L'accostamento di matematica e musica è apparentemente improbabile: la matematica è basata sulla razionalità, la musica sull'emotività, e le due discipline sembrano appartenere a mondi diversi e incomunicabili. In realtà, le divisioni fra le due culture sono solo apparenti, e nel caso in questione esse sono un retaggio letteralmente romantico: è infatti nell'Ottocento, e solo nell'Ottocento, che si è verificata la scissione.
I Greci chiamavano mousiké le attività umane governate dalle Muse, e certo non escludevano da esse la matematica. Anzi, l'insegnamento fondamentale pitagorico si può riassumere dicendo che musica, matematica e natura sono essenzialmente coincidenti. Pitagora riteneva infatti che ci fossero tre tipi di musica: quella strumentale propriamente detta, quella umana suonata dall'organismo, e quella mondana suonata dal cosmo. La sostanziale coincidenza delle tre musiche era responsabile da un lato dell'effetto emotivo prodotto, per letterale risonanza, dalla melodia sull'uomo, e dall'altro della possibilità di dedurre le leggi matematiche dell'universo da quelle musicali.
Con queste premesse, non può stupire che i pitagorici stabilissero un programma di studi per i loro allievi che, ripreso da Platone nella Repubblica e da Agostino nel De Musica, venne poi codificato da Boezio nel De institutione musica. Esso divenne lo standard dell'educazione occidentale dal Medio Evo all'Ottocento, e fu chiamato quadrivium perché comprendeva i quattro saperi fondamentali: l'aritmetica e la geometria, la musica, e l'astronomia.
La scoperta fondamentale di Pitagora nel campo musicale fu che era possibile esprimere mediante rapporti numerici (le frazioni) i rapporti armonici (gli intervalli). Per esempio, l'ottava è determinata dal rapporto 2:1, nel senso che per aumentare di un'ottava il suono di una corda tesa è necessario dimezzarne la lunghezza. I rapporti 3:2 e 4:3 determinano invece rispettivamente le quinte (do-sol) e le quarte (do-fa), e analogamente per le altre note della scala. Il che determinò o confermò il credo pitagorico, che «tutto è razionale»: da intendersi non in un senso generico, ma letterale (cioè: il mondo si può descrivere con numeri razionali).
In realtà il credo pitagorico, come altri credi, si rivelò essere una pia illusione. In particolare, Pitagora stesso scoprì che i rapporti determinanti rispettivamente un tono e due semitoni non corrispondevano, e differivano di una quantità piccola ma percettibile all'orecchio, che fu chiamata comma pitagorico. Per poter dividere l'ottava in dodici semitoni uguali, una soluzione adottata a partire dal secolo XVIII, detta temperamento equabile, e popolarizzata dai 48 preludi e fughe del Clavicembalo ben temperato di Bach, era necessario introdurre numeri irrazionali: il semitono temperato è infatti determinato non più da una frazione, ma dalla radice 12-esima di 2 (il 2 corrisponde all'ottava, il 12 al numero di semitoni in essa).
I rapporti fra matematica e musica sono stati determinanti nello sviluppo della scienza moderna. L'armonia del mondo di Keplero, in cui egli descrisse le sue famose tre leggi, è in realtà uno studio delle leggi musicali che regolano il moto dei pianeti, dettagliato al punto da specificare che, nella sinfonia celeste, Mercurio canta da soprano, Marte da tenore, Saturno e Giove da bassi, e la Terra e Venere da alti. In uno scolio classico ai Principia Newton mostrò come la sua più grande scoperta, la dipendenza inversa dell'attrazione gravitazionale dal quadrato della distanza, deriva in realtà da una semplice analogia musicale, e sostenne che essa doveva quindi già essere nota a Pitagora. E cosí via, sino alla odierna teoria delle stringhe di Witten, in cui le costituenti ultime della materia vengono non più pensate come punti (im)materiali, ma come pezzi di corda che vibrano in uno spazio pluridimensionale, e i cui modi di vibrazione (o suoni) costituiscono le particelle elementari.
Nella direzione inversa, i metodi matematici sono stati essenziali per lo sviluppo di una buona parte della musica classica. Per limitarci a due esempi: la polifonia e la dodecafonia hanno fatto un costante uso implicito di trasformazioni geometriche, per invertire, ribaltare e dilatare temi musicali; e la musica stocastica ha invece utilizzato esplicitamente una serie di strumenti matematici sofisticati, descritti dal compositore Iannis Xenakis nel libro Musica formalizzata.