Imparare un po’ di chimica serve a chiunque, ma specialmente a chi si occupa di agricoltura. Risale al 1924 il report intitolato “The teaching of agricultural chemistry” redatto da una Commissione di esperti della Divisione Didattica dell’American Chemical Society e pubblicato in uno dei primi fascicoli del Journal of Chemical Education. La Commissione sfidò una convinzione diffusa: che ci fosse una sola specie di chimica – quell’insegnata ai chimici – pura e incontaminata. Bisognava impegnarsi di più per “capitalizzare” lo spirito professionale degli studenti di agraria.
Se
queste erano le difficoltà in ambito accademico, non stupisce che il senatore
Felice Garelli, autore de “Il buon coltivatore”, un libriccino per le scuole
rurali e la gente di campagna premiato con medaglia d’argento al Congresso
Pedagogico di Napoli (1871), si dilungasse tanto nell’introduzione per
suggerire i modi di fornire istruzione agraria ai contadini. Questa poteva essere accettata ed essere utile se era impartita “con
parsimonia e prudenza”.
Il coltivatore non era abituato alla discussione e
perdeva il filo dei lunghi ragionamenti, perciò la scienza doveva utilizzare un
linguaggio semplice, chiaro, “vestito delle forme proverbiali della gente di
contado” e che non aggiungesse altro alle “pratiche sue conclusioni”. Occorreva tener conto che ogni coltivatore
“si fa una scienza a sé del modo di coltivare la terra”, per via della
tradizione e della pratica propria.
Non si poteva quindi andare a passo di
carica ma bisognava addentrarsi nello spirito del coltivatore, mettersi dal suo
punto di vista e immedesimarsi nelle sue condizioni. I più adatti a impartire
questo tipo d’istruzione erano i maestri e parroci, ossia gli educatori più
vicini alle classi rurali. Piccoli manuali e catechismi tecnico-scientifici vennero
stampati a loro uso.
Ci sono numerosi esempi di catechismi agricoli
italiani, fin dal tardo Illuminismo.
La
chimica agraria ebbe il suo, anche se d’importazione. Il Catechismo
di geologia e di chimica agraria derivò da quello di James Finlay Weir Johnston (Paisley, 1798 – Durham, 1855), pubblicato nel 1844.
La versione italiana (1847) si deve a Giovenale Vegezzi-Ruscalla (1799-1855). Il Catechismo era destinato ai “maestri di scuola delle province” e conteneva anche semplici dimostrazioni pratiche. Benché queste dimostrazioni includessero qualche esperimento (es. inerzia dell’azoto, combustione del fosforo ecc…) l’A. ricordava al maestro che “egli insegna l’agricoltura non la chimica e che deve a questo subordinare ogni insegnamento di mera chimica”. Alla fine il maestro doveva far notare agli allievi che l’intera economia della vita vegetale e animale e le trasformazioni che subisce la materia “morta” erano parti di un unico sistema che manifestava la grandezza di una Mente Divina. Altri mezzi furono gli Almanacchi. Antonio Selmi, uno dei quattro fratelli del più celebre Francesco (Vignola, 1817 – 1881), si dedicò con zelo alla divulgazione. Nel 1863 pubblicò un Manuale di Chimica applicata all'agricoltura e numerose monografie su argomenti attinenti le coltivazioni agricole, la zootecnia e l’economia rurale. Sue le Conferenze Scientifico-Popolari tenute ai maestri elementari del circondario di Mantova pubblicate nel 1874, alcune apprezzate traduzioni di testi stranieri ed anche la trascrizione di lettere inedite di Lodovico Muratori. Ma l’opera in cui diede sfogo al suo impeto riformatore per una scienza a beneficio del popolo, fu l’Almanacco di Chimica Agricola. Iniziò la pubblicazione nel 1873 e si protrasse fino al 1878. Gli “Almanacchi” si compongono di due parti: nella prima si fa un resoconto dei progressi dell’anno precedente e nella seconda si parla di argomenti specifici d’interesse agricolo e zootecnico. Nella prefazione al primo Almanacco, Selmi faceva subito capire le sueintenzioni, distinguendosi da “i chimici del nostro tempo, che sanno indovinare così bene come si dispongono le 'molecole' e gli 'atomi' e le 'particelle', e ora te le mostrano in gruppi e ora in catene…a me basta far di quella chimica che può essere utile agli abitanti del contado”. Nel 1875, il “povero chimico contadino” riferiva del Congresso degli Agricoltori a Vienna, di alcuni lavori del Sestini inerenti i tufi e le uve, della distruzione della filossera in Francia, della carne nell’alimentazione, della teoria del Pasteur, del commercio delle ossa, di esperienze sui cereali e dei maceri da canapa. Non mancavano recensioni, statistiche, citazioni di onorificenze e, come logico, un bel calendario. Si ricorda anche l’Almanacco georgico per la provincia ferrarese, composto dal signor Gaetano Recchi, pubblicato per almeno quattro anni dal 1842 in poi. Gaetano Recchi (1798 –1856) auspicò l’istituzione di “Una Cattedra Agraria non in sede universitaria bensì pei campi e nei campi”.Dopo l’Unità d’Italia il suo desiderio si avverò: vedremo come in altra occasione.