Se la strega Biancaneve uccide con una pillola
di Adriana Schepis
Condannato nel 1952 per omosessualità, allora considerata reato, Turing fu costretto a scegliere tra la galera e la castrazione chimica. Scelse la seconda.
Ma che cos’è la castrazione chimica? “La castrazione chimica nel maschio avviene somministrando un ormone femminile di sintesi, il medrossiprogesterone acetato, noto come Depoprovera”, spiega Tullio Giraldi, professore ordinario di Farmacologia alla Facoltà di Medicina dell’Università di Trieste.
Quali sono gli effetti della castrazione chimica?
Le forti dosi di progestinico sintetico hanno effetto su tutti i tessuti dell’organismo che possiedono recettori per gli ormoni sessuali. Gli effetti fisici corrispondono quindi a una marcata femminilizzazione, ad esempio sulla distribuzione del grasso corporeo, che porta alla ginecomastia, cioè la crescita del seno. Ma ci sono anche una serie di effetti mentali, psicologici e comportamentali, perché i recettori per gli ormoni sessuali sono presenti in vaste aree del cervello. Il forte stimolo progestinico travolge lo stimolo da testosterone fisiologico, e quindi anche il comportamento mentale viene, diciamo così, femminilizzato.
Che differenza c’è fra la castrazione chimica e la castrazione chirurgica?
La castrazione chirurgica è l’asportazione dei testicoli con un intervento chirurgico; dunque gli organi che producono l’ormone sessuale maschile vengono rimossi. La sola idea della castrazione chirurgica richiama una scena sanguinosa, assomiglia più a qualcosa che può succedere in un macello o in un ambulatorio veterinario piuttosto che in un ambiente sanitario. Sembra più accettabile ottenere lo stesso effetto con la somministrazione di un medicinale, con l’assunzione giornaliera di pillole; cioè con la castrazione chimica.
Quali conseguenze può avere a livello psicologico il trattamento con Depoprovera?
Dipende dalle circostanze. Pensiamo ad un caso molto diverso, cioè agli interventi per la correzione del sesso dei transessuali, dei maschi che vogliono diventare femmine. In quel caso il Depoprovera diventa importante, perché viene somministrato per lungo tempo prima dell’intervento chirurgico e contribuisce a creare quello scenario che è desiderato in una maniera radicata dal paziente, seguito dai medici e dagli psicologi. In questo caso il progestinico sintetico può essere addirittura benvenuto, è uno strumento che permette di raggiungere una condizione radicalmente desiderata, in cui la persona sta meglio.
E invece in un caso come quello di Turing?
È molto diverso il caso in cui la castrazione chimica sia il prodotto di una condanna penale e venga proposta in alternativa alla reclusione. È difficile immaginare che si possa esprimere un consenso informato in condizioni di gravissimo stress, ed è molto discutibile che questo tipo di consenso sia accettabile. Oltre a essere invalidato dalla difficoltà del momento in cui viene espresso, nulla garantisce che poi nel tempo la persona non cambi idea; e purtroppo il trattamento prolungato con Depoprovera causa effetti largamente irreversibili. Non si può cambiare idea, esattamente come dopo un atto chirurgico. In questo caso certamente la castrazione chimica va vista nel contesto di un gravissimo disagio personale.
Secondo lei si tratta di una pratica accettabile?
Penso che sia una pratica difficilmente condivisibile. È un orrore che in un paese vi sia una condivisione sociale di omofobia tale da perseguirla con la castrazione chimica. Il sistema giudiziario e il sistema sanitario di un paese non hanno il diritto di causare una mutilazione irreversibile in un cittadino che abbia, in questo caso, un orientamento sessuale diverso dall’eterosessualità.
Intervista a Tim Shallince
Tim Shallice, professore di neuropsicologia e neuroscienze cognitive alla SISSA di Trieste, ha avuto l’opportunità di conoscere, durante i suoi studi a Manchester, la moglie del professor Max Newman, che fu collega e mentore di Turing a Cambridge, a Bletchley Park e a Manchester. La signora Newman, racconta il professor Shallice, fu l’unica persona oltre ai parenti stretti a partecipare al funerale di Alan Turing nel 1954. Questa l'intervista raccolta da Valentina Daelli.
Perché un così importante scienziato e accademico era stato abbandonato da tutti?
