Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, è una delle personalità politiche italiane più attente alla scienza e ai suoi valori. E più consapevoli del ruolo che la scienza e i suoi valori hanno nella società contemporanea. Per questo la nomina di Carlo Rubbia a senatore a vita era pressoché scontata. Intanto perché – dopo la scomparsa di Renato Dulbecco e Rita Levi Montalcini, a sua volta senatrice a vita – il fisico sperimentale nato a Gorizia il 31 marzo 1934 è l’unico premio Nobel scientifico “italiano” vivente. Certo, ci sono anche l’astrofisico Riccardo Giacconi e il genetista Mario Capecchi. Ma entrambi hanno svolto le loro ricerche in America e sono considerati premi Nobel americani.
Anche se ha svolto la sua carriera scientifica prevalentemente al CERN di Ginevra, dove ha iniziato a lavorare nel 1960, Carlo Rubbia è parte della tradizione italiana in fisica delle particelle. Intanto perché si è laureato a Pisa e ha poi collaborato a Roma con quel maestro straordinario che è stato Marcello Conversi, che insieme a Ettore Pancini e Oreste Piccini, la fisica delle particelle l’aveva addirittura inaugurata. E poi perché a Ginevra il fisico faceva parte del gruppo italiano.
Il risultato che gli ha meritato il Nobel nel 1984 è stata la scoperta dei cosiddetti bosoni intermedi, con cui ha dimostrato che due forze fondamentali della natura, l’interazione elettromagnetica e l’interazione debole, sono in realtà espressioni diverse di una medesima forza: l’interazione elettrodebole.
Rubbia è personaggio dalla creatività esuberante. Le sue proposte spaziano in ogni campo – dall’ipotesi di un motore per raggiungere Marte all’energia solare – e sono sempre originali, talvolta fulminanti. Ma accanto a questa capacità di scienziato creativo, Carlo Rubbia vanta un’esperienza rara di scienziato manager della ricerca. Ha, infatti, diretto il CERN, creando le premesse per la realizzazione del LEP e poi di LHC, le più grandi e potenti macchine mai costruite dall’uomo. È stato poi presidente del Laboratorio di Luce di Sincrotrone a Triste e presidente dell’ENEA, l’Ente pubblico di ricerca italiano che si occupa di energia e ambiente. È stato poi consulente del governo di Romano Prodi, della Commissione europea di José Manuel Durão Barroso, delle Nazioni Unite.
Per tutto questo e altro ancora è certamente uno degli scienziati italiani più rappresentativi e più conosciuti nel mondo. Si dice non abbia un carattere facile. Ma è stato tra i primi a telefonare e a esprimere fattiva solidarietà a Vittorio Silvestrini, all’inizio dello scorso mese di marzo quando a Napoli è andato in fumo la Città della Scienza, di cui – con Rita Levi Montalcini – è socio fondatore.
Pubblicato su L'Unità, 31 Luglio 2013