SCIENZA IN RETE
Percorsi e metodologie per l’alfabetizzazione scientifica nella scuola primaria
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INTRODUZIONE
1. Non solo contenuti
La scienza è un patrimonio di procedure e conoscenze condivise. Ma chi affronta terreni vergini in campo scientifico sa bene che il suo operare richiede anche altri ingredienti: atteggiamenti speculativi, esperienza e fiuto, che in genere ci si costruisce da soli, sul campo, sostenuti da predisposizioni e attitudini spiccate che si ritiene riguardino solo una piccola percentuale della popolazione. La sfida consiste nel ritenere possibile allargare la base e insegnare a tutti i processi mentali per la risoluzione dei problemi, insieme apprendendo concetti in modo significativo, anche se tutto ciò è ben più difficile che non insegnare e accertare il possesso di contenuti.
Le persone della nostra generazione ricordano la formula per ricavare il volume di una sfera, anche senza aver seguito studi superiori tecnico-scientifici. Tra gli studenti adulti di oggi nessuno (meno dell’1%) conosce tale formula, ma è proprio la mancanza di questa nozione che preclude la capacità degli studenti di determinare il raggio di una sfera di cui è noto il volume? In effetti, semplicemente inserendo le parole raggio, volume e sfera su Google appare la formula nelle poche righe della ricerca, senza neppure aprire le pagine web, e vi si trova perfino la formula inversa. Ma prima di preoccuparsi della formula c’è da verificare il possesso dei concetti di sfera, raggio e volume, quest’ultimo comprendente la certezza di trovare una lunghezza al cubo; poi c’è da accertare la capacità di ricercare, individuare le parole chiave caratteristiche di quell’argomento e la semplice convinzione che debba esistere una relazione unica e ben precisa tra raggio e volume; occorre vedere se tale relazione sia spontaneamente immaginata e ricercata nel tentativo di risolvere un determinato problema e, salendo di livello, quanta fiducia ha lo studente di potersi cimentare con successo in un problema nuovo.
Una formazione scientifica che puntasse solo all’acquisizione di conoscenze, quand’anche “utili” per il futuro cittadino, sarebbe dunque sterile.
2. L’Alfabetizzazione Scientifica
Quanto si verifica nella scuola primaria e media determina la possibilità di raggiungere o meno l’obiettivo “alfabetizzazione scientifica”, intesa come padronanza di atteggiamenti, processi e concetti di base. È inteso che l’AS non è appannaggio e arricchimento esclusivo degli ambiti tecnologico, scientifico e delle professioni, ma corredo base della globalità dell’individuo.
Ci sono essenzialmente due approcci, ugualmente dignitosi, per la costruzione di tali competenze “scientifiche”:
a) attraverso approfondimenti e ricerche su temi
b) con un programma per concetti, in ogni caso affrontando attività problematiche e laboratoriali.
I due approcci sono abbastanza simili, ma non sempre compatibili. Temi classici sono ad esempio la “risorsa acqua”, “l’alimentazione” ecc. All’interno di questi temi possono nascere ricerche, progettazione, laboratori, acquisizione di linguaggi, concetti e atteggiamenti scientifici, cooperazione, specializzazioni in ruoli ecc.
L’approccio (b) da noi preferito si sofferma su un concetto generale alla volta, in una sequenza adeguata allo sviluppo delle capacità dei bambini, (concetti di proprietà, sistema, interazione, variabile ecc.) e per ciascuno di questi propone esplorazioni e attività laboratoriali di problem solving che, partendo da diverse angolazioni e con esperienze eterogenee, stimolano l’utilizzo esplicito e in contesto dello stesso concetto generale, fino alla sua incorporazione nel linguaggio spontaneo dei bambini. La nostra preoccupazione, di carattere “propedeutico”, è di costruire gli strumenti necessari per affrontare in futuro le discipline scientifiche e non tanto di fornire “assaggi” o anteprime dei contenuti disciplinari.
Questo tipo di impostazione, ispirata allo SCIS Americano degli anni 70-80, ha già dimostrato sul campo (sperimentazione “alfabetizzazione scientifica” del progetto SeT) di produrre validi risultati dal punto di visto cognitivo e affettivo.
Per gli orientamenti generali e i valori dell’alfabetizzazione scientifica rimandiamo al manifesto della comunità sul nostro sito www.scienzainrete.it
In particolare per le unità si utilizza la metodologia dei cicli di apprendimento di Robert Karplus, principale ideatore dello SCIS. Ogni unità didattica si struttura su un diverso concetto chiave e prevede
a) esplorazione guidata di un concetto tramite: dimostrazioni della maestra o esperienze a gruppi, a coppie o individuali; si può trattare di studiare situazioni sperimentali nuove o riprenderne alcune da un’unità precedentemente svolta. Purché i bambini facciano o vedano qualcosa di concreto in aggiunta all’ascolto delle parole dell’insegnante. Se si tratta di riprendere fenomeni già osservati in precedenza, per introdurre il nuovo concetto, sarà compito della maestra di convogliare l’attenzione sul nuovo aspetto. Si raccomanda una disposizione a cerchio o a ferro di cavallo dei bambini e la suddivisione della classe in sotto-gruppi non troppo numerosi.
b) introduzione del concetto, tramite discussione interattiva della maestra con la classe; eventuale conversazione clinica; va fatta a seguire l’esplorazione.
c) applicazione del concetto, negli incontri successivi si costruisce e rinforza il concetto tramite una sequenza di problemi sperimentali da svolgere a coppia o in gruppi di bambini, in sotto-unità distinte. Occorre prestare attenzione a far sì che i bambini rilevino il concetto chiave in contesti concreti completamente differenti tra loro. L’obiettivo dell’unità si può considerare raggiunto al livello minimo quando i bambini riescono a fare esempi pertinenti di applicazione del concetto; se invece riescono a trasporre il concetto, riconoscendolo da soli in situazioni nuove, il grado di raggiungimento è ottimale.
d) A fine unità: costruzione collettiva e individuale di mappe concettuali o altro strumento di valutazione che comprenda comunque tutti gli ambiti che si sono coinvolti.
3. Dal punto di vista dell’allievo
Adottiamo i sei principi educativi generali (validi per qualsiasi progetto di educazione scientifica si voglia avviare) dell’organizzazione francese, con partner europei “La main a là pâte” per l’insegnamento delle scienze nella scuola d’infanzia ed elementare.
1. I bambini osservano un oggetto o un fenomeno appartenente al loro mondo reale e percepibile e sperimentano con esso.
2. Durante le loro sperimentazioni i bambini argomentano e ragionano, focalizzano e discutono le loro idee e i risultati, costruiscono le loro conoscenze, poiché la sola attività manuale è insufficiente.
3. Le attività suggerite dall'insegnante sono organizzate in sequenze per un apprendimento progressivo. Esse sono idonee al livello dei bambini e si dedicano estensivamente a sviluppare la fiducia dei bambini in se stessi.
4. Si dedica allo stesso tema una programmazione di due ore settimanali, per diverse settimane. Si garantisce continuità alle attività e ai metodi di insegnamento per tutti gli anni dell'istruzione.
5. Ogni bambino custodisce un fascicolo-diario degli esperimenti sul quale registrare le proprie annotazioni, con le proprie parole.
6. L'obiettivo primario è l'acquisizione dei concetti scientifici e delle tecniche operative da parte del bambino, di pari passo con il consolidamento dell'espressione scritta e orale.
(Da www.mapmonde.org, corsivi e traduzione nostri)
4. Organizzazione della comunità di pratiche
Il gruppo di Scienza in Rete mette a disposizione i propri tutor ed esperti per incontri di formazione, preparazione di segmenti di programmazione e occasionali compresenze in classe a supporto delle esperienze (almeno per le scuole vicine).
La formazione riguarda (a seconda delle richieste e necessità)
Supporto nella programmazione e costituzione del laboratorio scientifico con “mezzi di fortuna” e “materiale povero”, comprendente suggerimenti sull’utilizzo di tale materiale per l’attuazione delle esperienze, con dimostrazioni (in presenza).
Formazione di base su specifici argomenti scientifici, es. concetto di modello, di forma vivente, di energia, ecc. (online o in presenza).
Utilizzo degli strumenti di rete (online tramite referente o in presenza).
Utilizzo in didattica delle mappe concettuali (online e/o in presenza)
L’attuazione delle unità ed esperienze proposte nel percorso seguente non è sufficiente, da sola, a garantire la costituzione di una comunità di sperimentazione didattica.
Perciò agli insegnanti che parteciperanno alla costruzione di percorsi didattici o alla formazione richiediamo l’utilizzo di tecnologie di rete per documentare, partecipare alla discussione, uscendo dal rapporto limitato tutor – singolo insegnante. La discussione, che va dal problema di cosa fare il giorno dopo, al come utilizzare un manuale scolastico, dovrà essere estesa a tutto il team di insegnanti della scuola e far uso del forum riservato alla stessa scuola, che sarà appositamente approntato. Tutti gli spunti di discussione interessanti saranno postati anche nel forum generale ad accesso pubblico o dal webmaster, con il consenso del referente, o dallo stesso insegnante. L’utilizzo dell’email dovrà essere limitato alle questioni non riferibili né alla formazione, né alla didattica, né all’organizzazione.
Le ragioni di questa impostazione sono evidenti: per costruire la comunità occorrono interazioni, condivisione e confronto. Questi stessi ingredienti sono necessari per costruire nuove idee e migliorare le pratiche. Infatti, anche se di seguito proponiamo un repertorio di esperienze, dobbiamo avvisare che tale raccolta è stata costruita attraverso interazioni con i bambini e grazie ad esperienze dirette in classe e che tale processo di ideazione non solo non si dovrà interrompere, ma dovrà anche assumere un maggior grado di partecipazione e condivisione.
La documentazione del percorso didattico e dei processi attivati prevede:
a) la redazione di un diario di bordo che rispecchi la dinamica dell’interazione maestra – classe, riporti gli interventi più significativi dei bambini, le riflessioni e le scelte didattiche e operative, le mappe concettuali prodotte e i risultati delle verifiche. L’esperienza insegna che tale diario è estremamente utile e che va fatto “a caldo”.
b) l passaggio in digitale dei testi o immagini (leggere) o video (brevi) rilevanti, l’adattamento alla/e scheda/e di documentazione e la pubblicazione in rete negli spazi previsto da www.scienzainrete.it (suscettibili di cambiamento nel tempo).
All’inizio dell’attività occorre inserire una breve presentazione della scuola, con
a) Motivazioni per l’adesione al progetto
b) Aspettative derivanti dalla partecipazione alla comunità di pratiche
c) Classi e insegnanti coinvolti
d) Altri progetti svolti dalla scuola, specie se affini all’alfabetizzazione scientifica
e) Email dei Referenti e della scuola (se scaricata quotidianamente)
f) Eventuale sito internet della scuola
g) Altre informazioni caratterizzanti la scuola e il contesto in cui si svolge il progetto, compresa la programmazione delle attività di supporto svolte anche dagli altri ambiti.
PERCORSO PRESUNTIVO – SCUOLA ELEMENTARE
Per ogni unità completa (parola chiave) si prevedono 6-12 ore fornite dall’ambito scientifico, cioè un arco di tre – sei settimane, comprendendo i tempi per la verbalizzazione e il rinforzo.
In aggiunta il progetto prevede lo svolgimento di attività di vario tipo negli altri ambiti (lettura, individuazione dei termini chiave nelle letture, costruzione di storie, di mappe concettuali, ecc.) correlate alle parole chiave, curando l’estensione e la generalizzazione del significato dei concetti.
Un punto di riferimento in rete, anche se non aggiornato, per una preparazione teorica sui concetti chiave e comprendente una raccolta sistematica di esperienze è su:
http://members.xoom.virgilio.it/SuperSeT/ParoleChiave.htm
Dalla pagina http://81.113.59.234/archivio.htm, appartenente al sito www.leparoledellascienza.it, ma non più raggiungibile da esso, si possono invece reperire alcune documentazioni di esperienze svolte dai componenti il nostro gruppo e da altri insegnanti sull’alfabetizzazione scientifica.
Molte attività dettagliatamente documentate sono reperibili al sito di Bernalda (MT): http://www.comune.bernalda.matera.it/elementare/SET/SET_PROGETTO.htm
http://www.comune.bernalda.matera.it/elementare/SET/SET200203.htm
Lo spazio vitale del nostro gruppo, con tutte le novità, è il sito www.scienzainrete.it
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Concetti chiave: oggetto – non-oggetto, proprietà, materiale
In continuità con la materna, l’unità sul concetto di oggetto dovrebbe arricchire le competenze nell’uso equilibrato e consapevole dei sensi, a livello percettivo, per compiere osservazioni. Ma anche la sfera logica può essere stimolata, per esempio con operazioni di confronto e con l’uso del non (non-oggetto, non-vivente, non-duro…). Infine l’arricchimento linguistico va particolarmente curato, anche per preparare un repertorio di termini per il successivo concetto di proprietà. Questo arricchimento “dinamico” comprende la possibilità di coniare nuovi termini o adottare termini dialettali, dotati di maggiore precisione, espressività e significatività per i bambini. Come si vede dal percorso - esempio della maestra Gisella della scuola elementare di Appignano (MC) (a.s. 2003-04) il concetto di proprietà e di oggetto possono anche viaggiare parallelamente, l’analisi sensoriale può essere associata sia alle proprietà sia agli oggetti
1. La scoperta degli oggetti. Da uno scatolone contente oggetti di natura eterogenea estrarre gli oggetti disponendoli in vassoi diversi in base a dei criteri scelti dai bambini (in genere per tipologia). Che cosa si può toccare? Che cosa si può odorare? Che cosa si può sentire dal rumore? Come puoi sentire i tuoi oggetti? I bambini scelgono un oggetto, lo disegnano sul quaderno e verbalizzano tutto ciò che serve a descriverlo.