L’omosessualità di Turing era certamente conosciuta e tollerata negli ambienti accademici in cui il matematico aveva vissuto. Sebbene per la legge britannica del tempo l’omosessualità fosse reato, nelle scuole private in cui Turing studiò, esclusivamente maschili, il suo orientamento sessuale era sicuramente accettato. L’Università di Cambridge, dove il matematico venne ammesso nel 1931, era un’istituzione molto indipendente, che forniva una certa protezione agli studenti e agli accademici. Persino alla polizia non era concesso di entrare nell’istituto senza autorizzazione. In un ambiente a netta prevalenza maschile, tra i professori e i ricercatori che vivevano all’interno del college l’omosessualità era diffusa e accettata. Anche durante il suo lavoro a Bletchley Park nel corso della Seconda Guerra Mondiale, l’orientamento sessuale di Turing era conosciuto ma tollerato, considerata l’importanza del compito che il gruppo di scienziati stava svolgendo, la decrittazione dei codici utilizzati dai tedeschi. Quando arrivò a Manchester, nel 1949, Turing si trovò però in una situazione differente e non fu in grado di rendersi conto che la protezione garantita dagli ambienti che aveva finora frequentato era in qualche modo venuta meno. Fu probabilmente l’incapacità di comprendere la diversità dell’ambiente di Manchester a causare la leggerezza con cui Alan Turing riferì alla polizia il suo coinvolgimento in una relazione omosessuale, da cui seguì l’accusa di atti osceni, il processo, la castrazione chimica. Quando, nel 1954, Turing morì, probabilmente suicida, il suo funerale fu disertato dai suoi colleghi accademici. A parte i parenti stretti, soltanto la moglie di Max Newman si presentò alla cerimonia. Malgrado la sua omosessualità fosse da sempre conosciuta e accettata come normale nella comunità accademica, dal momento in cui fu riconosciuto colpevole dallo stato l’appoggio del mondo in cui aveva vissuto venne meno, e mancò qualsiasi espressione pubblica di solidarietà verso la sua situazione.
Intervista a Massimo Vincenzi
Turing, proprio per i drammatici risvolti della sua vita e le complesse sfaccettature della sua personalità, si è rivelato un soggetto ideale per la trasposizione teatrale, e diversi spettacoli lo hanno visto protagonista. Massimo Vincenzi, vice caporedattore di Repubblica e autore dello spettacolo Alan Turing e la mela avvelenata, intervistato da Fabio Perelli, ci racconta la genesi della sua opera e il modo in cui le vicende di Turing sono raccontate.
Intervista a Valeria Patera
Valeria Patera - regista teatrale e membro della sottocommissione Arte e Cultura del Turing Centenary Advisory Committee - ha dedicato a Turing uno spettacolo dal titolo La mela di Alan.
Matteo De Giuli l'ha intervistata.
Valeria Patera, un intero filone del suo lavoro è dedicato alle biografie di scienziati famosi. Max Perutz, Charles Darwin, Rita Levi Montalcini. Il primo della serie è stato però proprio Turing. Nell’interesse verso il personaggio hanno contato di più gli aspetti romanzeschi della sua vita (come la decrittazione di Enigma e la drammaticità della morte), o il pionierismo dei suoi lavori scientifici?
Rispondo dicendo che il motivo principale per cui ho iniziato a fare quello che vien chiamato Teatro-scienza è stata la convinzione che sia il pensiero l’azione per eccellenza e che quest’azione possa essere il motore di un teatro che si interroga attraverso la visionarietà dell’avventura di idee che questi personaggi hanno vissuto. Dunque certo gli aspetti romanzeschi della vita di Turing hanno stimolato la mia scrittura ma in realtà a differenza di altri lavori, nel mio cerco di raccontare la genesi di un pensiero innovatore che ha portato alla realizzazione dell’intelligenza artificiale. Vita e ricerca sono strettamente collegate e nel caso di Turing ci sono particolarità molto significative e toccanti e sono trattate con la dovuta attenzione nel saggio in postfazione al mio libro dal titolo “LA MELA DI ALAN” Di Renzo Editore dove potete leggere i testo e il commento di studiosi come Giulio Giorello e John Casti.
Nel suo spettacolo teatrale due giovani hacker si mettono in contatto virtuale con Turing. D’altra parte sia la vita che le opere di Turing sembrano essere all’insegna della non omologazione, contro il conformismo. È questa l’eredità maggiore di Turing?
Conformismo e omologazione son sempre brutte malattie e un genio come Turing ci ha passato forti anticorpi. Alan è stato un outsider per eccellenza, e si potrebbe anche identificarlo come il primo hacker della storia. E’ stato il suo genio assoluto a sfondare i confini del proibito e del non pensabile come l’idea di riprodurre meccanicamente alcune funzioni del cervello umano, ed è un’icona del coraggio della verità che ha saputo opporre alle assurde leggi britanniche che punivano l’omosessualità. Raccontare la sua stoia attraverso due hackers dei giorni nostri, a di là di questo parallelismo, era un modo per andare oltre alla classica pièce biografica e tentare invece di connettere il presente tecnologico con la storia della sua origine ovvero raccontare la genesi della tecnologia digitale attraverso strumenti appunto digitali.
