Fin dalla loro scoperta le macchie solari sono state un comodo indicatore dell'attività della nostra stella. Le ultime indagini, però, suggeriscono che basarsi unicamente sul numero delle macchie per individuare il minimo di attività del Sole potrebbe portare fuori strada.
Sarah Gibson (National Center for Atmospheric Research) e altri ricercatori, infatti, hanno appena pubblicato (Journal of Geophysical Research - Space Physics) uno studio in cui hanno valutato l'attività solare esaminando gli effetti dei turbolenti campi magnetici trasportati dal vento solare quando si scontrano con la fascia di radiazioni che avvolge e protegge la Terra. Le osservazioni raccolte nel 2008 con l'attività solare al minimo - così almeno suggeriva la totale assenza di macchie - sono state poi messe a confronto con analoghe misurazioni effettuate nel 1996 in occasione del precedente minimo solare. E' così emerso che nel 2008 la fascia di radiazioni del nostro pianeta ha sperimentato un flusso energetico almeno tre volte maggiore di quello del 1996.
Che non basti l'assenza di macchie per identificare il minimo solare non è un elemento trascurabile. Sarà anzi doveroso tenerne conto non solo nelle previsioni di possibili tempeste magnetiche altamente rischiose per astronauti e satelliti, ma anche nell'interpretazione di dati geologici che ci raccontano dell'attività del Sole in epoche passate.
Fonti: UCAR/NCAR- Journal of Geophysical Research - Space Physics