I neuroni, le cellule principali del sistema nervoso centrale e periferico, rappresentano il topos centrale della ricerca biomedica applicata e di base. Questo, naturalmente, in vista delle eventuali e per ora non dimostrate applicazioni che queste cellule avrebbero nella cura di malattie neurodegenerative, come il morbo di Parkinson o l’Alzheimer.
L'uso di cellule staminali pluri- e totipotenti come sorgente cellulare per ricavare neuroni soffre delle note e ormai annose critiche di ordine bioetico. Sono stati quindi fatti sforzi per ovviare all'uso di embrioni e, recentemente, si è dimostrata la possibilità di convertire cellule somatiche in cellule staminali, attraverso l’introduzione di un set di geni nella cellula in oggetto. In un recentissimo articolo apparso su Nature, i ricercatori Vierbuchen, Südhof e Werning hanno dimostrato la possibilità di trasformare letteralmente i fibroblasti, le cellule che producono la matrice extracellulare della pelle, in neuroni funzionali, denominati dagli autori “neuroni indotti”.
Questo è stato ottenuto sottoponendo a screening un set di geni (per l'esattezza 19) altamente espressi nelle cellule neurali mature, al fine di scoprire il numero minimo e sufficiente per l'acquisizione di un fenotipo neuronale. È stato scoperto, infatti, che solo tre geni, denominati Ascl1, Brn2 e Mytl1, tipici dei neuroni normali, erano sufficienti per produrre cellule nervose dotate di tutte le qualità tipiche dei neuroni, vale a dire l’interruzione del ciclo cellulare (diventano "post-mitotici), l’eccitabilità e la capacità di stabilire contatti sinaptici. Tali tre geni codificano per altrettanti fattori trascrizionali responsabili della regolazione dell'espressione genica nei neuroni.
Questo evento di conversione avveniva con assoluta riproducibilità e con un'efficienza dell’ordine del 15% sul totale dei fibroblasti di topo usati. La caratterizzazione fisiologica e fenotipica di questi “neuroni indotti" ha evidenziato che gran parte di loro era di natura eccitatoria, e solo in piccola parte inibitoria. La drammatica trasformazione indotta in queste cellule è davvero stupefacente: presumibilmente la continua espressione di questi fattori nei fibroblasti induce un effetto riverberante di portata genomica, che ha come risultato finale effetti epigenetici e genetici di così notevole entità da indurre questa trasformazione fenotipica.
Nature. 2010; 463: 1035