Il nostro è un pianeta limitato, reale negli spazi come nelle risorse, ed entrambi vanno progressivamente esaurendosi mentre la popolazione è in crescita continua. Questa è la tesi esposta nel libro Prosperità senza crescita di Tim Jackson, Edizioni Ambiente pubblicato nel 2009, col titolo in inglese Prosperity without growth: Economics for a finite planet, dove il termine finite va tradotto proprio con limitato. L’introduzione al libro è curata da due economisti ecologisti Herman Daly e Billy McKibben, da Carlo Petrini e Gianfranco Bologna. Il loro contributo aiuta certamente ad affrontare l’argomento esposto dall’autore in una prospettiva più ampia.
Tim Jackson si propone di ridefinire il nostro concetto di prosperità dove il termine "pro-speras" significa speranza. Tuttavia, l'ironia è che abbiamo svenduto la prosperità quasi letteralmente in termini monetari e di crescita economica. Abbiamo fatto crescere così tanto le nostre economie che ora ci troviamo nella situazione di reale pericolo esaurendo le risorse. La crescita non garantisce la prosperità e il benessere individuale e sociale, mentre la prosperità non sempre significa crescita economica. Di conseguenza non possiamo vivere con essa e contemporaneamente non possiamo vivere senza di essa.
La prosperità è possibile anche senza una crescita del PIL. Anzi, poiché viviamo su un pianeta con risorse limitate, la crescita del prodotto interno lordo condurrà inevitabilmente a una diminuzione della nostra prosperità e qualità di vita. In altre parole, ciò che è in gioco non è solo il PIL o la correzione dei contraccolpi dovuti alla crescita, ma tutto ciò cui PIL e sviluppo economico sono correlati.
Jackson spinge verso la progettazione di una nuova “macroeconomia ecologica”. Le imprese producono beni per le famiglie e ci danno un reddito affinché possiamo spenderlo per comprare più beni e più servizi: è il flusso circolare dell'attività economica. Joseph Schumpeter lo chiamava “il processo di distruzione creativa”. E' un processo di produzione e riproduzione di novità che cerca continuamente di espandere i mercati dei consumatori, dei beni di consumo.
Allora la strategia principale dovrà essere quella di combattere drasticamente il “consumismo” considerato il vero cancro dell’attuale sistema. L’odierna società dei consumi non si caratterizza tanto per il consumo smodato, quanto per il fatto di delegare a quest’ultimo ogni sorta di compito sociale e psicologico, per esempio quello della creazione di un’identità.
Adam Smith, 200 anni
fa, ha parlato del nostro desiderio di una vita senza disonore. Una
vita decente. Ai suoi giorni voleva dire camicie di lino e oggi
corrisponde a una domanda inesauribile di beni: se non li vogliamo,
dobbiamo comprarli, perché, se non li compriamo, il sistema si
sfascia.
L’uomo, secondo Jackson, potrà comunque raggiungere
lo stadio di benessere a patto che cambi la propria mentalità. In
quest’ambito è introdotto il concetto di “decoupling”
ovvero del fare di più con meno: più attività economica con meno
danni ambientali, più beni e servizi con meno consumi ed emissioni,
in altre parole, con maggiore efficienza. Al contempo Jackson ci
mette in guardia dalle facili illusioni: non è pensabile risolvere
tutti i nostri problemi solo attraverso il miglioramento della nostra
efficienza. Un'altra delle strade suggerite è quella del
rinnovamento del settore pubblico che dovrà investire in nuove
tecnologie che possano apportare un deciso cambiamento in termini di
sicurezza energetica, infrastrutture a basso impatto ambientale e
tutela della natura che a loro volta potrebbero liberare risorse per
i consumi e gli investimenti delle famiglie attraverso la riduzione
dei costi dell’energia.
Il testo è una lettura consigliabile per chiunque, ma in particolar modo per coloro che tengono le redini dell’economia, per comprendere che cosa si potrebbe fare in alternativa alla sola promozione dell’aumento dei consumi.
Per favorire il cambiamento strutturale sarà indispensabile l’intervento della politica. Il ruolo del governo è stato definito in termini troppo ristretti dagli obiettivi materiali e svuotato di significato in cui la libertà dei consumatori non ha limiti. Lo stesso concetto di governance ha bisogno di essere rinnovato al più presto. Deve essere sostituito con una politica ponderata che sia in grado di affrontare l'enorme sfida di assicurare una prosperità duratura.
Il libro si chiude con la speranza di un inevitabile periodo di transizione dall’attuale sistema consumistico che conduca alla nuova era di prosperità. Stabilire i limiti sull’utilizzo delle risorse e fare in modo che le attività economiche siano molto più consapevoli, fissare tetti massimi di utilizzo delle risorse per le emissioni prodotte, questi saranno i primi passi imprescindibili.