La maestra spiega ai bambini che tutte le cose che si possono toccare, odorare e che fanno suoni o rumori, occupano un luogo preciso con dei contorni, sono oggetti. Le cose che non si possono toccare o sentire, non hanno una posizione e dei contorni, sono non oggetti. Esempi di non oggetti sono il rumore, il silenzio, il buio, l’allegria, la notte, la gioia, la sete, il caldo, il fischio.[1] Chiede poi di elencare altri oggetti presenti nell’aula. Nello scatolone ci sono cose che non sono oggetti? E nell’aula? Chi conosce oggetti più grandi? E più piccoli? E i più lontani? Fuori dall’aula? I bambini sono oggetti? Mettiamo i bambini in ordine di altezza crescente. Tutti gli oggetti hanno un nome?
Applicazione del concetto di oggetto
2. Gioco della scatola misteriosa. Alcuni bambini scelgono un oggetto (da un insieme di oggetti facilmente riconoscibili: gomme, matite, pezzi di pongo, palline di vetro o gomma, ruote giocattolo, automobiline o altri giochi ecc.) e lo mettono in una scatola dove si può infilare solo una mano, gli altri devono riconoscerlo dal rumore e dalle sensazioni tattili.
3. Quale oggetto è più… Grande/piccolo, spesso/sottile, liscio/ruvido, duro/morbido, leggero/pesante, freddo/caldo, umido/asciutto… Nella scatola misteriosa stavolta ci sono tre oggetti, tra cui occorre scegliere quello che ha una qualità più spiccata degli altri usando solo il tatto.
6. Quale collana è più lunga, quale più corta, quale contiene più palline e quale di meno? In questo gioco i bambini hanno a disposizione la pastina a tubetti o anellini o perline colorate di vari tipi. Realizzano collanine e, a gruppi di quattro, senza intervento da parte dell'insegnante, confrontano le collanine. L'obiettivo è confrontare gli oggetti in base al numero e alla lunghezza e distinguere tra i due criteri (che sono anche proprietà delle collanine).
La successiva esperienza comporta che i bambini sappiano leggere in stampatello.
7. Quali sono non-oggetti? Ogni gruppo di bambini riceve dei cartoncini con scritti dei nomi. Si devono riconoscere quali sono oggetti e quali non lo sono. Esempio oggetti: ago, chiodo, uovo, mela, trottola, cane, fuoco, casa, chiesa, luna; non-oggetti: sogno, cielo, notte, giorno, numero, salto, gioia, silenzio, sforzo, tempo, amicizia. Tutti gli oggetti hanno un nome. Ogni nome corrisponde a un oggetto? I bambini a casa ritaglieranno da un giornale le parole che indicano oggetti e quelle che indicano non-oggetti e li incolleranno in due diverse pagine di quaderno preparate a scuola.
8. Oggetti viventi/non-viventi Questa complessa attività deve basarsi su immagini e oggetti concreti, come piume, pigne, conchiglie, uova, foglie e pezzi di legno, sull’esperienza con semi e viventi osservati in classe o all’aria aperta nel loro agire e trasformarsi, e non solo sui nomi dei viventi. Deve inoltre essere condotta partendo dal dialogo e dai concetti dei bambini, che dovranno essere guidati alla negoziazione e condivisione di criteri di classificazione. È possibile, anzi quasi certo, che emergano classificazioni non dicotomiche e difformi da quelle adottate dalla biologia (caratterizzate da definizioni e criteri al massimo grado di generalizzazione e applicabilità). Per esempio i bambini possono definire il vivente come integro, esistente, vivo, funzionante, capace di una qualsiasi attività (usando, ovviamente, altri termini). L’insegnante curerà soprattutto che i criteri siano specificati, confrontati tra bambini e usati coerentemente. Quindi la sua funzione sarà di attirare l’attenzione su certe costanti nei modi di essere e di agire dei viventi che i bambini sottovalutano e di ampliare, assemblandole tra loro, le definizioni dei bambini per renderle un po’ più generali, ma senza la pretesa di arrivare alla definizione biologica. Inoltre può essere necessario e importante che la maestra aiuti i bambini a distinguere il reale dal fantastico degli oggetti “antropomorfizzati” (libri e alberi parlanti, ecc.). Non importa se rimarrà qualche oggetto naturale chiaramente non-vivente che rientrerà nella definizione di vivente così costruita, purché non siano gli stessi bambini a rilevare il problema. In altre parole esisterà la definizione di vivente della data classe, e non “la” Definizione.
Prerequisiti: concetto di oggetto. Letto-scrittura in stampato maiuscolo. Durante le attività sul concetto di oggetto (svolte soprattutto alla materna) i bambini arricchiscono notevolmente il proprio repertorio linguistico di attributi connotanti gli oggetti. Questi non sono altro che le proprietà.
L’unità sul concetto di proprietà va coordinata strettamente con l’ambito logico-matematico.
Ad esempio con i blocchi logici si dovrebbe adottare la stessa terminologia che si utlizza per comparare, classificare e descrivere oggetti naturali (proprietà, spessore, colore, grande piccolo, pieno/non pieno per i blocchi strutturati, ecc.)
1. Raggruppa gli oggetti a tua disposizione. A ciascun bambino si consegna un vassoio con una serie di 6-10 oggetti dello stesso tipo (conchiglie, sassi, piume, semi, bottoni, palline di vetro, ecc.). I diversi bambini possono esplorare oggetti di diverso tipo. Durante lo svolgimento della consegna, è fondamentale rivolgere la domanda: “perché hai messo insieme questi oggetti?” L’insegnante può anche registrare sulla lavagna i diversi criteri di classificazione usati, in uno schema come il seguente:
Nome |
Tipo di oggetti raggruppati |
Stanno insieme perché sono tutti… |
Gianni |
Conchiglie |
A punta/rotonde |
Luca |
Tappi |
Di sughero/colorati |
Renato |
Conchiglie |
Grandi/piccole |
Marta |
Semi |
Bianchi/rotondi/marroni/fini |
Ecc… |
Ecc… |
Ecc… |
Per l’insegnante: la tabella evidenzia la distinzione tra tipologia (ci dice che cos’è) e proprietà (ci dice come è). Quindi è da escludere che la tipologia di oggetti possa essere considerata una proprietà degli oggetti. Da un insieme eterogeneo di oggetti possiamo isolare tutti i bottoni, ma essi non hanno la “proprietà” di essere bottoni. Per quanto riguarda la specificazione del tipo di materiale, essa può essere considerata come proprietà, poiché in questo contesto è utilizzata come attributo (di ferro, di plastica, ecc.)
Introduzione del concetto di proprietà[2]
La maestra riprende tutte le spiegazioni dei bambini e afferma che l’essere grande, piccolo, marrone, bianco, rotondo o fine, sono tutte proprietà degli oggetti, ci dicono qualcosa su come sono gli oggetti. Prendendo due oggetti diversi in mano, spiega che, anche se i due oggetti sono differenti, hanno alcune proprietà in comune, che passa ad elencare. Chiede poi ai bambini di dire quali proprietà ha un qualsiasi oggetto dell’aula. Infine i bambini possono raccontare le proprietà di oggetti della loro esperienza quotidiana, ma assenti al momento, specificando anche quali si riconoscono con la vista, quali con l’odorato o il gusto, quali con l’udito, quali con il tatto.
Applicazione del concetto di proprietà
2. Per quale colore ci sono più caramelle? Utilizzare un piattino di carta con una dozzina di “smarties” per ogni gruppetto di bambini e una coppa o piattino trasparente. Ogni gruppo, alzando il proprio piattino trasparente con le caramelle del colore più abbondante, lo mostrerà agli altri che lo vedranno da sotto e le caramelle dello stesso colore saranno contate. La maestra scriverà alla lavagna le due proprietà numero e colore su due colonne.
Proprietà |
|
Colore |
Numero |
Giallo |
5 |
Rosso |
6 |
… |
… |
Le caramelle possono essere distribuite in modo che ogni gruppo abbia un colore prevalente diverso. Si chiede anche quanti diversi colori ci sono.
I bambini chiederanno di poter mangiare le caramelle. Si risponderà loro che sono sporche, e che potranno mangiare quelle ancora nei tubetti, se indicheranno quali altre proprietà si “sentono” mangiandole. I bambini scopriranno che le caramelle di colori diversi hanno altre proprietà (sapore, odore, consistenza dura - morbida) identiche.
3. Puoi riconoscere gli oggetti ad occhi bendati e senza toccarli?
I bambini riconosceranno gli oggetti utilizzando l’udito e l’olfatto, mentre i loro compagni faranno cadere gli oggetti sul banco o li sottoporranno vicino al naso. Si evidenzieranno quindi altre proprietà, come il rumore prodotto cadendo e l’odore. L’esperienza può essere effettuata una volta per il rumore e un’altra volta per l’odore.
Materiale per la proprietà rumore. Oggetti solidi: chiodi, biglie di vetro, gomme, legnetti, pezzi di plastica, palline di carta. Liquidi: acqua, olio e bicchieri vuoti per il travaso.
Materiale per la proprietà odore: aranci, limoni, cipolle, foglie aromatizzanti varie (rosmarino, menta, basilico, salvia, ecc.). Liquidi: aceto, olio d’oliva, latte, vino, Coca Cola, aranciata, limonata.
Si può evitare di coprire gli occhi con le bende, lasciando in infusione in acqua le foglie aromatiche o le bucce dei frutti e usando (entro breve tempo dall’estrazione dei solidi) il liquido limpido per l’esperimento di riconoscimento dell’aroma. In questo caso i bambini potranno letteralmente “fiutare le proprietà” che gli oggetti hanno trasferito all’acqua. Un analogo esperimento può essere realizzato riconoscendo vari sapori (sono anch’essi proprietà): dolce, salato, aspro, amaro, ottenuti per esempio mettendo in acqua dello zucchero, del sale, del succo di limone o del bicarbonato.
Le due seguenti esperienze hanno l’obiettivo di discriminare la forma dalla dimensione e vanno effettuate necessariamente in successione.
4. Grandi, piccoli e piccini. I bambini a coppie ricevono un vassoio con oggetti di un solo tipo, caratterizzato da diverse forme (non necessariamente regolari) e dimensioni (es. bottoni, pastine, conchiglie, foglie), con la consegna di raggruppare tali oggetti in base alle dimensioni.
5. Quante forme ci sono? I bambini a coppie ricevono un vassoio con oggetti di una sola tipologia (diversa dalla precedente), aventi una varietà di forme e dimensioni (es. bottoni, pastine, conchiglie, foglie), che dovranno raggruppare in base alla sola forma. Una volta fatto ai bambini si chiederà di dare dei nomi alle forme (es. allungata, corta, piatta, sottile, scavata, forata, rotonda, appuntita, ecc.)
Le esperienze 5 e 6 possono essere ripetute utilizzando insiemi eterogenei di oggetti di tipo diverso. In questo caso lo stesso insieme di oggetti viene raggruppato sia per forma che per dimensione.
6. Scegli le proprietà del palloncino preferito Da un insieme di molti palloncini colorati di diverse forme e lunghezze, i bambini potranno scegliere e impossessarsi, a turno, di un palloncino di gomma, se ne indicheranno tutte le proprietà (colore, forma e dimensione, es. grande, rotondo, verde). Dal punto di vista logico i bambini devono utilizzare più criteri di classificazione contemporaneamente (e inclusivo, intersezione) e questo compito sarà agevolato una volta che essi avranno imparato a discriminare i concetti di dimensione e forma. Sono molto importanti i collegamenti con l’attività di matematica e italiano.
7. Raggruppiamo le proprietà La maestra distribuisce a tutti i bambini foglietti con diversi attributi facenti capo alle proprietà colore, forma, dimensione, sapore, odore, rumore, tatto, numero o quantità, includendo i più comuni e soprattutto quelli che sono stati messi in gioco nelle attività precedenti. Quindi chiederà ai bambini: “chi ha un cartoncino che ci dice qualcosa sulla proprietà… colore (o forma, o dimensione, ecc.)?” Oppure potrà chiedere: “chi ha un cartoncino con una proprietà che si può sentire con il naso (o con l’olfatto, ecc.)?”
Una variante di questa importante attività di sistematizzazione delle proprietà è quella di avere oggetti sul tavolo corrispondenti alle proprietà dei cartoncini, che i bambini potranno indicare.
Durante l’attività si realizza uno schema di tutte le proprietà, con relativi esempi. Tale schema si può costruire un po’ per volta sulla parete dell’aula con foglietti mobili.
8. C’è una proprietà che è uguale per tutti gli oggetti del vassoio? Nel vassoio si mettono due - quattro oggetti di tipo completamente diverso tra loro, ma che abbiano almeno una proprietà comune (colore, forma, sapore, lunghezza, morbidezza, numero di parti, materiale, ecc.). Per esempio, quattro bottoni di forma, dimensioni e colore diversi, ma tutti con quattro buchi. I bambini dovranno identificare una proprietà comune. Ogni gruppo mostrerà agli altri i propri oggetti spiegando quale proprietà è comune ad essi.
La maestra potrà chiedere poi: quali proprietà sono comuni a Gianni e a Lucia? Sono uguali Gianni e Lucia? Sono completamente diversi, cioè diversi in tutte le proprietà? Si possono poi organizzare dei giochi in cui la maestra raggruppa i bambini per una o più “proprietà” comuni e chiede al resto della classe di stabilire quali sono le proprietà dei bambini dell’insieme. Per esempio capelli lunghi o corti, con fermacapelli o senza, bambine con la gonna ecc. ecc. Una volta che i bambini avranno apprezzato il gioco potranno anche invertire le parti e chiedere alla maestra di indovinare la proprietà con cui si sono raggruppati.
9. Quanti tipi di frutta secca ci sono? Ogni bambino deve trovare un modo per riconoscere la sua arachide e darle un nome. I bambini separeranno noci, mandorle, nocciole e arachidi in pochi secondi. Poi la maestra chiederà se gli oggetti di ciascun gruppo sono identici. Quando sarà chiaro che ci sono piccole differenze in alcune proprietà si lasceranno ai gruppi (di 4 bambini) le sole 4 arachidi, e si procederà alla differenziazione di queste, la parte più interessante del problema. È un’esperienza per distinguere il concetto di identico da quello di simile e per affinare le capacità di osservazione. Ogni gruppo di bambini avrà una lente a disposizione, con cui osservare, a turno, la propria arachide fino a trovare degli elementi distintivi che gli consentono di identificarla tra le quattro. La maestra verificherà se i bambini sono in grado di riconoscere le proprie arachidi chiedendo loro, prima di mescolarle, i nomi e con quali particolari proprietà sono in grado di riconoscerle. Come applicazione di questa attività i bambini, con la loro lente, potranno in seguito discriminare piccoli dettagli di conchiglie della stessa specie e dimensione o portare da casa oggetti che secondo loro sono perfettamente identici.