Turing visse una vita da outsider, ed è anche oggi meno noto rispetto a molti altri scienziati del Novecento. Perché il nome di Turing è così misconosciuto?
In realtà le cause credo siano di diversa natura e la principale è riscontrabile nella segretezza totale alla quale erano tenuti coloro i quali come Turing lavoravano a Bletchey Park per i servizi segreti inglesi e l’avventura della decrittazione del codice Enigma avvenuta anche grazie all’attività di Colossus, il primo calcolatore a valvole, fu un avvenimento con aspetti delicati rispetto alle strategie belliche e diplomatiche. Poi si può anche dire che a volte il successo di massa è legato a piccoli fattori che imprevedibilmente a volte portano alla fama, altre volte no.
Per approfondimenti: www.valeriapatera.it
Intervista a Roberto Giacobazzi
Il professor Roberto Giacobazzi del dipartimento di Informatica dell'Università di Verona, intervistato da Cristina Tognaccini, è un esperto della vita di Turing. Nell'intervista racconta il comportamento della Gran Bretagna nei confronti di Turing prima e dopo il suo suicidio. Conclude parlando della posizione attuale nei confronti dello scienziato e di come l'Inghilterra si sia preparata quest'anno a festeggiare il centenario della sua nascita come merita.
Eventi...e Olimpiadi!
di Valentina Daelli e Cristina Tognaccini
Non solo mente e scienza. Alan Turing fu anche un eccellente atleta che nel 1948, ultima volta in cui la Gran Bretagna ospitò le Olimpiadi, gareggiò con la squadra olimpica di maratona, arrivando quinto con 2 ore e 46 minuti, solo 11 minuti più tardi di Thomas Richards altro britannico che vinse la medaglia d’argento. E si dice che abbia perso perché infortunato. Per ricordare anche questo aspetto della sua vita e celebrare il centenario della sua nascita che ricorre proprio nell’anno delle olimpiadi di Londra, James Law, ricercatore nella facoltà di computer science alla Aberystwyth University, in Galles, ha candidato come possibile tedoforo il robottino iCub. La torcia olimpica viaggerà per 70 giorni e saranno 8000 le persone designate per portarla, ognuna delle quali capace, con la propria storia, d’ispirare milioni di persone che guardano in tutto il mondo. E quale miglior fonte d’ispirazione per le generazioni future se non proprio Alan Turing? Ogni tappa del viaggio è di soli 0,2 miglia (circa 322 metri), distanza perfettamente percorribile dal robot, sia di corsa che camminando, ma la sua candidatura è ancora in dubbio. Per portare la torcia sono infatti necessari più di 12 anni e la residenza in Gran Bretagna, requisiti entrambi mancanti al piccolo robot, nato appena 3 anni fa e alto esattamente come un bambino della sua età. Se non dovesse andare in porto l’idea del tedoforo-robot, niente paura, ci sono molti altri eventi in tutto il globo per festeggiare il matematico inglese. Mostre, conferenze, spettacoli teatrali, diversi eventi in tutto il mondo si sono susseguiti negli scorsi mesi, da Reykjavik a Calgari, da Gerusalemme a Manila. In particolare a Manchester, dove Turing visse dal 1948, si svolgerà dal 22 al 25 giugno il principale tra gli eventi a lui dedicati. Turing 100 – The Alan Turing Centenary Conference, nell’Università di Manchester. Anche Cambridge e Bletchley Park, altri luoghi fondamentali nella vita professionali del matematico, celebreranno il centenario della sua nascita, il 23 giugno. A Bletchley Park, chiunque potrà visitare in quella giornata il luogo in cui Turing decifrò, durante la Seconda Guerra Mondiale, i codici utilizzati dai nazisti. L’opera teatrale Breaking the code, di Hugh Whitemore, sarà in scena in diversi teatri europei da settembre a novembre, con la compagnia University Players. In Italia, Cesena e Urbino ricorderanno l’importanza di Turing per lo sviluppo dell’intelligenza artificiale e le scienze cognitive, con la Scuola estiva di Filosofia della Fisica dal 19 al 24 settembre, e la conferenza dell’Accademia Internazionale di Filosofia della Scienza, dal 25 al 27 settembre. Anche l’Università di Bari, il 5 ottobre, celebrerà l’anno di Turing con la conferenza Machines, Algorithms and Computer Science in the Centenary Celebrations of Alan Turing.