E' uno dei mattoni fondamentali della struttura della materia, da cui dipendono le proprietà di atomi, molecole e le costanti che tengono uniti i corpi macroscopici. La massa dell'elettrone, però, è per sua natura troppo piccola perché possa essere misurata con precisione assoluta. Una ricerca appena pubblicata su Nature, tuttavia, mostra i dati di una nuova misura che migliora di 13 volte le precedenti, battendo gli ultimi record di precisione - l'ultimo è da riferire alla misura adottata nel 2006 dalla commissione per i dati per la Scienza e la Tecnologia.
Per raggiungere questo risultato, i ricercatori del team di Sven Sturm dell'Istituto Max Planck di Fisica Nucleare di Heidelberg, hanno utilizzato una tecnica, la Penning Trap, in grado di analizzare le proprietà fisiche di particelle cariche, limitando l'incertezza di misura in questo caso fino a un rapporto pari a 0,03 parti per miliardo. Al centro dello studio il sistema atomico di uno ione positivo di carbonio, 12C+, 'immerso' in campi magnetici ed elettrici. In queste condizioni, l'elettrone legato al nucleo di carbonio orienta il suo asse di rotazione e quindi la sua posizione in base all'intensità del campo, proprio come può fare una più familiare barretta di ferro, muovendosi in precessione come una trottola. Ai fisici è noto che il parametro in questo caso misurabile è lo spin (o variazione del momento angolare intrinseco). La misura della sua frequenza di oscillazione riesce in questo modo a isolare l'informazione specifica sull'elettrone, considerando che la massa del nucleo di carbonio a cui è legato è già ben nota.
Si tratta di un risultato eccezionale, non solo per la
precisione numerica raggiunta, ma perché pone le basi per una nuova stagione di
misura in esperimenti di fisica fondamentale, dicono gli autori, compresi test per
dare nuove conferme della teoria del Modello
Standard, che descrive tre delle quattro forze fondamentali e le relative
particelle elementari.
Per fornire prove delle previsioni di questa teoria, impresa
ardua quando si è in presenza di campi elettrici molto forti, la strada da
percorrere è ancora lunga, come spiega Edmund
Myers delle Florida State University e coautore dello studio, sempre su Nature. E' necessario, infatti, puntare
al calcolo di un altro parametro, la costante
di struttura fine, ovvero l'intensità di interazione elettrone-fotone. Obiettivo a cui i ricercatori hanno già puntato
progettando set up sperimentali in condizioni fisiche più estreme, a valori più
alti di energia di ionizzazione.