10. Nel bicchiere ci sono semi diversi. Separa, conta e identifica i semi. Quali sono le loro proprietà? Si trovano in commercio sacchetti di legumi misti di molti tipi e colori, che sono l’ideale per quest’esperienza. L’obiettivo è di mostrare come l’identità di un oggetto può essere stabilita solo in base a un insieme di proprietà, ma anche evidenziare la differenza tra identità e proprietà (non può essere considerata una proprietà la natura di seme o di foglia o l’essere un tappo o biglia). Notando che tutti i semi dello stesso tipo, pur avendo comunanza di proprietà, non sono perfettamente identici.
11. Metti in ordine per una proprietà le foglie raccolte nella passeggiata. (Seriazione secondo la lunghezza, l’intensità del verde, la grandezza, il numero di foglioline nelle composite o di lobi nelle palmate). Si possono risolvere altri problemi sperimentali sull’ordinamento qualitativo delle proprietà, che prepara al concetto di variabile.
Diagrammi di Carroll per es.
http://www.standards.dfes.gov.uk/numeracy/publications/ict_resources/12874/Carroll_diagram.SWF
Il percorso di Gisella, a.s. 2003/04, classe 1ª, Elementare di Appignano, MC.
1. L’insegnante invita i bambini a portare a scuola alcune cose in un sacchetto trasparente. (I bambini portano bottoni, ceci, fagioli, giocattolini, tappi, sassi, pinoli, figure …)
2. Da uno scatolone, dove sono stati sistemati gli oggetti, l’insegnante ne prende alcuni per volta invitando gli alunni a dire come sono.
OSSERVIAMO CON LA VISTA e scopriamo i colori, le forme, le dimensioni
Es. Forme delle foglie (cuoriforme, palmata, lanceolata, aghiforme, ovale), colore e dimensione.
OSSERVIAMO CON IL TATTO. Gioco della scatola misteriosa: infilando la mano scoprire l’oggetto nascosto e dire le sue proprietà dalle sensazioni tattili.
OSSERVIAMO GLI OGGETTI DAL RUMORE E SOPRATTUTTO STABILIAMO LA PROVENIENZA DEI SUONI. (Elenca tutti i suoni che senti fuori dall’aula e in casa)
OSSERVIAMO GLI OGGETTI DALL’ODORE. Gioco della scatola misteriosa: annusare e ipotizzare l’oggetto nascosto.
OSSERVIAMO ATTRAVERSO IL SAPORE. Polveri bianche e inodori in due barattoli. La vista, l’olfatto e l’udito danno sensazioni analoghe. Il gusto fornisce invece una differenza: dolce – salato.
Chi ce lo dice? Associazione delle proprietà ai sensi (la scheda contiene al centro un’icona per ogni senso disegnata dai bambini e termini come “è colorato, è luminoso, è puzzolente, è caldo, è liscio, è rotondo, è dolce, è amaro, è salato, è rumoroso, è morbido, in riquadri da collegare ai rispettivi sensi.
Classificare oggetti
1. per tipologia (dall’insieme contenente tappi e bottoni dividere in due insiemi, di tappi e di bottoni)
2. Classificare oggetti di un solo tipo (es. bottoni) sulla base delle differenze in una singola proprietà, es. colore (trasparente, grigio, marrone, bianco, celeste, scuro), grandezza (piccoli, medi, grandi), numero di buchi (zero, uno, due, quattro), materiale (plastica + metallo, solo plastica, solo metallo) ecc.
Elenca le proprietà possedute da una…cannuccia, biscotto, ecc.
Proprietà tattili di un oggetto nella scatola (sasso, spugna)
Descrivi un oggetto in base a proprietà date in tabella (forma, colore, dimensione)
Dati due oggetti trova le proprietà che hanno in comune (vedi esperienza n. 8)
Gioco degli odori: riconosci gli oggetti dall’odore (caffè, rosmarino, mandarino, lavanda aceto, saponetta, alcool, …)
Disegna un oggetto qualsiasi che ha la proprietà indicata: duro come… liscio come… friabile come… luminoso come…
Quale tra gli oggetti elencati è…(liscio, ruvido, pesante, leggero, dura, morbida, caldo, freddo)
Riconoscere l’oggetto che ha tutte le proprietà indicate (classificare)
Applicazioni allo studio dell’ambiente “prato”, adiacente alla scuola
Le proprietà comuni e diverse tra seme e sasso (à VIVENTE – NON VIVENTE)
Le proprietà comuni e diverse tra formica e margherita (à ANIMALE – PIANTA)
Le proprietà comuni e diverse tra erba e pino (à specie erbacea e specie arborea)
Vedere pagina web http://xoomer.virgilio.it/SuperScience/materiale.htm
Dal portale del progetto sono raggiungibili diverse documentazioni di attività sul galleggiamento (www.leparoledellascienza.it) . Vedere gli esempi in classe seconda
1. Di che cosa sono fatti questi oggetti? Forma gruppi di oggetti fatti dello stesso materiale. I bambini ricevono un vassoio con una decina di oggetti formati da tanti materiali quanti sono i gruppi di bambini, scegliendo tra: vetro, legno, stoffa, gomma, gesso, plastica, metallo, carta, cera, legno, polistirolo, sughero, pietra ecc. Quindi raggruppano tali oggetti per materiali. La maestra chiederà poi a ciascun gruppo di che cosa sono fatti gli oggetti raggruppati e raccoglierà gli oggetti da tutti i gruppi per ciascun materiale, disponendoli in ordine al centro della classe. I bambini scriveranno su dei cartoncini i nomi dei materiali da mettere davanti a ciascun gruppo. Gli oggetti raggruppati per materiali saranno usati per il successivo esperimento sul galleggiamento.
Il materiale ci dice di che cosa è fatto un oggetto. Si domanda ai bambini: quali materiali conoscete oltre quelli che avete qui davanti? Di che materiale è fatto il tavolo? Il tronco dell’albero? Ecc. ecc. I materiali si riconoscono per le loro proprietà. Quali sono le proprietà del legno? del vetro? ecc. ecc. Esistono materiali liquidi?…
2. Quali materiali galleggiano nell’acqua? Il test di galleggiamento, per ogni oggetto, va effettuato con un grande barattolo di vetro, immergendo gli oggetti al centro per poi lasciarli liberi di affondare o risalire a galla. Esistono sia materiali plastici che affondano (es. PET, PVC, PS) sia altri che galleggiano (es. PE, PP).
4. Quanti materiali metallici puoi trovare? Quali sono magnetici? I bambini descrivono alcune proprietà che differenziano diversi metalli e quelle caratteristiche di tutti i metalli. Utilizzare oggetti di ferro, rame, piombo, alluminio, ottone, bronzo, argento, anche monete, ma non quelle da 1, 2 e 5 centesimi, che sono d’acciaio rivestito di rame e sono magnetiche pur sembrando di rame.
Il possesso del concetto di interazione è in linea con lo sviluppo di una mentalità scientifica, poiché il descrivere cambiamenti in termini di evidenze, riproducibilità, causa/effetto è una delle principali attitudini scientifiche, che in aggiunta possono essere utili anche nell’analisi di altri ambiti.
· Esplorare situazioni “nuove”
· Osservare dettagli dei cambiamenti nell’azione reciproca tra oggetti o materiali posti a contatto
· Controllare la riproducibilità di tali effetti
· Raggiungere e riferire conclusioni basate sulle evidenze, in termini di causa-effetto
· nterpretare i cambiamenti come evidenze delle interazioni, anziché concepirli in modo “magico” o irrazionale.
· Utilizzare il termine “interazione” e coniugare “interagire” nel riferirsi ai fenomeni naturali, di azioni reciproche, anche in senso lato (storico, per descrivere relazioni sincrone tra eventi, narrativo, per descrivere e interpretare i punti di snodo nei testi verbali e non verbali, determinati da influenze reciproche tra soggetti, protagonisti e scene)
· Costruire mappe concettuali (con concetti evento) delle interazioni osservate
1. Quante e quali azioni può fare un oggetto o un materiale sull’altro? Il vassoio di ciascun gruppo contiene: lana di ferro sottile; magnete, guscio d’uovo o pezzetto di marmo, succo di mirtillo o infuso di radicchio filtrato, preparato in giornata, aceto, bicarbonato. Puoi unire materiali e oggetti solo a coppie.
Non è tanto importante che l’interazione sia realmente presente (possono esserci casi dubbi), quanto l’atteggiamento di portare evidenze, prove, da parte dei bambini, che tale azione reciproca sia avvenuta.
È anche importate trovare esempi di non-interazione, cioè situazioni in cui i bambini stessi, non riscontrando evidenze (a loro giudizio libero), sostengono che non c’è cambiamento rilevante.
I bambini scrivono e osservano accuratamente i cambiamenti che si producono in entrambi i materiali o oggetti uniti. L’insegnante spiega che in tutti i casi c’è stata un’azione tra l’uno e l’altro oggetto o materiale, scrive la parola interazione, cioè “azione tra oggetti o materiali” per designare tutti questi casi. L’insegnante fa altri esempi (con gesso/lavagna, matita/temperino, carta/matita, forbici/carta, termosifone/aria ecc.) chiedendo ogni volta se c’è interazione e perché (in base a quali cambiamenti nell’uno e nell’altro oggetto) e chiamerà evidenze dell’interazione questi cambiamenti. I bambini potranno anche parlare a casa di questa nuova “parola” e cercare altri esempi di interazione, scrivendoli sul quaderno.
Applicazione del concetto di interazione
2A. Riesci a far interagire la pila e la lampadina?
(Da fare con pila da 4,5 V piatta e lampadina per albero di Natale esterno, da 14 V.)
2B. La maestra ti consegna una batteria, un filo e una lampadina. Riesci a far accendere la lampadina?
(da fare con pila a stilo o mezza torcia, lampadina piccola da 2,2 V e filo 12 cm scoperto alle estremità.)
3. C’è interazione tra BTB blu e aceto? Quali sono le evidenze dell’interazione?
4. C'è interazione fra la compressa e il BTB blu? Quali sono le evidenze dell’interazione?
5A. C'è interazione tra il tuo respiro e il BTB blu? Quali sono le evidenze dell’interazione?
5B. Hai a disposizione una pompa per bicicletta e un bicchiere con BTB blu. C’è interazione tra l’aria e il BTB?
In questo caso non si avrà alcun cambiamento di colore. Si può chiedere se l’aria espirata ha qualche proprietà diversa da quella che entra nella pompa. I bambini possono capire che l’aria della pompa è la stessa che essi inspirano, ma che non è più la stessa quando la espirano, trasformata, attraverso la cannuccia e nel BTB. Un passo ulteriore è chiedere: dov’è avvenuto il cambiamento dell’aria? Cosa c’è stato tra aria “normale” e polmoni (o corpo umano)?
6. Quale barattolino contiene un pezzo di ferro? Puoi usare una calamita ma non puoi aprire i barattoli.
Materiale: 4 barattolini porta-pellicole neri contenenti piccolissimi oggetti di metallo non magnetico, di cui solo uno è un chiodino da suole. Il magnete e l’oggetto metallico devono essere scelti in modo che il secondo resti attratto dal magnete rimanendo sotto al tappo, mentre deve risultare impossibile sollevare tutto il barattolo con l’oggetto ferroso.
· Esplorare situazioni “nuove”
· Osservare dettagli dei cambiamenti nell’azione reciproca tra oggetti o materiali posti a contatto
· Controllare la riproducibilità di tali effetti e tentare delle spiegazioni, in termini di causa-effetto
· Elencare gli oggetti utilizzati in un’interazione e riconoscere le relazioni che li legano
· Utilizzare il termine “sistema” per riferirsi ai sistemi naturali, ma anche a sistemi in senso sociale (la famiglia, la scuola, ecc.), politico (il comune, lo stato, ecc.), religioso e culturale.
Le esperienze già svolte sull’interazione possono essere considerate come altrettante attività di esplorazione del concetto di sistema, pertanto si può partire direttamente dall’introduzione del nuovo concetto.
Le esperienze sull’interazione già svolte possono essere rievocate dalla maestra, anche mostrando gli oggetti già usati, per evidenziare che esiste sempre un gruppo di oggetti legati insieme, con altri oggetti che invece non prendono parte o non hanno relazioni importanti con i primi.
La maestra spiega che ogni volta che degli oggetti possono interagire insieme, essi formano un sistema. La pila il filo e la lampadina formano un sistema perché tali oggetti possono interagire o sono legati in modo tale da interagire, ecc. Quindi richiede ai bambini di fare altri esempi, facendo loro specificare al proponente quali oggetti o parti compongono il sistema proposto e agli altri bambini di dire se concordano con gli oggetti elencati o se pensano di includerne/escluderne qualcuno. Ogni insieme proposto dovrebbe essere denominato (es. sistema fiamma, sistema elettrico, ecc.) e rappresentato, in fase di verbalizzazione, con una semplice mappa concettuale in cui le connessioni rappresentano elementari relazioni di appartenenza o funzione, e i collegamenti trasversali indicano le interazioni tra gli elementi del sistema. L’associazione ambiente – organismo può essere considerata un sistema, così come l’alveare.
Per ulteriori approfondimenti vedere su http://members.xoom.virgilio.it/SuperSeT/sistema.htm
Applicazione del concetto di sistema
1. Come si fa a far interagire una candela accesa e il BTB blu posto sul fondo di un barattolo?
I bambini possono fare varie ipotesi che devono essere descritte come altrettanti sistemi diversi.
