«Il tasso di mutazione dell'H1N1 messicano mostra che il virus potrebbe circolare in incognita già da gennaio, se non da settembre» sostengono Nicholas Grassly, dell'Imperial College di London e Andrew Rambaut, dell'Università di Edinburgo. «E per evitare che queste stesse mutazioni portino a una resistenza ai farmaci» raccomanda Joseph Wu, dell'Università di Hong Kong, « bisogna contare su entrambe le armi a disposizione, non solo su oseltamivir». Pochi paesi, tra cui l'Italia, hanno infatti nel loro arsenale anche l'altro antivirale efficace contro l'infezione, lo zanamivir, che a differenza del primo deve essere assunto per via inalatoria e non è ancora stato approvato per i bambini più piccoli. Ma sulla base del modello matematico elaborato dal ricercatore asiatico anche questo dovrà fare la sua parte. Wu ha calcolato come potrebbe svilupparsi la resistenza ai farmaci in una popolazione di 6,8 milioni di abitanti come la città di Hong Kong. «Con l'uso di entrambi i prodotti si potrebbe limitare la probabilità che insorgano resistenze dal 38 al 2 per cento e il numero di persone infettate dal 68 al 58 per cento» dice. «Per ragioni di costo e di disponibilità dei farmaci, tuttavia, la strategia migliore potrebbe essere, piuttosto che una cura combinata per tutti, tenere da conto un farmaco senza utilizzarlo fino a che non insorga resistenza al primo».
H1N1: come cambia e cambierà
Primary tabs
prossimo articolo
La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?
Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.
La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.