Quando nel 1995 la sonda Galileo venne fatta scendere attraverso l’atmosfera di Giove e ne misurò caratteristiche e composizione, i planetologi si accorsero che c’era qualcosa di strano. L’abbondanza di elio e neon, infatti, era molto inferiore alle attese. Un recentissimo studio spiega finalmente quel mistero.
Autori della ricerca, appena pubblicata su Physical Rewiew Letters, sono Hugh Wilson e Burkhard Militzer, entrambi dell’University of California di Berkeley. Secondo i due planetologi, a causa delle condizioni estreme dell’atmosfera di Giove l’elio condenserebbe in piccole gocce e precipiterebbe verso gli strati più interni. Durante questa caduta, però, le gocce ingloberebbero il neon e questo porterebbe al drastico impoverimento degli strati più esterni rilevato dalla sonda Galileo (il neon risultò addirittura un decimo del previsto).
Secondo le simulazioni di Wilson e Militzer, su Giove la temperatura e la pressione presenti tra i 10 e 13 mila chilometri di profondità renderebbero l’idrogeno un metallo conduttore. L’elio, però, non avrebbe ancora raggiunto lo stato metallico e, non potendo mescolarsi all’idrogeno, formerebbe le minuscole gocce responsabili del “sequestro” del neon e del suo dirottamento verso le regioni più interne del pianeta.