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Città della Scienza, non mandiamo in fumo una nuova speranza

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La Città della Scienza, un anno dopo. La sera del 4 marzo 2013, dodici mesi fa, un incendio doloso, appiccato da una mano tanto esperta quanto sconosciuta, mandò in fumo lo science centre, il museo di nuova generazione, di Napoli.
Era stato creato da un fisico visionario (dotato di visione strategica), Vittorio Silvestrini, e da un gruppo di giovani collaboratori. Era ospitato nell’antica Vetreria Lefevre, la prima fabbrica creata a Bagnoli verso la metà del XIX secolo, e restaurata ad arte, con un’elegante operazione di archeologia industriale, dall’architetto Massimo Pica Ciamarra.
Mentre le fiamme iniziano ad avvolgerla, la Città della Scienza rappresenta l’unico fiore presente in un deserto industriale. A partire dai primi anni e fin quasi alla fine del Novecento, Bagnoli aveva ospitato l’Ilva poi Italsider poi di nuovo Ilva: la più grande fabbrica siderurgica del Mezzogiorno, oltre che una serie di altri piccole industrie, alcune delle quali particolarmente inquinanti, come l’Eternit con il suo amianto. Grazie all’Ilva poi Italsider poi Ilva di Bagnoli, Napoli era diventata una delle prime città industriali d’Italia, a dispetto dei luoghi comuni che la dipingevano solo come la città della pizza e dei mandolini.
Ma poi era intervenuta la crisi dell’industria pesante in Europa. E la fabbrica, anzi LA FABBRICA come la chiamava Ermanno Rea, chiuse. E da area industriale d’avanguardia, Bagnoli si trasformò in un deserto. Con un unico fiore, appunto. La Città della Scienza che, nella visione di Silvestrini, doveva essere insieme l’esempio e il primo nucleo di condensazione di una nuova idea di sviluppo, fondata sulla conoscenza.

La notte del 4 marzo 2013 qualcuno (chi?) decise di reciderlo, quell’unico fiore. Che si era conquistato ampi riconoscimenti a livello nazionale e internazionale. Le immagini di quell’incendio inedito fecero il giro del mondo. Lasciandolo sgomento. Forse nessuno mai sull’intero pianeta aveva appiccato deliberatamente il fuoco a un grande museo scientifico. Ora stava succedendo a Napoli.  Il fuoco bruciò con precisione chirurgica l’intero science centre, un quarto circa della Città della Scienza.
«Non ci fermeranno, ricostruiremo nel più breve tempo possibile Città della Scienza dov’era e più bella di prima», dichiarò a caldo Vittorio Silvestrini, che non a caso aveva fatto parte di quel gruppo, ribattezzato dei «giovani leoni», che, tra gli anni ‘50 e ’60 del secolo scorso, a Frascati presso i Laboratori dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare aveva inaugurato «la via italiana alle alte energie».
Seguirono giorni di nobiltà (molte) e di miserie (non poche), come spesso accade a Napoli. La città si mobilitò. Bambini e adulti si strinsero intorno a Città della Scienza, ferita ma non finita, dimostrando un calore di inattesa intensità. Ma la solidarietà coinvolse l’Italia intera. E la commozione, non è esagerato dirlo, tutto il pianeta.
Ci fu anche qualche avvoltoio che si levò in volo. Ma non andò lontano. E ci fu qualche polemica, a livello istituzionale. Si scontrarono diverse visioni di Bagnoli, della città di Napoli, dell’idea di sviluppo sostenibile.

