Quella che Vittorio Silvestrini ha dato alle stampe con l’editore ScienzaExpress non è un’autobiografia. Tantomeno un’autobiografia scientifica. È un libro che raccoglie frammenti di vita vissuta. Come egli stesso, d’altra parte, ha voluto rimarcare, fin dal titolo: Tessere del mio mosaico. Ma è il mosaico ricco della scienza e dei sogni di un fisico inquieto che ha attraversato con spirito critico e insieme militante una parte non banale del secolo breve (il XX) e che è in piena attività in questo primo scorcio di questo nuovo e confuso secolo (il XXI).
È per questo che il libro merita di essere letto. Tanto più che il ritmo è, a tratti, incalzante e lo stile è quello dello scrittore di razza.
Sono almeno sette le tessere che ci propone Silvestrini. La prima è quella di un ragazzo (brillante) di provincia (Silvestrini è nato a Bolzano, ma da genitori di Faenza che, a tre anni, lo riportano nella città di confine tra l’Emilia e la Romagna) la cui giovane vita è attraversata dalla guerra. La drammaticità di quegli anni è evidente, anche al ragazzino. Ma in nessun momento né Silvestrini né i suoi compagni né la sua famiglia né i suoi concittadini perdono la fiducia nel futuro. Tutti sanno che li attende un domani migliore. Tutti si danno da fare per crearlo, quel futuro più desiderabile.
La seconda tessera è quella del giovane (brillante) di provincia che si ritrova a frequentare la Scuola Normale di Pisa, la fucina italiana dei cervelli che sanno di essere dei cervelli. È lì che incontra la grande fisica del presente (primo fra tutti, Marcello Conversi). Ed è lì che incontra la grande fisica del futuro: primi fra tutti Italo Mannelli e Giorgio Bellettini; ma anche Carlo Rubbia o Emilio Picasso. Tutta gente che farà la storia della fisica delle alte energie nel dopoguerra.
La terza tessera è lei. Anzi “Lei”. Stefania. La ragazza che cammina su una nuvoletta e che diventerà non solo la sua compagna di vita e la madre dei suoi figli, ma il suo punto di riferimento costante. La sua stella polare. In questa tessera non c’è il fisico, ma la persona. Ma anche la dimostrazione – niente affatto scontata – che l’uomo di scienza e l’uomo tout court non sono affatto separabili.
La quarta tessera è quella dei “giovani leoni”, che con Giorgio Salvini e Bruno Touschek, realizzano tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’60, la “via italiana alle alte energie”. Un modo per fare le nozze della fisica delle particelle al più alto livello con pochi fichi niente affatto secchi, bensì densi di succo. È qui che Silvestrini narra di un mistero che resta un mistero: come fa un paese piccolo, che nel suo complesso non crede nella ricerca, a esprimere un’intera comunità, quella dei fisici (teorici e sperimentali) delle alte energie che è al topo mondiale (come conferma, ancora oggi, la partecipazione alla scoperta del bosone di Higgs)?
La quinta tessera è quella del giovane fisico che si reinventa. Lascia i laboratori d’avanguardia di Frascati per trasferirsi, su invito di Ettore Pancini, in una città dalle mille contraddizioni (molte negative, ma molte anche positive), Napoli; intuisce che il futuro è nelle energie rinnovabili; e diventa uno dei pionieri e dei massimi esperti italiani di energia solare. Non è da tutti cambiare interessi e restare al top.
La sesta tessera è quella dell’impegno politico (nel Partito comunista italiano). Militante, certo. Ma vissuto come proiezione dei nuovi rapporti tra scienza e società. Come interpretazione certo a soggetto, ma di un canovaccio generale: la nuova responsabilità sociale degli scienziati. Che si declina nel tentativo di creare una società fondata sulla conoscenza più democratica e più ecologicamente sostenibile. Ovvero, nel tentativo di dar vita a un nuovo, concreto umanesimo.
La settima tessera è quella della comunicazione della scienza. Vittorio Silvestrini è l’uomo che ha ideato e realizzato la “Città della Scienza”. Il più grande museo hands on italiano e uno dei maggiori d’Europa. Un sorta di fiore nel deserto di un quartiere, Bagnoli, che è stato il quartiere industriale di una città che è stata una grande città industriale, Napoli. Per questa impresa Silvestrini ha ottenuto numerosi riconoscimenti. Ne citiamo uno per tutti: è stato il solo italiano a vincere il “premio Descartes” assegnato dall’Unione Europea ai migliori comunicatori di scienza del continente.
Ebbene tutte queste tessere, in apparenza indipendenti, si ricompongono per dar vita a un mosaico organico. Quello, appunto, di un uomo di scienza che crede nella scienza come leva per costruire futuri desiderabili. Il mosaico di un visionario. Che non è quello di un fisico che cammina sulle nuvole. Ma di un fisico che ha una visione del mondo. E si batte nel concreto per realizzarla.