Tutti
coloro che hanno dimestichezza con la letteratura scientifica, non solo come
autori ma anche come semplici lettori, sanno che la stesura degli articoli
segue regole precise.
Ogni rivista le riporta dettagliatamente nelle apposite
“note” per gli autori e ad esse rimanda tutti coloro che aspirano a veder
pubblicati i loro manoscritti. Talvolta queste istruzioni occupano più di una
pagina in quanto si estendono alla precisazione minuziosa dei simboli, delle
unità di misura, delle abbreviazioni e di tutto ciò che rende il testo fruibile
dagli scienziati di tutto il mondo. La gran parte di queste indicazioni sono
comuni a tutte le riviste, fatta eccezione per quella che riguarda i
riferimenti bibliografici.
Pare che un folletto pazzerello si sia divertito a introdurre
le forme più varie di presentazione. Ad esempio, per quanto riguarda gli
autori, qualcuno vuole il cognome prima dell’iniziale del nome, qualcun altro
l’opposto, oppure il nome per esteso.
Gli scienziati che pubblicano anche sui periodici dell’area umanistica hanno
un’altra sorpresa: l’elenco deve seguire l’ordine alfabetico dei cognomi. A parte queste curiose variazioni, per il
resto gli articoli scientifici si assomigliano tutti. All’introduzione e alla
parte sperimentale segue quella dedicata a “risultati e discussione”, poi
finiscono con le conclusioni e la bibliografia.
Un riassunto accompagna sempre
il testo. Sembrerebbe tutto chiaro e facile ma c’è voluto molto tempo per
giungere a questa forma di comunicazione scientifica. Chi fosse interessato ad
approfondire l’argomento può ricorrere, se vuole, al testo di Charles Bazerman “Le origini della
scrittura scientifica” (Transeuropa, 1991).
Con
caratteristiche che rispondono a regole così precise, un articolo è tutt’altro
che la narrazione di un’avventura del pensiero.
La lettura non è in genere particolarmente eccitante, anzi si può dire che spesso
risulta alquanto noiosa. I risultati di un lavoro durato mesi appaiono come il
frutto di operazioni compiute da automi incapaci di emozioni. Anche la ricerca
più interessante, riferita con frasi stereotipate, perde di smalto. Invece noi
sappiamo che la ricerca scientifica, per chi la pratica con passione e non solo
con intenti carrieristici, è ben altro: forse è il mestiere più bello del
mondo.
Vediamo allora di capire come si devono intendere quelle frasi standard (in
corsivo il vero significato).
È
noto da lungo tempo…
(Non ho avuto voglia di controllare la fonte)
Non
è stato possibile fornire una risposta definitiva a queste domande…
(L’esperimento non ha funzionato ma ho
pensato di poterne almeno ricavare una pubblicazione)
Il
sistema W-PO è stato scelto perché particolarmente adatto
(Nel laboratorio vicino al mio era già pronto per farvi ricorso)
Tre
campioni sono stati scelti per uno studio più approfondito…
(I risultati sugli altri campioni non avevano
alcun senso e sono stati accantonati)
Accidentalmente
deformato durante la preparazione
(Caduto per terra)
Vengono mostrati i risultati tipici
(Vengono mostrati i risultati migliori, cioè quelli che confermano l’ipotesi)
L’accordo con la curva prevista è soddisfacente (dubbio), accettabile (immaginario)
È
convinzione generale
(Anche un paio di altre persone lo pensano)
Lavoro
di grande interesse
(Lavoro fatto da un membro del nostro Gruppo)
Di
dubbio significato
(Lavoro fatto da qualcun altro)
Il
vocabolario completo è scaricabile gratuitamente dal sito dell’Istituto
Federale per la Storia della Scienza, ente americano meglio noto come FISH (Federal
Institute for the History of Science), con sede a Washington D.C.
Nei suoi
archivi è gelosamente custodito il codice interpretativo degli articoli
scientifici risalente al 1665, anno di fondazione delle prime riviste
scientifiche europee (Journal des sçavans
e Philosophical Transactions of the
Royal Society).
Buon 1° Aprile a tutti!
Per saperne di più:
G.N. Gilbert e M. Mulkay, “Opening
Pandora’s Box”, Cambridge University Press, 1984, pp. 176-177
L. Guzzetti, “La frode
scientifica”, Liguori, Napoli, 2002, pp. 220-221