Ma oggi, 4 marzo 2014, alle ore 17.00, a un anno di distanza e non senza difficoltà si riparte. Ed è una ripartenza ambiziosa.
La Fondazione IDIS-Città della Scienza di Vittorio Silvestrini firma infatti un Accordo di Programma Quadro con cinque diversi ministeri (sarà presente il nuovo ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Scientifica, Stefania Giannini), con la Regione Campania, il Comune di Napoli, il Provveditorato alle Opere Pubbliche e le Autorità Portuali napoletane che prevede sia la ricostruzione, in tre anni, dello science centre andato in fumo sia il completamento, entro pochi mesi, di Corporea, un altro museo hands on, interattivo e di nuova generazione, con 5.000 mq di esposizione dedicati al corpo umano.
Di più. L’Accordo di Programma prevede anche il rilancio di Bagnoli, con la realizzazione di una spiaggia che va dall’isoletta di Nisida fino alla cosiddetta colmata, con la bonifica sia dell’arenile sia del mare antistante, inquinati da decenni di attività industriali.
L’Accordo di Programma che oggi Vittorio Silvestrini firma con i rappresentanti delle varie istituzioni locali e nazionali è frutto certamente di un compromesso. Ma si tratta di un compromesso che, almeno nelle intenzioni, è al rialzo. Silvestrini, Pica Ciamarra e l’intera  Fondazione IDIS che gestisce Città della Scienza volevano che la ricostruzione avvenisse «dov’era e com’era», ovvero mediante il semplice e meno costoso “restauro” del museo andato bruciato. Senza cambiare né il luogo né forma dello science centre ospitato nella antica Vetreria Lefevre. Anche per ricordare alla mano incendiaria che non avrebbe avuto partita vinta.
Altri, in particolare il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, erano per la costruzione ex novo dello science centre, con un arretramento a monte della struttura, in modo da liberare la linea di costa, realizzando una spiaggia pubblica che restituisse  a Napoli la sua unica spiaggia.
Le due linee sembravano inconciliabili. Ma, infine, come abbiamo detto si è trovato un compromesso. Città della Scienza costruirà uno  science centre, con gli stessi volumi di quello distrutto, ma arretrato di qualche metro rispetto al mare e completamente nuovo. Oggi la Fondazione di Inarcassa, l’ente previdenziale che raduna oltre 165.000 architetti e ingegneri liberi professionisti, illustrerà il bando internazionale per il progetto della nuovo science centre, cui ha destinato un supporto tecnico, oltre che economico.

Si tratterà di costruire, dicono alla Fondazione IDIS, un edificio “virtuoso e intelligente”  a “emissioni zero” dove non solo si diffonderà, ma si produrrà cultura scientifica, anche grazie a  un Exhibit Fablab, un laboratorio per la sperimentazione e lo sviluppo di nuovi elementi espositivi interattivi realizzato in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston. Anche i contenuti del museo saranno completamente rinnovati, sulla base delle indicazioni fornite da un comitato internazionale di esperti.
Nel medesimo tempo,  il Comune si impegna a realizzare la bonifica dell’intera fascia costiera di Bagnoli, per dare ai napoletani una spiaggia e un mare puliti e pubblici.
L’intera operazione prevede un notevole impegno di spesa, che nel complesso ammonta a 102 milioni di euro, così ripartita: per la ricostruzione del museo e l’ammodernamento di Città della Scienza è prevista una spesa complessiva di 56,9 milioni di euro, di cui 22,5 sono a carico alla Città della Scienza (per lo più recuperati del premio assicurativo) e 33,4 a carico della Regione Campania. Il Comune di Napoli, dal canto suo, si  impegna a investire 45 milioni di euro per la bonifica della spiaggia e del mare e la risistemazione dell’area.
Non mancano i nodi ancora da scioglere. La CGIL, per esempio, pur apprezzando l’Accordo di Programma, ricorda che non tutto è risolto e che «permangono i disagi economici ed i rischi per i livelli occupazionali».
Non mancano neppure le aperte polemiche. Alcuni ambientalisti – tra loro l’urbanista già assessore nella prima giunta Bassolino – continuano a chiedere un arretramento molto più a monte dello science centre, quasi che  la Città della Scienza fosse un mostro da abbattere e non un presidio culturale e anche ecologico.

Ma al netto di tutto questo e senza sottovalutare i problemi ancora aperti, nella firma a più mani di oggi è contenuto un messaggio. Napoli ce la può fare. Ce la può fare a battere l’illegalità e la violenza. E ce la può fare a costruire il suo futuro sulla base di un nuovo modello di sviluppo, socialmente ed ecologicamente sostenibile.
Naturalmente occorrerà che l’Accordo di Programma venga rispettato. E che tutti gli attori rispettino gli impegni presi con assoluta puntualità. Napoli non può permettersi che una nuova speranza vada in fumo, come il museo un anno fa.

Tratto da L'Unità, 4 marzo 2014

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