Molti studiosi pensano che sia ora in atto la sesta
estinzione di massa degli ultimi 500 milioni anni: è infatti probabile che
verso fine secolo il tasso di estinzione arrivi al 10-20% e che la linea di aumento delle
specie non riesca più a compensare il numero delle perdite.
Circa 250 milioni anni fa un’impennata dei livelli di
biossido di carbonio ha provocato la scomparsa del 96% delle specie marine e
del 70% dei vertebrati terrestri, e 65 milioni di anni fa un asteroide ha
colpito il Messico, causando la quinta grande estinzione nella storia della
Terra e la sparizione dei dinosauri. Questa volta però la causa non è
imputabile a un oggetto o una forza fisica, ma alle attività di una sola specie
vivente: l’homo sapiens. Oggi l’asteroide siamo noi.
Nel suo libro, The sixth extinction: an
unnatural history, la scrittrice e giornalista americana Elizabeth Kolbert denuncia questo
dramma moderno e gli scienziati che lo hanno portato alla luce.
Dal cambiamento climatico, causato dalla concentrazione di
gas serra e anidride carbonica nell'atmosfera, alla tragica acidificazione dei
mari, la scrittrice spiega in che modo stiamo alterando gli ecosistemi e
uccidendo le altre specie.
Come il serpente-gatto bruno originario della Nuova Guinea
che, sbarcato a Guam grazie a una nave militare, è riuscito a decimare la fauna
del luogo, anche gli esseri umani eliminano da secoli nuove specie man mano che
colonizzano il pianeta. Questo processo avviene in modo diretto, con la caccia
o la pesca, oppure indirettamente, con l’alterazione degli habitat esistenti. E
la situazione continua a peggiorare. Se l’economia della natura è stabile, quella
degli uomini cresce incessantemente: viene sfruttata sempre più produzione di energia primaria netta e gli asset ecologici
cambiano in modo sempre più accelerato.
Il racconto della devastazione porta quindi il lettore in viaggio tra i continenti. Kolbert approda in Australia, dove i biologi stanno studiando il rapido declino delle barriere coralline, e attraversa l'isola islandese di Eldey, dove l' ultima alca impenne, un uccello una volta comune nell'emisfero settentrionale, è stata uccisa dai collezionisti di uova nel 1844. Alcuni animali, in effetti, sono stati più sfortunati di altri: mentre gli scarafaggi sono sopravvissuti in modo positivo all’avvento degli umani, gli uccelli che non sono in grado di volare sono divenuti prede facili.
Ma l’influenza degli esseri umani non ha minacciato solo gli
uccelli, ha minato la biodiversità e messo in pericolo moltissimi esseri
viventi, come gli abitanti della foresta pluviale amazzonica e la megafauna
africana. La velocità con cui le specie scompaiono è inoltre superiore a quella
con cui venivano eliminate durante le estinzioni di massa del passato. Nel
testo viene dichiarato esplicitamente: “Un terzo di tutti i pesci che vivono
nella barriera corallina, un terzo di tutti i molluschi di acqua dolce, un
terzo degli squali e delle razze, un quarto di tutti i mammiferi, un quinto di
tutti i rettili e un sesto di tutti gli uccelli si stanno dirigendo verso la
fine.”
L’autrice delinea un’analisi inquietante, ma anche sobria e
rigorosa, della situazione ambientale in cui versa il pianeta e pone infine una
domanda cruciale: se non verrà evitata la distruzione ecologica, cosa accadrà
alla nostra società? Saremo in grado di affrontare le forze che abbiamo
scatenato? La risposta non è affatto chiara.
L’uomo, fattore promotore dei cambiamenti in atto, è però cosciente di ciò che sta succedendo. E forse è ancora in tempo ad agire per evitare questo futuro.
Lori Berti