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Stamina: quale etica sottende il decreto Balduzzi?

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Con il mio team coltivo cellule staminali per uso clinico da più di vent’anni. Abbiamo curato centinaia di pazienti con gravi ustioni sia della pelle sia della cornea e dimostrato che è possibile trattare una rara malattia genetica della pelle con la terapia genica.
Questo fino al 2007, quando il regolamento europeo 1394 sulle terapie avanzate ci ha imposto di adeguare le nostre colture ai requisiti di qualità previsti dalla normativa che regola la produzione dei farmaci.
Cosa buona e giusta, perché lo spirito di quel regolamento è di dover dimostrare formalmente che le terapie cellulari proposte sono sicure ed efficaci.
Pur imprecando per la forzata inattività, dopo anni di applicazioni cliniche efficaci e senza eventi avversi, ho quindi chiesto ai nostri pazienti e ai clinici che con noi hanno collaborato per decenni di aspettare il tempo necessario per adeguare le pratiche utilizzate, e riprendere le terapie secondo le nuove normative. Pensavo che questo fosse etico, perché etici sono i principi che ispirano la 1394, ed etico credevo fosse agire nel pieno rispetto della legge.

Recentemente ho ascoltato l’audizione dell’ex Ministro della Salute Renato Balduzzi alla Commissione Igiene e Sanità del Senato, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sul caso Stamina, e mi sono reso conto con sgomento che ad avere avuto un comportamento non-etico potrebbe essere stato il sottoscritto.
Secondo Balduzzi etico è “non impedire il completamento di un trattamento a pazienti che già lo avevano iniziato” e garantire a tutti i malati il diritto di ricevere gli stessi trattamenti di chi li ha già ottenuti, per non fare ingiustizie e non creare una profonda spaccatura “tra approccio razionale, scientifico, legislativo e approccio della pubblica opinione”.  Come se i due approcci avessero pari autorevolezza e cognizione di causa.
Poco importa, all’ex Ministro, se il trattamento in questione è proposto da individui privi di qualsiasi competenza scientifica, improvvisatisi imprenditori nel mercato della speranza di guarigioni improbabili, con indagini giudiziarie in corso, con un contratto di collaborazione basato sulla segretezza in nome di un falso brevetto mai ottenuto, in laboratori non idonei, con metodi di produzione che non tengono in alcun conto le normative vigenti, secondo un razionale che non ha consistenza scientifica e, quello che è più grave, a fronte di una relazione tecnica, seguita alle visite ispettive delle maggiori autorità sanitarie del Paese, che parlava di preparati pericolosi.
Non mi riferisco alla relazione del primo Comitato nominato dall’attuale Ministro Lorenzin per valutare la sperimentazione imposta dalla conversione in legge del cosiddetto “decreto Balduzzi”.
Sto parlando della relazione finale del Board tecnico voluto dallo stesso Balduzzi nel 2012 per fare luce sulla vicenda Stamina, alcuni mesi prima che il decreto Balduzzi vedesse la luce. Giudizio tranchant che l’ex Ministro non poteva non conoscere, visto che viene riportato proprio sul sito del Ministero della Salute in data 19 novembre 2012: “Il Board, applicando i principi base dell’etica medica, ritiene che il progetto terapeutico e le condizioni di applicazione della terapia siano assolutamente insufficienti e senza valida documentazione scientifica e medica a supporto riconosciuta. Sottolinea che i rischi biologici connessi alla terapia sono gravi e inaccettabili e che la conduzione della metodologia non solo non ha rispettato le norme di manipolazione e sicurezza, ma anche i più elementari standard di indagine di laboratorio.
Questa valutazione conferma totalmente gli elementi di preoccupazione circa la sicurezza e l’efficacia già espressi dalle istituzioni (Ministero della Salute, Aifa, Cnt e Iss) che stanno seguendo il caso. Il Board sottolinea il rischio che i pazienti siano oggetto di false illusioni o addirittura di truffe vere e proprie che fanno leva sulla disperazione e su promesse non validate scientificamente”.
Che cosa significa, dunque, alla luce di queste informazioni dire che “questo è il senso dell’intervento: mettiamo una normativa a regime che impedisca nuovi Stamina per il futuro e nello stesso tempo però non sbattiamo la porta in faccia a chi ha già cominciato“?
Perché l’onorevole Balduzzi, in un’ora e più di audizione, non ha fatto il minimo accenno alla pericolosità del trattamento che ha di fatto autorizzato nel suo decreto? Perché non ha risposto alle domande a lui rivolte dalla senatrice Cattaneo su questo punto? Perché il principio etico su cui poggia il suo disegno di legge è in contrasto con “i principi base dell’etica medica” su cui si è invece basato il Board degli esperti da lui stesso nominato? Senza contare le “numerose altre deviazioni e anomalie” e le “le evidenze sulle molteplici irregolarità riscontrate” durante le due ispezioni eseguite, trasmesse anche “anche all’autorità giudiziaria competente”, che l’ex Ministro stesso si augurava “facesse con un certo ritmo la sua parte”.
Se una legge dello Stato legalizza trattamenti come quello proposto da Stamina, come ci si può fidare delle cure erogate in questo Paese? Come può l’onorevole Balduzzi dire che non ha mai avvallato il metodo Stamina, quando ha consentito per legge la prosecuzione dei trattamenti? Senza contare che la proposta di sottoporre le colture di staminali mesenchimali alle norme che regolano i trapianti anziché a quelle, condivise da tutta l’Europa, per le terapie avanzate, avrebbe permesso al contrario il proliferare di altri casi “Stamina” in strutture pubbliche a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Se per Balduzzi non è etico fermare un trattamento già iniziato, anche senza il rispetto delle leggi e, nel caso specifico, con rischi per la sicurezza dei pazienti stessi, e non è etico consentirne l’accesso ad alcuni e non ad altri, allora implicitamente l’ex Ministro dice che il sottoscritto non ha tenuto un comportamento etico, soprattutto in considerazione del fatto che le nostre terapie sono persino sicure ed efficaci.

Il Ministro Balduzzi dovrebbe quindi spiegare ai miei pazienti che, anziché attendere l’adeguamento alle norme europee, avrebbero dovuto rivolgersi ad un giudice del lavoro per ottenere una sentenza che mi imponesse di trattarli immediatamente, e una legge ad hoc per farmi avere 3 milioni di euro pubblici allo scopo di sperimentare la terapia genica con cellule staminali epiteliali.
E che dovrebbero agire con una class action, rivolgendosi a un giudice, con opportuna “dovizia di mediaticità, per farsi risarcire questi anni di sofferenza sprecati ad aspettare. In questo Paese dove tutto è possibile non mi stupirei se vincessero la causa…


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