Il BTB cambierà colore solo se la candela brucerà nel barattolo chiuso. Si distinguono sistemi aperti e sistemi chiusi. Solo i primi permettono l’entrata e l’uscita di materiali. (I sistemi chiusi possono scambiare solo energia con il loro intorno). Si possono perciò fa dire altri esempi di sistemi aperti e di sistemi chiusi anche senza parlare di energia)
2. Hai a disposizione un sacchetto di plastica, un bicchiere con aceto e un cucchiaio di bicarbonato. Esegui un esperimento in cui il sistema "aceto-bicarbonato" è chiuso
Due bambini possono mostrare alla classe come il bicarbonato interagisce con l’aceto in un bicchiere trasparente. Si descrive questo tipo di sistema aperto. Quindi i gruppi affrontano il problema di fare la stessa cosa in un sistema perfettamente chiuso.Una soluzione consiste nel mettere il bicarbonato nel sacchetto con mezzo bicchierino da caffè contenente aceto forte, e nel far interagire i due materiali solo quando il sacchetto sia stato ben sigillato con un laccio. In tal caso il sacchetto si gonfierà e diventerà duro.
3. L'insegnante ti consegna cinque cartoncini col nome di un animale e cinque cartoncini col nome di un ambiente. In quale ambiente vive ciascun animale?
4. Il sistema “prugna secca” (o il sistema fagiolo) è aperto o chiuso quando viene messo in acqua?
La prugna secca (se non snocciolata) dopo qualche ora in acqua si rigonfierà fino ad assumere la dimensione originaria. Nonostante la somiglianza con l’esperimento del sacchetto che si gonfia, questo sistema è aperto; il calo del livello dell’acqua esterna dimostrerà che tale materiale è entrato nel sistema. L’insieme del bicchiere, acqua + prugna è invece un sistema chiuso.
5. Con acqua e farina forma un sistema “non-soluzione” e poi separa di nuovo l’acqua dalla farina bagnata.
6. Con acqua e sale forma un sistema “soluzione” e poi separa di nuovo il sale.
7. Con una bottiglia, palloncino aceto e bicarbonato, fai un sistema chiuso che fa gonfiare il palloncino. Il sistema è aperto o chiuso?
Concetti chiave: interazione, sistema, sottosistema, variabile.
La classe terza effettuerà un sufficiente numero di esperienze sui concetti di interazione e sistema, descritti per la seconda classe, in modo da aver tempo per sviluppare anche i concetti di sottosistema e variabile.
1. Come si fa a far interagire una candela accesa e il BTB blu posto sul fondo di un barattolo?
I bambini possono fare varie ipotesi che devono essere descritte come altrettanti sistemi diversi.
Il BTB cambierà colore solo se la candela brucerà nel barattolo chiuso. Si distinguono sistemi aperti e sistemi chiusi. Solo i primi permettono l’entrata e l’uscita di materiali. (I sistemi chiusi possono scambiare solo energia con il loro intorno). Si possono perciò dire altri esempi di sistemi aperti e di sistemi chiusi anche senza parlare di energia. In terza classe si può chiedere di fare ipotesi su quale sia la causa del cambiamento di colore. Tali ipotesi possono essere verificate. Individuata l’ipotesi confermata (diranno: il fumo o l’aria consumata dalla candela ecc., confermabile mettendo un bicchiere con poco BTB blu nel barattolo anche parecchio tempo dopo lo spegnimento della fiamma) i bambini potranno collegare questo fenomeno agli altri riguardanti la respirazione, cogliendone l’elemento comune.
2. Hai a disposizione un sacchetto di plastica, un bicchiere con aceto e un cucchiaio di bicarbonato. Esegui un esperimento in cui il sistema "aceto-bicarbonato" è chiuso
Due bambini possono mostrare alla classe come il bicarbonato interagisce con l’aceto in un bicchiere trasparente. Si descrive questo tipo di sistema aperto. Quindi i gruppi affrontano il problema di fare la stessa cosa in un sistema perfettamente chiuso.Una soluzione consiste nel mettere il bicarbonato nel sacchetto con mezzo bicchierino da caffè contenente aceto forte, e nel far interagire i due materiali solo quando il sacchetto sia stato ben sigillato con un laccio. In tal caso il sacchetto si gonfierà e diventerà duro.
Anche in questo caso, in classe terza, si potranno fare ipotesi sulla natura e sulle proprietà del “tipo di aria” che ha riempito il sacchetto. Sarà la stessa che risulta dall’interazione con i polmoni e prodotta dalla combustione della candela? Questa ipotesi può essere verificata infilando una cannuccia nell’apertura del sacchetto, stringendo questo e facendo gorgogliare il gas in un bicchiere con del BTB blu, che virerà al giallo.
8. Con una pila da torcia, due fili e una mina per matita, costruisci un sistema “scaldabagno”, capace di scaldare l’acqua.
Il circuito va montato come nell’analogo esperimento con la pila il filo e la lampadina, ma in questo caso l’uso di due fili semplifica l’operazione. I due fili sono attorcigliati alle estremità della mina, immersa in acqua. Quando è tutto pronto si collegano le estremità libere dei fili ai due poli della batteria e la mina diventerà calda. Occorre una batteria da torcia da 1,5 V delle più grandi o una piatta da 4,5 V, per avere un’erogazione abbastanza prolungata di calore e una mina da disegno. In tal caso l’innalzamento di temperatura sarà percepibile anche senza termometro.
9. Quanti cucchiaini di zucchero deve avere il sistema soluzione acqua e zucchero per far galleggiare l’oggetto di plastica?
Occorre trovare un oggetto di polistirene (PS) abbastanza compatto e non troppo sottile, altrimenti la presenza delle bollicine d’aria che aderiscono ad esso lo fanno salire a galla in anticipo rispetto al raggiungimento della concentrazione di zucchero necessaria.
Quest’ultimo esempio prepara al concetto di variabile.
Questa unità (o forse sotto-unità) non aggiunge contenuti nuovi. Quando un sistema è parte di un altro, come la corolla, o il fiore o l’albero, è chiamato sottosistema. Ogni sistema complesso, dal corpo umano al bosco, contiene tanti sottosistemi aventi relazioni funzionali tra essi e tali che l’insieme è qualcosa in più della somma delle singole parti. L’interesse dell’osservatore determina, volta per volta, la scelta di cosa considerare sistema, sottosistema e oggetto.
· Esplorare situazioni “nuove” che estendono il concetto di sistema a casi più complessi
· Smontare, osservare e ricostruire sistemi complessi
· Sviluppare capacità di analisi e sintesi, acquisendo l’abitudine a spostare l’attenzione dal tutto alle parti, alle parti più piccole e, a ritroso, dagli elementi funzionali all’insieme complessivo.
· spiegare il perché dell’inclusione o dell’esclusione di oggetti, in modo da rilevare l’esistenza di una relazione o funzione per ogni sottosistema dell’insieme.
Esplorazione del concetto di sottosistema.
1. Montare e smontare
Ogni gruppo di allievi riceve uno dei seguenti sistemi: a) due bicchieri, di cui uno contenente un miscuglio di due diversi semi, e un contenitore con il fondo forato capace di far passare i semi più piccoli (es. cestelli per ricotta); b) una matita portamine, c) una spina e un cacciavite, o qualsiasi altro oggetto smontabile in più parti. Il compito degli allievi è di separare ogni sistema in parti più piccole e poi rimetterle insieme.
I bambini scrivono prima i nomi dei sistemi e poi, sotto ciascuno, i nomi dei gruppi di oggetti o disegni delle parti che sono state da loro separate. L’insegnante spiega che questi sistemi, più piccoli di quelli dati, sono sottosistemi. I bambini elencheranno altri esempi di sottosistemi. La maestra può anche riprendere il sistema <pila – filo – lampadina> e mostrare che la lampadina è formata da altre parti più piccole, come il filamento, la filettatura, il bulbo; come il filo risulta formato da più fili di rame e da un rivestimento, e così via. Può quindi passare a richiedere ai bambini altri esempi di sottosistema presi dalla loro esperienza quotidiana. Ecco alcuni esempi: la sabbia in una miscela di sale e sabbia; il sale in una soluzione salina; un termometro in un sistema termometro + acqua che interagisce con esso.
2. Trova tutte le possibili combinazioni che fanno accendere la lampadina, usando il Gioco del circuito e il sistema filo-pila-lampadina.
3. Costruisci un Gioco del circuito, incollando strisce di alluminio, e chiudilo bene. Riuscirà il tuo compagno a scoprire tutti i collegamenti?
4. Quali sono i sottosistemi del gioco delle lame rotanti?
5A. Ti consegnano un sacchetto da tè contenente un sale di rame colorato e un bicchiere con acqua. C'è interazione fra l’acqua e il sale colorato? Il sistema ottenuto è una soluzione o una non-soluzione? Come si recupera il “sottosistema” sale dalla soluzione?
Il sale colorato è cloruro rameico. Si aprono i sacchetti del tè e si riempiono con un cucchiaino di tale sale. Il sacchetto richiuso costituisce un sottosistema del sistema più grande comprendente anche l’acqua. Il sale è recuperabile tramite evaporazione su una superficie larga.
5B. Quanti sottosistemi si originano nell’interazione tra la soluzione del sale colorato e l’alluminio? Che trasformazioni subiscono?
I sottosistemi inizialmente sono la soluzione azzurra e l’alluminio (ottimo quello delle vaschette da forno tagliate a strisce). Dopo l’interazione, lasciando tutto a riposo, si potranno osservare tre o quattro sottosistemi: l’alluminio che risulterà scurito e notevolmente corroso; la soluzione che non sarà più azzurra ma incolore o appena grigiastra e calda; una polvere marrone scura che non era presente all’inizio e che si deposita sul fondo e alcune bollicine di un gas.
La spiegazione delle trasformazioni chimiche inizia da questo tipo di osservazione delle diverse sostanze materiali coinvolte nell’interazione. Confrontando questa esperienza con la precedente, i bambini possono rilevare un tipo di trasformazione più profonda in cui si sono originati nuovi materiali dai vecchi (ora il sale di rame colorato non è più recuperabile). Questo tipo di trasformazione si dice “chimica”. Non occorre andare avanti con spiegazioni più approfondite, ma può essere opportuno cercare altri esempi comuni in cui i materiali subiscono simili radicali e irreversibili trasformazioni (ferro à ruggine, seme à foglie verdi, legno à carbone, ecc.)
6. Quali sono i sottosistemi che compongono un seme dicotiledone? Quali sono necessari alla crescita?
I gruppi di lavoro avranno a disposizione semi di fagiolo conservati a bagno per 24-48 h, una lente d'ingrandimento, una pinzetta, dei bicchieri con cotone inumidito per le prove di semina. I bambini disegneranno i due cotiledoni, l'embrione la membrana esterna. La maestra chiederà ai bambini di descrivere la struttura del seme. Se si semina ogni singola parte separatamente si avrà la crescita? (Solo la combinazione cotiledone + embrione darà luogo alla crescita).
7. Costruzione di un’automobile
Occorre una confezione di costruzioni (es. Lego) predisposta per realizzare un’automobile giocattolo, completa di immagini che guidano la realizzazione.
Ogni gruppo di bambini costruisce una parte (sottosistema) dell’automobile, ricevendo solo i pezzi necessari e la fotocopia con le immagini che mostrano la parte da montare. Alla fine i “sottosistemi” sono montati insieme per formare il sistema completo.
8. Costruzione di un Puzzle
Occorre partire da un puzzle montato da 250 pezzi, tenuto tra due fogli di cartone, capovolgerlo e dividerlo in cinque parti. I cinque settori possono avere anche forme complesse, il cui contorno viene ricalcato su un foglio A3 o A4. Si contrassegnano i pezzi adiacenti, sul retro, con cinque colori diversi, quindi si assegna a ciascun gruppo di bambini il “sottosistema” smontato dei pezzi di un dato colore e il foglio con il profilo della loro area. Ogni gruppo costruirà il proprio sottosistema entro tale profilo, avendo a disposizione la fotocopia dell’intero soggetto, quindi si monterà il tutto sul tavolo grande.
Il concetto di variabile è fondamentale per preparare una solida base alla comprensione e alla pratica delle scienze.
Così come un sistema può essere analizzato nei suoi sottosistemi e nelle relazioni che li legano, una spiegazione di un fenomeno complesso si basa sull’analisi e registrazione delle variabili. Le variabili sono proprietà che si modificano o nel tempo (es. altezza di un bambino negli anni) o nello spazio (es. altezza dei diversi bambini della classe). Possono essere misurabili quantitativamente (es. l’altezza) o non esserlo (es forma dei solidi o colore dei capelli). Possono essere “aleatorie” (es. numero di teste in dieci lanci) o “deterministiche”, cioè riproducibili (es. ampiezza di un’oscillazione) e con andamento regolare (es. crescita di un capello). Se in un fenomeno o in un sistema ci sono più variabili, queste possono essere indipendenti (es. colore delle auto e probabilità di subire incidenti) o correlate (es. peso delle automobili e consumo in km/litro), e può esserci o meno un rapporto asimmetrico di causa – effetto che le lega tra loro (il consumo delle auto è dipendente dalla variabile peso e non viceversa; invece le variabili diametro e circonferenza dei cerchi sono perfettamente dipendenti l’una dall’altra, senza che si possa stabilire una causa e una conseguenza). Dal punto di vista della progettazione di esperimenti equi e imparziali è fondamentale stabilire le variabili indipendenti che devono essere mantenute costanti e quelle che si debbono cambiare sistematicamente. Atteggiamento utile anche a chi farà il giornalista, il politico o si occuperà di marketing.
Da questa rapida elencazione di casi si capisce la complessità ma anche l’utilità di tale concetto (per approfondimenti vedere http://members.xoom.it/SuperSeT alle parole variabile, misura, probabilità e correlazione).
Il concetto di variabile è un grosso contenitore di concetti, come quelli di misura e unità di misura, correlazione, rapporto, probabilità, e di strumenti grafici come diagramma cartesiano, istogramma, ecc. Anche se viene introdotto dalla terza elementare, tale concetto sarà ripreso e approfondito in tutti gli anni che seguiranno.
Rispetto agli altri ambiti c’è solo l’imbarazzo della scelta per trovare esempi di variabili.
