Fino a qualche decennio fa non avremmo mai pensato
che bastasse dare un’occhiata al nostro DNA per decidere quale dieta seguire,
che tipo di attività fisica intraprendere o quali attenzioni allo stile di vita
adottare per migliorare la nostra salute.
E nemmeno ci saremmo immaginati che l’indagine fosse così semplice da eseguire:
partendo dalla presenza di un polimorfismo genetico, cioè da singole variazioni
nella sequenza genomica di un individuo possiamo determinare una dieta e uno
stile di vita consono al corretto funzionamento metabolico; basta raccogliere
un po' di saliva con un tampone, che si compra in farmacia, mandare il campione
via posta e dopo un paio di settimane il referto completo di dieta genica
arriva comodamente a casa. Et voilà,
svelato parte del nostro intero patrimonio genetico.
Viviamo in una società obsogenica, in cui
l’aumento del sovrappeso e dell’obesità si può ricondurre alla gran disponibilità di cibi altamente calorici a
prezzi contenuti. I test genetici sembrano promettere di svelarci gli alimenti
“brucia grassi” e anche lo stile di vita adatto a noi, a prezzi modici. Domani,
quindi, potremmo trovarci a casa di amici a rispondere: “no, grazie, la carne
non piace al mio genotipo mutato!”
Le cose non sono proprio così semplici. Per capire meglio la scientificità
della dieta genetica, ne abbiamo parlato con Damiano Galimberti,
specialista in scienze dell’alimentazione e Professore incaricato in
Nutrigenomica: “Il paragone che faccio sempre per spiegare la dieta genetica è
con la costruzione di un immobile, di cui grazie ai test genetici oggi possiamo
vedere le fondamenta, la nostra costituzione appunto. Possiamo valutare se ci
sono dei geni che favoriscono un certo stile di vita o un tipo di dieta, pur tenendo ben presente che la base genetica
incide solo per un terzo, della nostra costituzione: I fattori ambientali, infatti, comportamentali,
le abitudini alimentari e l’attività quotidiana compongono i rimanenti due
terzi della nostra persona.
Ma come funziona clinicamente la dieta genetica?
“I test raccolgono campioni
salivari che vengono analizzati in laboratori specializzati ove si vanno a
selezionare i geni interessati sulla base delle attuali conoscenze. Il paziente
viene sottoposto ai normali test medici, unitamente ai test genetici, dopodiché
fondamentale è il referto del medico.
Il medico genetista, oltre a refertare i risultati degli esami, stabilisce la
dieta alimentare e segue il paziente per circa un anno, finché non vi è la
sicurezza che abbia apportato quelle modifiche allo stile di vita che possono
consentirgli sia il dimagrimento sia il successivo mantenimento”
In che
misura possiamo esser certi che l’analisi del nostro DNA sia corretta?
“Anzitutto i test sono sottoposti
alle misure e controlli di qualità, con un margine di errore di tutti i test
clinici, pari all’1 o 2%. Poi esistono due diverse variabili in termine di
sicurezza della valutazione: in primis i geni che si vanno a considerare e a
mappare: non tutti i laboratori infatti hanno gli stessi standard qualitativi e
l’altro, ribadiamo, è l’importanza del medico a cui affidare la refertazione. L’American
Journal of Clinical Nutrition, che è un po’ la Bibbia dei nutrizionisti,
sostiene che il test genetico dovrebbe essere la base di partenza per
predisporre una dieta personalizzata, poiché la diversità di rispondenza di un
paziente è dato proprio ai suoi fattori genetici e alla sua stessa costituzione”
Ambizioni e limiti del Progetto Genoma Umano
Tutto ciò, ben scientificamente
sostenuto, riesce davvero a integrarsi con quella che è la personale storia
dell’individuo e la sua relazione con l’ambiente?
L’ultima frontiera della dieta genetica affonda le sue radici ben più in
profondità, in un discorso più ampio, che ambisce a conoscere la completa
mappatura genetica dell’essere umano.
Nel 1990 partiva ufficialmente il Progetto Genoma Umano, lanciato dal
Dipartimento dell'Energia e dai National
Institutes of Health degli USA, unitamente a genetisti provenienti dal
Regno Unito, dalla Francia, dalla Germania, dal Giappone, dalla Cina e
dall'India.
Grazie a un vasto sforzo di collaborazione e ai progressi nel campo della
genomica, soprattutto nell'analisi delle sequenze, una sorta di prima
"bozza" di genoma era già pronta nel 2000 ma il completamento avvenne
solo nel 2006 con l’ultima sequenza di cromosoma umano.
Anche se restano da chiarire ancora certi significati del ruolo e delle
funzioni di alcune sequenze dei nucleotidi, questi risultati hanno sicuramente
portato a grandi progressi in vari ambiti scientifici. Pensiamo alla medicina:
oggi è possibile individuare certe attitudini del paziente a sviluppare una
determinata patologia durante il corso della vita. E così in molte altre
discipline, dall’archeologia alle neuroscienze.
Facile immaginarne anche le polemiche e le insoddisfazioni da parte di chi, a
torto o a ragione, vede nel progetto e nelle sue espressioni una visione
deterministica della genetica, o una riduzione a pura biologia dell’umanità:
senza - o poco - considerare altri aspetti che, per tornare alle parole di
Galimberti, compongono forse anche più dei 2/3 dell’essere umano. La nostra
stessa evoluzione, interazione con l’ambiente, la storia, anche quella
personale di ogni individuo, quanto peso hanno nella negli esiti fenotipici del patrimonio genetico?
di Mariateresa de Sanctis