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Piano nazionale della ricerca: buone idee, senza portafoglio

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Una carrellata di buone analisi e altrettanto buone intenzioni. Ma con poche risorse. Questo è il primo impatto con il Piano Nazionale della Ricerca, presentato ieri in forma sostanzialemnte definitiva dal ministro Mariastella Gelmini ai rettori e ai presidenti degli enti di ricerca presso l'Accademia nazionale dei Lincei. In attesa di un commento da parte del Gruppo 2003, ecco una prima traccia.

L'analisi del contesto della ricerca in italia parte prendendo atto del quadro critico ormai noto. Si legge sul Piano:

«Dai dati esposti emerge, per l’Italia, un quadro di criticità relativo ai fattori che determinano la capacità di produrre e diffondere conoscenze e di generare valore da esse: la dotazione di capitale umano è sottodimensionata; il sistema pubblico di ricerca ha una scarsa attitudine all’applicazione dei risultati e alla collaborazione con le imprese; la valutazione della ricerca non è allineata alla prassi internazionale; la penetrazione della banda larga ICT è bassa; la quasi totalità della ricerca delle imprese è localizzata nelle regioni centro-settentrionali del Paese; l’innovazione prodotta dall’imprenditoria italiana prescinde dagli input provenienti da centri di ricerca e sviluppo tecnologico pubblici; è carente, sia per il settore pubblico che privato, l’analisi del sistema R&S basata su dati diretti e disaggregati. Rispetto ad altri paesi della UE, è basso il livello di incentivazione ad investire “in-house”, ma anche ad assegnare le commesse da parte delle imprese alle strutture pubbliche di ricerca. Occorre, tuttavia, considerare che la dimensione dell’investimento privato in ricerca, largamente sottodimensionato rispetto agli altri paesi industrializzati, dipende anche dalla larga prevalenza di PMI nel tessuto industriale italiano. È evidente che nell’interesse della sostenibilità del sistema paese, la ricerca pubblica deve saper intercettare le linee di ricerca di interesse per le imprese, ristrutturandosi e organizzandosi in modo da rendere conveniente anche alle PMI l’accesso alla ricerca e al trasferimento tecnologico.»

Detto questo, quali strategie adottare per "tornare in Europa"? Il Piano delinea al proposito 11 concetti chiave, che puntano sul capitale umano, competitività a livello internazionale, collaborazione pubblico-privato, accento su brevetti e innovazione industriale, centralità della valutazione, sostegno alla ricerca al mezzogiorno. Eccoli nel dettaglio:

  1. I ruoli e compiti delle amministrazioni centrali e periferiche responsabili del sistema ricerca sono definibili e coordinabili. Il MIUR è il soggetto per il coordinamento e l’integrazione delle competenze e degli interventi.
  2. Il capitale umano ha un ruolo ed è oggetto di attenzioni prioritarie. L’azione costante di sostegno alla formazione e valorizzazione del capitale umano di eccellenza è centrale al PNR e ha nel MIUR – che gestisce l’intero ciclo della formazione – l’attuatore fondamentale dell’intesa con altri soggetti istituzionali incluse le Regioni.
  3. Le innovazioni normative del sistema universitario e degli Enti pubblici di ricerca sono premesse fondamentali del processo di implementazione del PNR e della messa in atto delle sue azioni.
  4. Accanto agli interventi dedicati esclusivamente all’avanzamento del sapere, la ricerca, sia fondamentale che industriale, è orientata ad applicazioni economiche e sociali, nel breve-medio o nel medio-lungo periodo. Il MIUR si fa carico sia di sostenere lo sviluppo della ricerca knowledge driven, che di sviluppare azioni, in contesti territoriali e strutturali caratterizzati da orizzonti temporali di medio-lungo periodo, per le tecnologie di carattere pervasivo/abilitante e la loro penetrazione nei programmi rivolti all’innovazione industriale.
  5. Il Programma favorisce azioni per incrementare la partecipazione a programmi di ricerca che mirino alla crescita dello Spazio Europeo della Ricerca e alle collaborazioni internazionali. A livello internazionale, vengono definite le priorità settoriali e i paesi con cui cooperare in materia di R&S, indirizzando risorse adeguate a tali collaborazioni. Le attività di ricerca nazionali sono caratterizzate da dimensioni e moduli assimilabili a quelli internazionali, tali da favorirle nell’inserimento in network di eccellenza, anche al fine di una migliore utilizzazione dei fondi comunitari.
  6. Il raccordo tra strutture di ricerca pubblica e impresa è una necessità strategica che contribuisce a orientare gli interventi nazionali e locali.
  7. La ricerca per l’innovazione delle imprese industriali, sia interna che svolta in collaborazione con il mondo della ricerca pubblica, prevede anche l’utilizzo della leva fiscale, affiancata da strumenti a selezione per progetti su tematiche prioritarie per il Paese.
  8. Le aggregazioni di Istituzioni dedicate alla ricerca, presenti a livello territoriale, vengono sostenute nella misura in cui sono in grado di confrontarsi a livello internazionale e di essere attrattive delle migliori competenze esterne.
  9. Le priorità del PNR vengono definite anche in base a un sistema di raccolta dati e analisi delle competenze in R&S del sistema pubblico e privato. Gli strumenti relativi sono descritti dal programma e, ove attivati, permetteranno di integrare in corso d’opera scelte strategiche e priorità delle azioni.
  10. Il PNR prevede l’introduzione di metodologie di valutazione e finanziamento delle azioni di sostegno alle attività di ricerca, realizzate secondo le migliori pratiche esistenti a livello internazionale.
  11. I principi elencati avranno ruoli prioritari e specifici anche con riferimento all’utilizzo delle risorse comunitarie assegnate alle aree del Mezzogiorno e alle collaborazioni Nord- Sud per infrastrutture di servizio alla ricerca.

All'uscita dall'Accedemia dei Lincei, dove il ministro ha presentato dati e strategie, si respirava cauta soddisfazione per un piano sicuramente più articolato dei tentativi di precedenti governi; un piano che forse ha un po' trascurato la ricerca di base per porre l'accento su quella applicata. Ma la cautela derivava più che altro dalla sensazione che tante belle parole a poco servono se non saranno sorrette dal Tesoro, o almeno da un tesoretto. Ci sono speranze? Poche, a giudicare dal fatto che solo due settimane fa i presidenti degli Enti sono stati convocati al Mistero per sentirsi dire che non avrebbero ricevuto l'ultima frazione (2%) del budget nominalmente assegnato ai loro enti a inizio anno.

FIGURA 1 | Le parole del PNR

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