Ambito |
Variabili |
Antropologico |
Estensione territoriale, disponibilità alimentari, distribuzione delle ricchezze, risorse, tipo di organizzazione sociale e di governo ecc. ecc. |
Linguistico |
Variabili grammaticali come tempo e persona dei verbi; variabili del testo come espressività nel tono di lettura, codici del testo scritto ecc. |
Motorio |
Tempo, ritmo, sequenza, posizione di partenza e arrivo, velocità, estensione, forza, peso, altezza |
Logico-matematico |
Geometriche: numero lati o angoli, lunghezza, area, volume. Aritmetiche: numeri (il risultato di un’operazione è una variabile dipendente dagli operandi), popolazione di un insieme. Logiche: corrispondenza (univoca o biunivoca), verità (vero o falso), ecc. |
· Esplorare situazioni che richiedono il confronto di proprietà variabili
· Individuare le variabili in un insieme di oggetti o in una trasformazione
· Differenziare e misurare tali variabili
· Descrivere la variabilità di una singola proprietà ordinando le misure e registrandole con istogrammi
Esplorazione sul concetto di variabile
1. Qual è la proprietà che cambia?
Fornire uno dei seguenti gruppi di oggetti ad ogni gruppo di allievi:
a) conchiglie, chiodi, bottoni
o fermagli plastificati in serie di dimensione diversa;
b) boccettine d’acqua con 2, 4, 8, 16 gocce di BTB.
c) 4 bicchierini di caffè con soluzioni di acqua con una, due, 4, 8 gocce di
essenza di limone o altre essenze;
d) piombi da pesca di diverso peso
…qualsiasi altro gruppo di oggetti in cui si ha una proprietà chiaramente variabile, anche nel tempo: un termometro immerso in acqua fredda; una fettina di banana, mela o patata, appena tagliata; un tovagliolo bagnato con alcol, una goccia di vinavil su un cartoncino.
Ai bambini si chiederà di numerare e ordinare gli oggetti in base alla maggiore o minore grandezza della proprietà trovata e la maestra scriverà alla lavagna i nomi di tali proprietà su una linea continua dal – al +. Es.:
1 2 3 4
- profumato……………….+ profumato variabile = profumo
La maestra spiega che quando una proprietà può cambiare viene chiamata variabile. Stimola quindi la produzione di altri esempi (altezza dei bambini, colore delle foglie ecc.). Per mostrare una variabile nel tempo si prende un accendino trasparente e traccia col pennarello un segno al livello del liquido. Quindi apre al massimo la piccola ruota dentata e fa uscire il gas fino ad avere una consistente diminuzione di livello. Si chiede ai bambini quali sono le variabili. Oppure si accende un bastoncino di incenso e lo si appoggia in posizione leggermente obliqua e si chiede nuovamente quali variabili si possono individuare.
2. Trova tutte le parole che si possono comporre con almeno due di queste lettere. Annota le parole e conta le lettere che compongono le parole. La variabile è il numero di lettere delle parole. Con questi dati costruisci un istogramma.
I S T O G R A M M A
Ogni gruppo di bambini riceve una striscia con la scritta istogramma come questa, ritaglia le lettere e le usa per comporre parole formate da due o più lettere. Ogni parola trovata viene scritta sul quaderno. L’istogramma va costruito usando la frequenza delle parole di due, tre, quattro ecc. lettere. Con questo gioco i bambini apprendono la costruzione dell’istogramma. Si può ripetere il gioco scegliendo altre parole lunghe, come perpendicolare, automobilista, ecc. Le parole lunghe possono anche essere suggerite dai bambini. A casa gli allievi costruiranno altri istogrammi, giocando con le parole lunghe, scelte dal libro o dai giornali
3. Quali sono le variabili nelle patate portate dalla maestra? Disegna l’istogramma per una variabile.
L’insegnante porta un sacchetto di patate e ne distribuisce cinque a ciascun gruppo, curando che le patate assegnate siano ben diverse tra loro. La maestra chiede cosa hanno di diverso le patate e i bambini osserveranno che tali patate hanno diverse dimensioni, forma e peso. La maestra chiederà di metterle in ordine per una variabile e di numerarle. Quindi chiederà ai bambini per quale variabile può essere utile la bilancia. I gruppi peseranno a turno le loro patate, una per volta, e registreranno il numero della patata e il peso in una tabella. Quindi, per mezzo di un righello, ritaglieranno delle strisce di carta lunga ciascuna tanti millimetri quant’è il peso in grammi della patata, numereranno e coloreranno diversamente tali strisce, quindi le incolleranno affiancate verticalmente dalla più corta alla più lunga. Avranno realizzato così l’istogramma della variabile “peso”.
4. Le variabili degli alberi del bosco
In una visita al giardino della scuola, oppure al giardino o boschetto comunale, con l’aiuto della maestra, ciascun gruppo di bambini contrassegnerà, con foglietti dello stesso colore, ciascun albero di una stessa specie. Quindi su tali foglietti si scriveranno le variabili (tipo di corteccia, circonferenza e diametro del tronco, mentre una foglia dell’albero potrà essere incollata sul retro per controllare l’identità della specie. Completato il giro delle misure e raccolti tutti i cartoncini, si torna in classe dove questi saranno raggruppati per colore, controllati e allineati in un cartellone, per formare le barre dell’istogramma della variabile popolazione. Ogni gruppo dovrà riferire le proprietà osservate nella propria specie di albero. I dati scritti sui cartoncini potranno essere usati per costruire altri istogrammi relativi alla variabilità delle dimensioni di ogni singola specie.
5. Quale acqua contiene più sali disciolti?
Utilizzare acqua Ferrarelle (elevato contenuto salino), acqua Levissima (scarso contenuto salino) e acqua di rubinetto (contenuto di sali intermedio). Prima di iniziare l’esperimento la maestra mostra ai bambini il residuo dell’evaporazione dell’acqua lasciata al sole o sul termosifone. È importante fare in modo che siano i bambini stessi a proporre, per risolvere il problema, di partire da un’uguale quantità di acqua di ciascun tipo. Si prelevano 30 gocce dell'acqua di rubinetto e 30 gocce di Ferrarelle. Si versano sul fondo di due bicchieri capovolti e si lasciano evaporare. Le chiazze biancastre del residuo salino avranno dimensioni nettamente diverse.
6. Registra con un istogramma la variabile ritmo delle pulsazioni cardiache nei diversi momenti della giornata e con un altro istogramma il ritmo di tutta la classe preso nello stesso momento.
Nel primo caso le pulsazioni possono essere prese a intervalli di un’ora dal mattino alla sera e registrati il giorno dopo a scuola. Nel secondo caso si raggruppano i valori di pulsazione dei bambini che ricadono, ad esempio, tra 66 e 70, tra 71 e 75, ecc. e si costruisce l’istogramma con i valori delle ricorrenze in tali intervalli.
7. Come variano nel tempo la temperatura esterna e quella della tua aula?
Conviene avere un termometro interno ed uno esterno fissi, per registrare tutte le temperature dell'anno. Le temperature verranno registrate su un apposito istogramma. Ogni mattina, prima dell'inizio della lezione, un bambino leggerà la temperatura interna e l'annoterà sull'istogramma predisposto. Un secondo bambino si occuperà della temperatura esterna e la indicherà sullo stesso istogramma, con un diverso colore. Si può usare un cartellone, appeso alla parete, in modo che sia visibile da tutti. I dati possono essere registrati anche su foglio elettronico.
Ogni gruppo semina tre o quattro semi identici (fagiolo, erba medica, grano o altro) in un bicchiere con un po’ di terra. Ogni gruppo segue lo sviluppo della pianta che germina per prima, registrando settimanalmente l’altezza del fusto, il numero di foglie e altre variabili e scarta le altre piantine.
Gli istogrammi possono essere costruiti indicando il numero di foglie o l’altezza presenti dopo una, due, tre ecc. settimane. Ovviamente si contrassegnano i diversi bicchieri e si idratano regolarmente
9. Costruisci un istogramma con le ampiezze del palmo della mano dei tuoi compagni
I bambini misureranno l’ampiezza del palmo della mano, dal mignolo al pollice, dopo averlo ricalcato su un foglio con una matita, e scriveranno il risultato in centimetri. Con i dati a disposizione si costruirà l'istogramma in cui l’altezza delle barre indica la ricorrenza di ogni misura d’ampiezza.
Concetti chiave: sottosistema, variabile, modello, energia
(e a seguire, in quinta, energia e modello, più concetti biologici)
Esperienze di applicazione dei concetti di interazione e sistema, precedenti l’unità sul concetto di variabile.
1. Quanta soluzione di sapone deve essere aggiunto nel “sistema acqua”, formato da acqua e sali minerali, per avere la produzione di schiuma stabile?
Per fare la soluzione di sapone si sciolgono circa cinque grammi di sapone di Marsiglia in cinque litri di acqua deionizzata. L’acqua potabile si preleva con un bicchiere che funge da misurino e si pone in un barattolo trasparente, da almeno mezzo litro, con tappo a vite. Con un misurino più piccolo (10 – 20 mL) si aggiungono aliquote successive di acqua saponata, chiudendo il barattolo e provando ogni volta ad agitare per vedere se si forma la schiuma. Si conta il numero di misurini di acqua saponata necessari per avere una schiuma stabile per trenta secondi. Si può provare con acqua di rubinetto, con acqua lievissima (basterà un misurino di acqua saponata) o con acqua Ferrarelle (ne occorreranno molti di più). I sali contenuti nelle acque potabili interagiscono col sapone “bloccandolo”, e impedendogli di formare la schiuma. Il deposito opaco e torbido che si nota sul fondo del barattolo è il risultato dell’unione dei sali col sapone. Più sali sono contenuti nell’acqua, più sapone è necessario aggiungere per ottenere la schiuma; più acqua potabile si preleva, più acqua saponata si dovrà aggiungere per ottenere lo stesso risultato (due esempi di variabili interdipendenti). I sottosistemi in gioco sono dunque tre: sali minerali, sapone, acqua. Tale esperimento può essere utilizzato come esempio per introdurre, successivamente il concetto di variabile (numero dei misurini di acqua saponata, volume di acqua potabile, contenuto salino delle varie acque). L’esperienza 5 sulla variabile della classe terza può essere effettuata in parallelo come conferma.
2. Con una pila da torcia, due fili e una mina per matita, costruisci un sistema “scaldabagno”, capace di scaldare l’acqua. Hai a disposizione anche un termometro.
Il circuito va montato come nell’analogo esperimento con la pila il filo e la lampadina, ma in questo caso l’uso di due fili semplifica l’operazione. I due fili sono attorcigliati alle estremità della mina, immersa in acqua. Quando è tutto pronto si collegano le estremità libere dei fili ai due poli della batteria e la mina diventerà calda. Occorre una batteria da torcia da 1,5 V delle più grandi o una piatta da 4,5 V, per avere un’erogazione abbastanza prolungata di calore e una mina da disegno. L’innalzamento di temperatura (proprietà variabile) sarà misurato con il termometro a intervalli regolari di due minuti.
3. Quanti cucchiaini di zucchero deve avere il sistema soluzione acqua e zucchero per far galleggiare l’oggetto di plastica?
Occorre trovare un oggetto di polistirene (PS) abbastanza compatto e non troppo sottile, altrimenti la presenza delle bollicine d’aria che aderiscono ad esso lo fanno salire a galla in anticipo rispetto al raggiungimento della concentrazione di zucchero necessaria.
VARIABILE
In classe quarta il concetto di variabile potrà essere affrontato fin dall’inizio ad un livello di maggior complessità, prevedendo situazioni in cui si presentano più variabili interdipendenti in gioco. Subentra quindi il problema di controllare le variabili stesse (stabilire quali mantenere costanti in prove comparative) e di riconoscere le correlazioni. La correlazione non è altro che l’interdipendenza tra due variabili: la variazione della variabile A è associata alla variazione della B. Questo può avvenire in due modi principali: all’aumentare di A, B aumenta, oppure all’aumentare di A, B diminuisce. A seconda dei casi si parla perciò di correlazione diretta e inversa oppure, che è lo stesso, positiva o negativa.
Si scelgono alcune esperienze indicate per la terza classe, per far sì che i bambini apprendano come costruire istogrammi. In aggiunta si propongo le seguenti altre attività.
10. Qual è la temperatura più alta che puoi raggiungere con la “polvere riscaldina” e l’acqua?
Occorrono: una bilancia digitale al grammo. Per ogni gruppo: un misurino per l’acqua, un termometro, un bicchiere da bar di polistirolo ed uno di plastica inseribile in quello di polistirolo, la polvere di cloruro di calcio anidro dei sacchetti dei ricambi per deumidificatori (mantenere sigillati). I diversi gruppi di bambini potranno registrare gli innalzamenti di temperatura ottenuti unendo quantità variabili di “polvere riscaldina” a quantità variabili d’acqua. L’aumento di temperatura è correlato positivamente con la quantità di polvere e negativamente con la quantità di acqua.
Se si riprenderà quest’esperienza come esempio per introdurre il concetto di calore, occorrerà tenere presente che la quantità di energia termica liberata dipende solo dalla quantità di polvere che si scioglie in acqua e non dalla quantità d’acqua usata.
11. Quante variabili riesci a trovare usando la molla colorata?
Nei negozi di giocattoli si vendono delle molle di plastica di circa 6 cm di diametro formate da molte spire piatte. Tale molla è l’ideale per illustrare le variabili e la dipendenza tra esse. Con un fermaglio grande si può realizzare un gancio assicurato all’ultima spira, a cui appendere la stessa scatola della confezione con un filo. Mentre un righello può essere infilato trasversalmente per sorreggere un numero qualsiasi di spire, libere di oscillare verticalmente.
La prima variabile che può essere studiata (non occorre attaccare la scatola né il righello, basta tenere la molla e imprimere delle oscillazioni verticalmente, più o meno ampie) è il ritmo delle oscillazioni che cambia al variare del numero di spire libere. I bambini possono battere le mani all’unisono per rendersi conto delle variazioni di ritmo, anche senza cronometrare il tempo. Inoltre si può variare l’ampiezza delle oscillazioni lasciando costante la variabile numero di spire. Sorprendentemente, in questo caso il ritmo resta invariato. Si può quindi fissare la molla al righello e bloccare questo con dei pesi su un piano o sulla parte alta della lavagna. Si assicura la scatola in modo da realizzare una specie di bilancia a molla e si sceglie un numero di spire tale da far rientrare la scatola oscillante all’interno della parte utile della lavagna. In questo secondo esperimento si varia il numero di monetine da uno o due centesimi, o altri oggetti uguali di peso analogo, che si introducono nella scatola, e si segna la posizione della scatola col gessetto ad ogni aggiunta successiva. La variabile peso risulta così correlata positivamente alla variabile lunghezza (o meglio allungamento). Il dispositivo a molla può essere usato per far indovinare il numero di oggetti nella scatola.
