Anche il DNA presente nei mitocondri può contribuire allo sviluppo del cancro, ma potrebbe farlo a modo suo, stimolando o rallentando la crescita del tumore in relazione alla quantità di un gene mutato presente nella cellula. Per questo i giovani ricercatori bolognesi che lo hanno individuato l’hanno ribattezzato “oncogiano”, un gioco di parole tra il termine “oncogene” e la figura mitologica di Giano bifronte. Il gene, che in realtà ha anche un nome scientifico, MTND1, è mutato in diversi tipi di cellule tumorali in percentuali diverse: «Quelle in cui la mutazione è presente in quantità inferiori a una soglia, che abbiamo definito intorno all’82 per cento, formano un tumore» spiega Giuseppe Gasparre, il ricercatore trentenne che ha condotto il lavoro. «Ma se la mutazione è presente in una quota superiore invece che da oncogene MTND1 agisce da soppressore, e la malattia, almeno negli animali da laboratorio, non si sviluppa» . I giovani ricercatori bolognesi, sostenuti da un finanziamento di 420.000 euro assegnato dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro a Giovanni Romeo, da anni impegnato in questo campo di ricerca, hanno anche scoperto il meccanismo con cui il gene mutato, quando è in grandi quantità, blocca la crescita del tumore. «Lo fa bloccando la formazione di nuovi vasi» conclude Anna Maria Porcelli, che ha coordinato la ricerca. «Ed è proprio su questo meccanismo che intendiamo lavorare per trovare in futuro applicazioni terapeutiche di questa scoperta».
Gene bifronte nei mitocondri
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