorizzative e la riduzione dei controlli premiano le organizzazioni che si impegnano a comunicare ma i cittadini, teoricamente partecipi delle informazioni ambientali contenute nella Dichiarazione Ambientale, non hanno gli strumenti per comprenderle. Gli enti, come l’Ispra, che dovrebbero promuovere la conoscenza e l’accesso allo schema EMAS non hanno risorse sufficienti per adempiere ai loro compiti. Nonostante giusti criteri e buone normative che perseguono la sostenibilità, i conflitti ambientali aumentano, alimentati anche dalla percezione che la politica privilegi le ragioni della sostenibilità economica (per le imprese) a svantaggio della sostenibilità socio-ambientale che sta a cuore ai cittadini. Apparentemente trascurati, i diritti di cittadinanza sembrano tuttavia aver trovato uno spazio di crescita proprio nei conflitti ambientali.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Perché ridiamo: capire la risata tra neuroscienze ed etologia

leone marino che si rotola

La risata ha origini antiche e un ruolo complesso, che il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi esplorano, tra studi ed esperimenti, nel loro saggio Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale. Per formulare una teoria che, facendo chiarezza sugli errori di partenza dei tentativi passati di spiegare il riso, lo vede al centro della socialità, nostra e di altre specie

Ridere è un comportamento che mettiamo in atto ogni giorno, siano risate “di pancia” o sorrisi più o meno lievi. È anche un comportamento che ne ha attirato, di interesse: da parte di psicologi, linguisti, filosofi, antropologi, tutti a interrogarsi sul ruolo e sulle origini della risata. Ma, avvertono il neuroscienziato Fausto Caruana e l’etologa Elisabetta Palagi fin dalle prime pagine del loro libro, Perché ridiamo. Alle origini del cervello sociale (il Mulino, 2024):