I bambini osservano delle “catapulte”, realizzate con delle mollette di legno da bucato montate su dei cunei di legno, per individuarne le variabili. Tali catapulte differiscono per la lunghezza del braccio di lancio, per l’angolo di apertura e per l’altezza da terra dei cunei. In alternativa si possono rendere variabili questi parametri su una stessa catapulta, a disposizione per ciascun gruppo di bambini. Un’altra variabile sarebbe la dimensione della pallina da lanciare, ma dovranno essere i bambini stessi a stabilire che tutte le prove di gittata si dovranno effettuare con la stessa pallina per ragioni di equità. In questo esperimento si possono introdurre anche i concetti di variabili indipendenti (variabili costruttive delle catapulte, peso della palla da lanciare) e di variabile dipendente (gittata). Quando i bambini avranno ipotizzato quali variabili hanno maggior rilevanza sulla gittata, e stabilito quale catapulta dovrebbe effettuare i lanci più lunghi, potranno effettuare la gara tra le stesse catapulte o tra i gruppi per avere conferma diretta delle loro ipotesi.
Materiale: fili di nylon di due diverse lunghezze (es. 50 – 100 cm); piombi da pesca da 10 e da 20 g; orologio o cronometro.
Le variabili in input sono: lunghezza, peso e ampiezza delle oscillazioni. Le variabili in uscita il ritmo delle oscillazioni, ottenibile per esempio contando il numero di oscillazioni in trenta secondi.
I bambini dovranno effettuare tali misure del ritmo, o frequenza, di oscillazione, fissando i pesi ai fili e ponendoli in oscillazione sorreggendoli a un’estremità. Con prove comparative in doppio (stessa lunghezza e ampiezza e diversa massa, stessa massa e ampiezza e diversa lunghezza, stessa massa e lunghezza, ma diversa ampiezza), stabiliranno che il ritmo è correlato in modo inverso alla lunghezza. Effettuando le prove comparative con i due pendoli che oscillano contemporaneamente non sarà necessario controllare il tempo, ma basterà vedere quale pendolo ritarda o se le oscillazioni sono sincrone.
Materiale: paglietta di ferro (tipo grigio scuro); tubi di plastica o vetro trasparenti di due lunghezze diverse ma con medesima sezione (es. provette o tubi sigillati a un’estremità con silicone); aceto, sale. Pinze per sostenere i tubi. Pennarello indelebile. Opzionale: bilancia al grammo per pesare quantità circa uguali di paglia di ferro.
Si incastra un pezzo di paglia di ferro sul fondo dei tubi aventi dimensioni variabili e si capovolgono gli stessi tubi in bicchieri con due dita d’acqua (imboccatura in basso, ferro in alto). Inizialmente si segna il livello raggiunto dall’acqua all’interno del tubo, con pennarello indelebile. La paglia di ferro può essere bagnata con sola acqua, con aceto o con acqua e sale (sono queste altre variabili, in aggiunta alla lunghezza del tubo). Si misura a distanza di ore l’innalzamento dell’acqua all’interno dei tubi, causato dal consumo di aria da parte del ferro, che diviene marroncino in alcuni punti. La velocità di arrugginimento è valutata in base alla rapidità della crescita del livello dell’acqua all’interno dei tubi. La crescita maggiore si ha bagnando il ferro con aceto e sale. Se non si mette neppure acqua, la trasformazione richiede diversi giorni. La trasformazione si arresta quando è stato consumato tutto l’ossigeno e l’acqua è salita fino a circa un quinto dell’altezza del tubo, in proporzione al contenuto di ossigeno dell’aria (21%). Le altezze raggiunte in ogni provetta si possono riportare in un grafico.
Per altre esperienze vedere su http://members.xoom.it/SuperSeT/ alle parole chiave misura e correlazione.
Concetti chiave: Energia, Modello
Le attività relative ai concetti di Energia e di Modello possono essere collocate flessibilmente in un percorso che parte dalla quarta elementare e arriva alla scuola media, selezionandole in base al loro livello di complessità.
Il concetto fisico di energia non può essere definito accuratamente a livello di scuola primaria, ma il suo uso, nella vita quotidiana e nelle scienze, è talmente diffuso, che deve essere incluso tra i concetti chiave. Ci sono diversi aspetti connessi a tale concetto che possono essere ben compresi e applicati correttamente dai bambini e dall’insegnante, senza rischiare di commettere errori o di creare misconcezioni, pertanto l’energia assolve al ruolo di organizzatore mentale per l’alfabetizzazione scientifica. Gli aspetti fondamentali dell’energia adatti alla scuola primaria sono riassunti nella seguente mappa concettuale, che ci dice innanzitutto che l’energia non ha peso, non è un fluido né un materiale.
Vediamo poi che i sistemi possiedono varie forme di energia e la scambiano tramite lavoro o calore. Pertanto, il calore e il lavoro non sono forme di energia, come comunemente si insegna, ma quantità di energia trasferita con date modalità (il calore a causa di differenze di temperatura e il lavoro a causa di forze non equilibrate). Quindi un sistema può essere caldo (cioè essere a temperatura elevata) ma non può “possedere calore”. Il calore è definito per un processo di “travaso” di energia che avviene nel tempo e non per un sistema “fermo” nel suo stato. Le forme di energia che un sistema può possedere sono innumerevoli (la mappa mostra solo alcuni esempi comuni), ma tutte sono costituite da due componenti universali: energia cinetica (posseduta dai corpi in movimento) ed energia potenziale (energia accumulata, in forma più o meno provvisoria, all’interno di sistemi capaci di modificare la propria struttura). L’ energia interna di un sistema è la somma di tutte le varie forme di energia da esso possedute. L’energia viene spesso classificata in base alle diverse fonti, o sorgenti (muscolare, solare, chimica, elettrica, nucleare, eolica, sonora, ecc.). Ogni sorgente segna la fase iniziale della catena energetica, altro concetto fondamentale. L’energia fornita o prodotta dalla sorgente è in genere trasmessa, attraverso un mezzo, ad un sistema che deve utilizzare tale energia (utilizzatore). Il sistema utilizzatore in genere trasforma l’energia in altre forme utili, che ne consentono l’utilizzo. Durante la trasmissione e l’utilizzo, l’energia si degrada, ovvero si disperde in altre forme senza però mai distruggersi. La catena si conclude con tale fase di dispersione a forme di energia inutilizzabili. Tutti i processi di interazione e trasformazione dell’energia comportano una parziale dissipazione di energia. Per comprendere come l’energia possa cambiare forma il prerequisito è il concetto di conservazione. Questo concetto non può essere affrontato in termini quantitativi se non a partire dalla scuola media. Alle elementari il concetto di conservazione si può solo inquadrare, ad esempio, col semplice esempio della bolletta dell’ENEL, dove si paga l’energia in base alla quantità totale assorbita, indipendentemente dagli utilizzi che se ne fanno e che possono essere i più diversi. Anche l’analogia delle forme di ricchezza totale (risparmi, immobili, liquidi ecc.), che possono essere convertite senza modificare l’ammontare totale, può aiutare a comprendere la conservazione nelle “transazioni” tra le varie forme di energia.
La mappa concettuale della figura è reperibile in rete al seguente collegamento internet ; da essa si accede a dei testi di approfondimento a carattere divulgativo (di Albert Einstein) e ad una mappa concettuale esperta che tratta specificamente del concetto di calore, qui di seguito riportata come immagine, alla quale si farà riferimento nelle esperienze sui concetto di calore e temperatura.
In sintesi l’idea di energia che gli allievi possono ricavare, al livello della primaria, è che essa “misuri” la capacità di provocare trasformazioni nei sistemi. Le virgolette indicano che non esiste, praticamente, uno strumento che misura direttamente l’energia, analogo a un termometro per la misura della temperatura. Alcune esperienze proposte per le medie prevedono una determinazione indiretta dell’energia in joule o in calorie tramite misure di variazioni di temperatura. Tutte le altre esperienze sono qualitative. In questa forma, il concetto di energia è un’estensione di quello di interazione: non c’è trasferimento di energia tra due sistemi senza interazione, e non c’è interazione che non comporti scambio energetico. Tra le attività proposte ce ne sono alcune che evidenziano le interazioni a distanza e il trasferimento di energia ad esse associato.
Esplorazione sul concetto di energia
I gruppi hanno a disposizione: pila piatta da 4,5 V, lampadina, motorino elettrico con ventilatore, collegato ad una lampadina LED; trottola; automobilina con carica a molla o a volano; Jo-Jo; dischetto bimetallico “saltatore”, palla “matta”; Gli allievi hanno la consegna di produrre delle interazioni con gli oggetti assegnati e di scrivere tutte le evidenze sul quaderno.
Un’interazioni non ovvia è quella con il motorino elettrico attaccato al ventilatore e collegato alla lampadina LED. Soffiando con forza sulla ventola questa si pone in rotazione e si accende la lampadina per un istante, purché sia collegata con la giusta polarità. Se non dovesse illuminarsi invertire le polarità o il senso di rotazione dell’elica. Sia nel caso dello jo-jo, che della palla matta, l’interazione avviene nel brevissimo intervallo di tempo in cui i due oggetti si fermano nel punto più in basso, prima di risalire.
L’insegnante scrive alla lavagna tutte le evidenze delle interazioni, rilevate dai gruppi durante l’esplorazione. In tutti i fenomeni di interazione esplorati c’è una sorgente, un trasferimento, un utilizzo, una degradazione. La causa di queste trasformazioni, che si trasferisce nelle interazioni, da un sotto-sistema all’altro, è chiamata energia. Per illustrare la catena energetica l’insegnante riordina le osservazioni dei gruppi di lavoro, chiedendo loro di precisare, caso per caso, quale può essere la sorgente, il mezzo di trasmissione o trasporto, quale l’utilizzatore e in quali forme si manifesta la degradazione dell’energia. Per rinforzare il concetto l’insegnante apre un fermaglio e lo piega ripetutamente. Gli allievi ripeteranno l’esperimento e sentiranno sulle labbra che il fermaglio si è riscaldato. Nell’interazione con le mani si è trasferita energia al fermaglio. L’aumento di temperatura testimonia che l’energia interna del fermaglio è aumentata. Dopo pochi secondi il fermaglio non sarà più caldo perché l’energia si trasferirà all’aria che lo circonda, disperdendosi.
Si chiede agli allievi di portare ulteriori esempi di forme di energia e di trasformazioni di energia. Per esempio:
- Qual è la sorgente di energia che fa muovere l'automobile?
- Qual è la sorgente energetica del "motore" uomo?
- Elenca altre sorgenti di energia a te note.
- Quali sono le sorgenti di energia per cuocere i cibi?
1. Come puoi osservare il trasferimento di energia lungo una barra di metallo, usando una sorgente di calore e una candela?
Il materiale per questa esperienza può essere manipolato solo dall’insegnante, dopo aver discusso le varie ipotesi di soluzione con la classe. Occorre una lamina di metallo (es righello di alluminio), o un filo metallico rigido, di almeno 20 cm, una candela; un sostegno per attaccare la lamina o il filo orizzontalmente, una candelina tagliata a fettine.
Si predispongono dei cubetti di cera fondendoli parzialmente e poi lasciandoli raffreddare a distanze regolari (circa 2 cm) sulla barra metallica. Se si usa il filo si infilano delle “fette” di candela a mo’ di spiedino. Si blocca il filo o la barra orizzontalmente con un sostegno (la barra con i pezzi di cera rivolti verso il basso) e si inizia a riscaldare l’estremità opposta con una candela, avviando contemporaneamente il cronometro. Si annotano i tempi successivi a cui avviene la caduta dei pezzi di cera. Si può costruire una tabella delle distanze e dei tempi di fusione, o un grafico in coordinate rettangolari, con il tempo sull’asse orizzontale e la distanza dalla fiamma sull’asse verticale. Gli intervalli di tempo tra una caduta e l’altra non risulteranno costanti, ma sempre crescenti. Domande:
- Da quali parti è
formato il sistema?
- Qual è la sorgente di energia?
- Quali sono le forme di energia emessa? Dove si propagano?
- Quale sottosistema utilizza l'energia trasferita?
- Quale parte del sistema trasporta l'energia più rapidamente?
- Che differenze ci sono tra la fusione del ghiaccio e quella della
cera?
2. Se versiamo in un bicchiere di acqua alcuni cubetti di ghiaccio posti in un sacchetto di plastica, come varia la temperatura?
Per l’esperimento occorrono un bicchiere, un termometro ad alcool, alcuni cubetti di ghiaccio in un sacchetto.
Gli allievi dovranno misurare la temperatura dell'acqua e ghiaccio, ogni minuto, e annotarla sul quaderno. Quando il ghiaccio sarà completamente fuso, si costruisce l'istogramma con i dati delle temperature. Se gli allievi hanno acquisito abbastanza confidenza con le coordinate rettangolari (gioco della battaglia navale) potranno realizzare un grafico in tali coordinate, ponendo sull’asse orizzontale la variabile tempo (1, 2, 3… minuti) e sull’asse verticale le temperature (0, 1, 2, 3…25 °C). I punti saranno collegati da una linea curva più “liscia” possibile. Consigliamo questa seconda soluzione per preparare gli allievi allo studio delle correlazioni tra coppie di variabili.
Questo semplice esperimento ci consente anche di chiarire alcuni errori concettuali assai diffusi.
Primo errore - Il ghiaccio fonde e non si scioglie, come erroneamente si dice nel linguaggio comune. Tutti i solidi, come il ghiaccio, il burro, la neve, il cioccolato, i diversi metalli, se convenientemente riscaldati, fondono. E' sbagliato dire che si sciolgono. Non è elegante, ma è più corretto dire che si squagliano. L'insegnante farà bene a chiedere agli allievi di usare correttamente il termine di fusione, per i solidi che passano allo stato liquido, a causa di un aumento di temperatura. Diversa invece è la situazione dei solidi, come il sale e lo zucchero, che si sciolgono in acqua, cioè in un solvente.
Secondo errore - Gli oggetti, i corpi o i sistemi contengono (posseggono) energia interna ma non calore. Quando due oggetti, a diversa temperatura, si mettono in contatto, il calore è l'energia che si trasferisce dall'oggetto a temperatura più alta all'altro, che ha una temperatura più bassa. Perciò il calore corrisponde alla quantità complessiva di energia in transito dall'oggetto più caldo a quello a temperatura più bassa. Gli oggetti hanno una temperatura e hanno energia, ma non hanno calore.
Terzo errore - Spesso si tende a identificare la temperatura con l'energia interna dell'oggetto. Temperatura ed energia interna non sono la stessa cosa. Se un oggetto ha una temperatura più elevata di un secondo oggetto, non si può affermare con certezza che il primo abbia un'energia superiore. Prendiamo, per esempio, una tazzina di caffè bollente (circa 100°C) e confrontiamo la sua energia interna con quella dell'acqua a 36°C, contenuta in una vasca da bagno. Sicuramente la vasca, che contiene una massa d'acqua molto più elevata della tazzina di caffè, avrà un’energia termica più elevata. È pur vero che l'aumento di temperatura di un determinato oggetto testimonia che l'energia termica è cresciuta (vedi problema n. 15).
3. Quale materiale tra quelli assegnati permette il miglior trasferimento di calore?
Il materiale occorrente, per ogni gruppo, è: acqua calda o fredda; un bicchiere di polistirolo espanso, uno di plastica, una lattina d'alluminio. Termometri. Foglio di alluminio. Gli allievi devono aver già effettuato il precedente esperimento per avere un’idea di come si seguono le variazioni di temperatura.
Si distribuisce la stessa quantità di acqua calda (o fredda) nei tre recipienti e si legge la temperatura a intervalli di tre minuti. Riportare il tempo sull'asse orizzontale e la temperatura su quello verticale. Confrontare le tre curve di raffreddamento o di riscaldamento. Gli allievi disegnano schematicamente i bicchieri e delle frecce che rappresentano la direzione del flusso di energia; quindi rispondo a domande del tipo:
- Quali sono i sotto-sistemi
che interagiscono?
- In che cosa differiscono i materiali dei tre recipienti?
- Come può essere chiamata questa proprietà? (Conducibilità termica, analogo
della c. elettrica)
- Cosa si può fare per accelerare al massimo il trasferimento di calore?
4. Quale tipo di superficie assorbe maggiormente l’energia luminosa?
L’insegnante ha preparato in precedenza due lamine metalliche di rame o alluminio, una normale e una completamente annerita con il fumo di una candela. Poiché sarà necessario utilizzare una fonte di luce, l’esperimento non potrà essere effettuato da ogni gruppo. La fonte di luce può essere una lampadina da almeno 60 W. Le due lamine e il vetro o lo specchio, possono essere messi sul fondo dei bicchieri, che serviranno anche per sostenere il termometro, che si appoggerà col bulbo sulla lamina. Per questo esperimento è preferibile utilizzare un termometro digitale, il cui display potrà essere seguito da tutta la classe. Conviene lasciare la lampada fissa e spostare i bicchieri sotto di essa, tenendoceli per un tempo fisso e osservando l’aumento di temperatura. La lampada deve essere il più possibile vicina all’orlo del bicchiere, ma esterna ad esso.
Dopo circa un minuto di esposizione alla luce, si riscontrerà una netta differenza di temperatura anche solo appoggiando sulla mano le lamine e il vetro. Il risultato è identico anche se si ricoprono i bicchieri con una lastra di vetro, ma non se si ricopre la lampadina con un foglio di alluminio (v. domande successive); questo dimostra che è la luce e non l’aria calda che trasporta l’energia. Gli allievi registreranno tutte le osservazioni e risponderanno alle seguenti domande:
Quali sono i sotto-sistemi che
interagiscono?
Come può avvenire l’interazione senza contatto?
Qual è il mezzo di trasporto dell’energia?
Cosa accade se si coprono le lastre con una lastra di vetro?
Cosa accade se si avvolge la lampada con un foglio di alluminio?
C’è aria nello spazio tra Sole e Terra? E se il foglio di alluminio si appoggia
sulle due lamine?
Le lamine ricevono quantità uguali o diverse di energia?
Perché la lamina scura assorbe più energia?
4. Due recipienti contengono acqua a temperature diverse, se mescoliamo due quantità uguali d'acqua, qual è la temperatura finale?
Dopo aver discusso le ipotesi di lavoro e precisato le variabili da misurare, gli allievi dei vari gruppi preleveranno in due bicchieri di polistirolo quantità uguali di acqua calda e di acqua fredda da due brocche d'acqua preparate dall’insegnante. Ciascun gruppo disporrà inoltre di un termometro, col quale misurerà le temperature iniziali e quella finale, risultante dal mescolamento. Se le quantità di acqua miscelate erano uguali, la temperatura dovrà risultare intermedia a quelle di partenza. Quindi si apre il dibattito con opportune domande dell’insegnante:
- Perché la temperatura dell'acqua calda si è abbassata? C'è stato trasferimento di energia?
- Perché la temperatura dell'acqua fredda si è innalzata? C'è stato trasferimento di energia?
L'insegnante farà vedere dalla
cattedra, chiamando un allievo per volta, che mescolando quantitativi diversi di
acqua si ottengono temperature diverse da quella intermedia. Per esempio, se la
quantità d'acqua calda è maggiore, la temperatura finale sarà vicina a quella
dell'acqua calda.
6. Come si può riconoscere una pila carica da una scarica? Per risolvere questo problema non puoi usare la lampadina.
Quest’esperienza offre l’opportunità di introdurre il concetto di energia potenziale, che verrà utilizzato anche in future esperienze. L’energia potenziale è energia “congelata” o in “deposito”, che non provoca effetti per tempi indeterminati, finché non si innesca un’interazione di qualche tipo. Le due batterie, apparentemente identiche, differiscono per il contenuto di energia potenziale. Il vassoio di ciascun gruppo dovrà contenere: due pile da 4,5 V, una nuova e una completamente scarica. Filo di rame, bussola, bicchiere con acqua e sale.
Collegando per pochi secondi i due poli della pila carica si avranno diversi effetti: il filo si riscalda, l'ago della bussola posta nelle vicinanze subisce una deviazione. È importante evidenziare la propagazione a distanza dell'interazione. Bagnando le lamine della pila capovolta sull'acqua salata, si osserverà il formarsi di bollicine. Domande:
- dove si trova l'energia prima
di passare nel circuito?
- quali sono le evidenze del trasporto di energia elettrica all'interno del filo
di rame?
- quali proprietà ha il filo di rame che non è posseduta da un semplice spago?
- in cosa si trasforma l'energia elettrica nel suo fluire? Rimane confinata nel
filo?
- quali forme di energia hai ottenuto nelle tue esperienze?
7. Qual è la massima temperatura che riesci a raggiungere con “polvere riscaldina” e acqua?
I gruppi disporranno di un vassoio con un bicchiere di cloruro di calcio anidro (sacchetti del ricambio per deumidificatori, sigillare dopo l’uso, altrimenti il prodotto non sarà più efficace in seguito), un cucchiaio, un bicchiere d’acqua, un contagocce, un bicchiere di polistirolo da caffè e un termometro.
Gli allievi potranno variare le dosi di polvere “riscaldina” e acqua, registrandole accuratamente e misurando ogni volta l’aumento massimo di temperatura. Se sceglieranno di usare il bicchiere di polistirolo otterranno incrementi maggiori di temperatura. Gli allievi devono sapere che l’energia non si può creare, e che quindi prima di sviluppare calore doveva esserci dell’energia potenziale nei materiali (sottosistemi) uniti. Pertanto si rivolgono loro le seguenti domande:
- quali sono le parti del
sistema che interagiscono?
- da dove scaturisce il calore? Quale tipo di energia era contenuta nel solido e
nell’acqua?
Si chiederà quindi: - Quali
evidenze ci sono dell’interazione del gesso in polvere?
- Il sistema contiene ancora la stessa energia potenziale che aveva all’inizio
dell’esperimento?
- Dov’è finita l’energia prodotta?
- Il peso del sistema alla fine dell’esperimento sarà minore, maggiore o uguale
a quello della polvere e dell’acqua uniti? (Se il sistema è aperto il peso
diminuisce di qualche grammo perché parte dell’acqua evapora).
L’energia chimica è quella che si può ottenere dall’interazione di materiali.
Esempi: legno + aria e benzina più aria.
8. Con le lamine di rame e di alluminio e carta assorbente costruisci una pila capace di far accendere la lampadina.
Anche in questo caso si assisterà alla trasformazione di energia potenziale in altre forme “attive” di energia. Ovviamente dovrà essere l’insegnante a illustrare la corretta disposizione delle lamine dopo averla provata personalmente. Ogni gruppo dispone di una dozzina di lamine piatte di rame (va bene anche quello delle grondaie) e altrettante di foglio d'alluminio per alimenti, di dimensioni uguali (per esempio 2x3 cm). Carta assorbente da cucina ripiegata; bicchiere con aceto e sale. Vassoio di plastica o legno. Lampadina LED. L’insegnante ha a disposizione una batteria da 9V scarica con l’involucro aperto. La successione rame/alluminio/carta inumidita può essere stratificata più facilmente in orizzontale, così che gli strati siano ben separati. Dopo 4 - 5 elementi ripetuti si superano già i 2 volt, sufficienti per far accendere il diodo LED (le correnti in gioco sono troppo piccole per far illuminare una lampadina a incandescenza). È importante che i tamponi imbevuti di acqua salata e aceto non si tocchino l'uno con l'altro e che non lascino fuoriuscire liquido in eccesso. Il polo positivo del diodo LED, riconoscibile per il piedino più lungo, deve essere collegato al polo di rame.
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L’immagine di sinistra mostra come si possa fare una pila grande come l’intera
classe: tra ogni due bambini adiacenti il contatto è formato da un pezzo di
alluminio sovrapposto ad uno di rame, tenuti fermi al centro da un fermaglio. I
bambini si inumidiscono i polpastrelli del pollice e dell’indice delle due mani
con l’acqua salata, quindi si mettono in contatto tenendo tutti il rame con la
sinistra e l’alluminio con la destra (o viceversa). Alle due estremità della
catena si misurerà un voltaggio tanto più elevato quanto maggiore è il numero
dei bambini e delle coppie metalliche. Nell’esperienza in figura i bambini hanno
costruito vari tipi di “pile umane” a tentativi, cambiando di volta in volta il
modo di alternare lamine di rame e alluminio, ottenendo sempre voltaggi
inferiori a 1 V, tranne nel caso della combinazione descritta, che poi è stata
ricostruita sul tavolo (sostituendo i bambini con pezzi di carta assorbente
inumiditi con acqua salata).
Domande: Da quali sottosistemi è formato il generatore di energia elettrica? Quali sono le trasformazioni osservate dopo un funzionamento prolungato? Come varia la luce della lampadina se si utilizza un minor numero di elementi? Se si chiude il circuito della pila mettendo a contatto la prima e l'ultima lamina, si accenderà la lampadina? L'elettricità passerà ugualmente o no? Come si può accertare se la corrente passa o meno? In quale forma si trova l'energia prima di chiudere il circuito con la lampadina?
9. Le celle fotovoltaiche convertono l'energia luminosa in energia elettrica. Realizza un circuito capace di azionare un motore elettrico.
Ad ogni gruppo assegnare: cella fotovoltaica; motorino elettrico; filo elettrico e nastro adesivo, piccoli oggetti da sollevare (viti, dadi), dischi a settori colorati stampati su cartoncino, da ritagliare. Portare in classe una lavagna luminosa o una lampada da 60 W, nel caso dovesse scarseggiare la luce solare.
In questa attività si ha una
tripla trasformazione dell'energia: da luminosa a potenziale (quando il circuito
della cella fotovoltaica è aperto), da potenziale a elettrica e da elettrica a
cinetica. Vanno evidenziate anche altre forme: sonora (il rumore prodotto dal
motore) e termica (il motorino si riscalda). Praticamente si ha una vera e
propria catena energetica. L'energia luminosa non si affievolisce con la
distanza dalla sorgente: l'energia totale è la stessa a qualunque distanza ci si
ponga, ma essa si distribuisce su una superficie sempre più ampia, quindi sempre
minore è la frazione catturata dalla cella fotovoltaica. Ci sono numerose
domande che possono scaturire da questa eccitante esperienza. Per esempio:
Come si fa a variare la velocità di rotazione del motore? Qual è la distanza
massima dalla lampada alla quale il motore riesce a girare? Come si può fare per
far aumentare questa distanza? Perché diminuisce la velocità del motorino
allontanando la sorgente di luce? Quali organismi viventi riescono a trasformare
l'energia luminosa in energia potenziale? Tutta l'energia luminosa si trasforma
in energia cinetica? Puoi usare il motore per sollevare piccoli oggetti?
Schematizza la catena energetica in ogni caso.
Le esperienze che seguono hanno carattere quantitativo e quindi sono idonee per il livello della scuola media. Esse prevedono l’introduzione delle unità di misura dell’energia più usate: il joule (J) e la caloria (cal). Per acquisire confidenza con tali unità si possono utilizzare le etichette degli ingredienti dei prodotti alimentari, che spesso riportano il contenuto energetico dei cibi in entrambe le unità. Avendo a disposizione diverse di queste etichette si potrà calcolare il rapporto joule/calorie, che risulterà pari a circa 4,2. È importante che gli allievi imparino bene il significato di caloria (anche se quest’unità di misura risulta abolita in tutta Europa dal 1° gennaio 2000, con DPR 802/1982):
la caloria è l’energia occorrente per riscaldare un grammo d’acqua di un grado centigrado.
Negli esperimenti seguenti, in cui avverrà l’emissione o l’assorbimento di calore, basterà conoscere la quantità di acqua (in grammi o in millilitri) posta in un bicchiere isolato di polistirolo espanso e la variazione di temperatura da essa subita, per calcolare l’energia transitata in calorie. Le calorie complessive saranno ottenibili dalla moltiplicazione “tutti i grammi di acqua x tutti i gradi di aumento di temperatura di ciascun grammo”. Forniamo l’espressione per il calcolo in questa forma verbale con l’intento deliberato di evitare che gli allievi inizino a memorizzare formule, senza capirne il significato, fin dalle medie. Se si vuole evitare l’uso della caloria, si può fornire il seguente dato:
per aumentare di un grado la temperatura di un grammo d’acqua occorrono 4,2 joule di energia.
Un’altra unità di misura
correlata con l’energia, e utilizzata nella vita di tutti i giorni è il watt
(W). Esso misura la velocità di utilizzo dell’energia (potenza), in joule al
secondo. Una lampadina a incandescenza da 40 W assorbe un’energia di 40 joule
per ogni secondo di funzionamento. Una macchina molto potente trasforma molta
energia ogni secondo (si parla di kilowatt, cioè migliaia di joule al secondo).
Il corpo umano in normale attività consuma circa dieci milioni di joule al
giorno (tanto è l’apporto energetico di 2500 kcal). Dato che in un giorno ci
sono 86400 secondi, il consumo medio è di circa 120 joule al secondo, cioè 120
watt. L’energia ha un costo. Nella bolletta ENEL, si pagano mediamente intorno a
30 centesimi di euro ogni 1000 kilojoule (circa 0,1 € al kilowattora). Il costo
dell’energia dalla combustione della benzina è di circa 4 eurocent ogni 1000
kilojoule, quindi inferiore, ma occorre considerare che se si vuole convertire
l’energia della combustione in energia elettrica, con un “generatore”, i
rendimenti sono molto bassi, dell’ordine del 20 %, senza considerare il rumore e
l’inquinamento prodotti in prossimità dell’utilizzatore. Queste considerazioni e
la regolarità dell’erogazione elettrica ci dissuadono dall’utilizzo della
benzina in casi normali.
9. Esistono in commercio dei bicchieri di cioccolato autoriscaldanti. Quanto calore si trasferisce all’alimento contenuto in questi bicchieri?
Gli allievi dispongono di un bicchiere “Ciobar”, di un termometro ad alcol e di un cilindro graduato da 50 mL (facoltativo, dato che il volume di prodotto è indicato nell’etichetta).
Non conviene svelare il meccanismo di funzionamento del bicchiere se non è stata ancora svolta l’esperienza in cui lo si utilizza per costruirne il modello di funzionamento. Le ipotesi sono comunque ben accette. Per informazione dell’insegnante, tale bicchiere contiene alla base un serbatoio 40 mL di acqua distillata, separati da un’intercapedine di alluminio dall’involucro esterno con scaglie e polvere di cloruro di calcio perfettamente anidro. Premendo sul fondo si rompe la membrana e la soluzione acqua CaCl2 raggiunge i 110 °C. Date le perdite e la distribuzione interna dell’energia, il prodotto da consumare, che non viene a contatto con la soluzione calda, raggiunge circa 50 °C.
Un secondo motivo per non effettuare l’esperimento con i componenti separati è quindi che il termometro ad alcol non può misurare temperature superiori a 60 °C. Il terzo motivo è che, lasciando intatto l’involucro, i ragazzi potranno degustare il prodotto dopo l’esperimento!
Per questa esperienza occorre pianificare bene la procedura da seguire, stabilire cosa misurare e quando farlo. L’insegnate potrà usare un barattolo extra per far vedere agli allievi come funziona.
Una soluzione possibile è la seguente: misurare la temperatura esterna, supposta uguale a quella del prodotto. Attivare il meccanismo di riscaldamento, girare una decina di volte, aprire la pellicola e misurare la massima temperatura raggiunta all’interno della massa di cioccolato. Quindi misurare il volume del prodotto. Per il calcolo del calore non si compie un grande errore considerando il liquido come se fosse acqua: 4,2 joule per grammo o mL e per grado centigrado. Il calore si calcola moltiplicando l’incremento di temperatura in gradi per il volume del prodotto in millilitri e per 4,2 se si vogliono i joule. Si può anche sostituire il cioccolato con acqua e ripetere l’esperimento in un nuovo bicchiere per confermare.
Il problema n.7 di quest’unità può essere trasformato in termini quantitativi.
12. Quanto calore occorre per fondere un grammo di ghiaccio?
L’insegnante predispone una bilancia da cucina con precisione al grammo, una scatola di cubetti di ghiaccio. Ogni gruppo di allievi dispone di un vassoio con: bicchiere di polistirolo espanso con tappo, termometro ad alcool, cilindro graduato.
La soluzione più semplice consiste nel misurare l’abbassamento di temperatura, prodotto dalla fusione del ghiaccio in un bicchiere (calorimetro) isolato con un certo volume d’acqua. Gli allievi devono progettare l’esperimento in modo da accelerare la fusione del ghiaccio, per minimizzare le perdite di calore, e riuscire a leggere la temperatura minima raggiunta. Se i cubetti di ghiaccio pesano più di 5-6 grammi conviene usare 100 mL di acqua. Altrimenti 50 mL sono sufficienti. Moltiplicando i grammi d’acqua (comprensivi del ghiaccio) per la variazione di temperatura, si ottengono le calorie richieste per la fusione. Dividendo tale dato per il peso del ghiaccio fuso si ricava il valore specifico per ogni grammo di ghiaccio. Ogni grammo di ghiaccio assorbe 333 joule di energia per la fusione.
13. Quanta energia solare colpisce ogni cm2 di suolo al minuto?
Prima di discutere le ipotesi di lavoro, ricordare il problema n° 4, in cui il metallo annerito era quello maggiormente capace di assorbire l’energia radiante. Il problema può essere reso analogo ai precedenti, ponendo una lamina circolare di rame od ottone, annerita, sul fondo del bicchiere di polistirolo con un volume noto di acqua (5-10 mL). La luce solare può essere diretta perpendicolarmente, verso il fondo del bicchiere, con uno specchio. Si misura la temperatura iniziale e poi ogni 5 minuti dall’inizio del riscaldamento. Una volta determinata l’energia, in calorie o in joule, assorbita dall’acqua ogni minuto, come nei problemi precedenti, si deve dividere per l’area in cm2 del disco nero, per avere l’energia al minuto e al centimetro quadrato. La radiazione solare incidente al suolo, alle nostre latitudini, nelle ore diurne va da un minimo di 0,035 watt/cm2 nel mese di dicembre-gennaio, a un massimo di 0,14 watt/cm2 in giugno – luglio. Con un rapido calcolo si trova che questa energia, sul fondo di un bicchiere da 4 cm di diametro, equivale a 6 - 25 calorie al minuto, capaci di riscaldare 10 ml d’acqua da un minimo di 0,6 °C/min a un massimo di 2,5 °C/min. I valori trovati con l’apparato sperimentale qui descritto rientrano, in effetti, in quest’intervallo (es. da 20 a 25 °C in 5 minuti, in aprile, con lo specchio).
I pannelli solari per la produzione d’acqua calda sfruttano lo stesso fenomeno evidenziato dall’esperimento.
14. Quanti watt (joule al secondo) di energia puoi trasferire dalla batteria all’acqua?
Ogni gruppo di lavoro ha a disposizione un filo al nichel cromo di 0,5 mm di sezione e 50 cm di lunghezza. Due fili di rame, una pila piatta da 4,5 V carica, un bicchiere di polistirolo espanso e un termometro. Arrotolando il filo al Ni-Cr a spirale con una matita, si costruisce una resistenza elettrica che, collegata con i capi liberi ai fili e ai due poli della batteria, si riscalderà, e potrà essere immersa a mo’ di scaldabagno in circa 20 mL di acqua. Analogamente alle esperienze precedenti, gli allievi devono preparare il dispositivo, praticare due buchi per far passare i fili dal tappo e un buco per il termometro, leggere la temperatura iniziale, avviare il cronometro nel momento stesso in cui si collegano i due fili alla pila, e leggere la temperatura a intervalli di un minuto, per circa cinque minuti, agitando di tanto in tanto. Se l’incremento di temperatura non si mantiene approssimativamente costante per almeno cinque minuti, usare un filo al Ni-Cr da un metro. Gli aumenti di temperatura vanno da 1 °C a 3°C al minuto in 20 mL di acqua, a seconda del tipo di batteria e del suo stato di carica. Per il calcolo, come al solito, si moltiplicano i mL d’acqua per l’aumento di temperatura, ricavandone le calorie. Moltiplicando per 4,2 si hanno i joule che, divisi per i secondi trascorsi, danno la potenza della pila in watt, cioè in joule al secondo. La potenza erogata da una batteria da 4,5 V, per tempi superiori al minuto, è di 1,5 – 3 watt.
15. Quanta energia è contenuta in una noce?
L’esperienza dovrebbe essere preceduta da un esame dei valori energetici riportati nelle confezioni. Da essi si può ricavare il fattore 4,2 per la conversione da calorie a joule e l’informazione che i grassi (contenuti nella noce per circa il 40%) sono capaci di liberare più energia, al grammo, degli altri principi alimentari.
Si parte da un quarto di gheriglio di noce infilzato su di un sostegno ricavato da un fermaglio, del quale si piega un’estremità verso l’alto, in modo che la parte restante funga da base. Occorre poi un barattolo di latta senza fondo, alla base del quale siano stati fatti dei fori (dall’esterno verso l’interno) dai quali dovrà entrare l’aria e in cima al quale si saranno ricavati dei tagli verticali di circa un centimetro e a intervalli di circa un centimetro, lungo tutto il diametro. Si formeranno così delle lamelle, lungo il bordo in alto del barattolo, che saranno tutte piegate verso l’esterno di circa 45 °. Dalle aperture delle lamelle dovranno uscire i fumi della combustione. Se questo non dovesse accadere la fiamma si spegnerebbe. Occorre infine una casseruola di alluminio con la base abbastanza larga da poter essere poggiata sul barattolo, contenente una ben precisa quantità d’acqua (100 mL) e un termometro. Le operazioni da eseguire sono le seguenti:
Pesare la noce, misurare la quantità d’acqua (un decilitro) e la temperatura iniziale dell’acqua.
incendiare la noce con un accendino e coprirla immediatamente con il barattolo e con la casseruola contenete l’acqua.
Aspettare che la noce smetta di bruciare quindi misurare la massima temperatura raggiunta dall’acqua. Arieggiare l’aula alla fine dell’esperimento.
Dall’aumento di temperatura, moltiplicandolo per 100 g e per 4,2 J/g, si ricava l’energia in joule prodotta dalla noce. Tale energia è identica a quella disponibile per l’organismo se si assume la stessa noce come alimento. La parte restante del gheriglio può essere usata per ripetere l’esperienza, anche con diverse quantità d’acqua (cambierebbe il calore trasferito con una diversa quantità d’acqua?) e per mostrare come esso contenga un materiale oleoso, semplicemente appoggiandola su un foglio di carta (L’apporto nutritivo della noce deriva prevalentemente da lipidi, zuccheri o proteine?)
L’esperimento costituisce un’ottima occasione per affrontare problemi relativi al calcolo, alle trasformazioni dell’energia, all’alimentazione, ma non può essere considerato un metodo valido per determinare il potere calorico della noce o dell’olio in essa contenuto, a causa delle perdite di energia nei fumi e dalla bacinella verso l’aria esterna. Per limitare la perdita si può a) coprire la casseruola con un piano di polistirolo che, con un foro al centro, può anche fungere da sostegno del termometro, b) aumentare la quantità d’acqua (2 decilitri) che così si troverà a temperatura non molto più alta dell’ambiente esterno.
16. Se si riscaldano nello stesso modo quantità identiche di acqua e di olio, la temperatura dei due salirà ugualmente?
La risposta è no. Per scoprirlo si possono utilizzare due lattine contenenti rispettivamente 250 g di acqua e 250 g di olio, poste sulla piastra di un fornello elettrico, ciascuna con un termometro immerso nella parte centrale del liquido. Se si registrano i valori di temperatura a intervalli regolari di tempo si potrà constatare che la temperatura dell’acqua si mantiene più bassa, anche se il calore che attraversa le lattine e la temperatura della piastra su si cui sono appoggiate sono identiche.
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In questo caso si sono misurate sia la temperatura interna che quella esterna. Il termometro interno è tenuto sospeso da una molletta metallica. La stessa lattina è stata usata sia per l’acqua che per l’olio. Con un fornello di maggiori dimensioni le due lattine potrebbero essere posizionate e riscaldate in parallelo. |
L’acqua subisce un minore incremento di temperatura, poiché possiede una maggiore capacità termica dell’olio, cioè richiede una quantità maggiore di calore per incrementare di un grado la sua temperatura. La capacità termica specifica dell’acqua è di 4,2 joule/°C, quella dell’olio di vasellina, usato in questo esperimento, è circa 2,1 joule/°C (olio d’oliva 2,0 J/°C, olio di semi 1,7 J/°C)
Come per il concetto di energia, quello di modello può essere proposto a partire dalla quarta elementare. Alcune attività, con le macchine operatrici, si possono iniziare anche nel primo biennio. Il percorso prosegue poi nella scuola media (modello particellare, modelli delle trasformazioni chimiche, macchine operatrici complesse, riconoscimento di pattern, studio di modelli matematici dei fenomeni). In alternativa l’intero percorso potrebbe essere avviato direttamente nella scuola media. Dal percorso “modelli per pensare”, accessibile dal nostro sito alla pagina www.scienzainrete.it/modelli_per_pensare.htm Rimandiamo al sito per la descrizione delle varie unità didattiche.La seguente mappa illustra gli aspetti centrali del concetto di modello che dovrebbero essere apprezzati fin dall’inizio del percorso.
[1] Questi esempi sono scelti per evidenziare che anche termini che richiamano direttamente percezioni sensoriali (buio, rumore ecc.) non sono oggetti.
[2] Questa fase può essere saltata se il termine proprietà è già entrato in uso nel linguaggio spontaneo dei bambini, nelle attività di matematica (blocchi logici) o di scienze (sperimentazione dei sensi e degli oggetti). Le seguenti applicazioni sono invece necessarie per sviluppare le capacità logiche e le attitudini scientifiche.