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Articolo di Bach e Villanova sul metodo Stamina, quanti dubbi

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Sono un medico ricercatore con oltre 35 anni di esperienza, molti anni passati in prestigiose istituzioni di ricerca in Italia e all’estero, moltissimi lavori scientifici pubblicati sempre su riviste internazionali, attualmente dirigo il Centro di Terapia Cellulare “G.Lanzani” della Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo, un laboratorio autorizzato dalla AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) per la produzione di cellule a uso clinico.

Il lavoro di Villanova e Bach, pubblicato su American Journal of Physical Medicine and Rehabilitation, mi suscita alcune riflessioni critiche che mi inducono una grande cautela nel giudizio complessivo. Le mie considerazioni si basano su tanti anni di esperienza scientifica e sono soprattutto di carattere metodologico sulla qualità e sulle modalità di presentazione dei dati stessi.
Schematicamente, intanto, non è mai chiarito, nel testo, che cosa è esattamente questo lavoro: una rivisitazione/rilettura di cartelle? Ci sono state visite cliniche "dirette" dei bambini da parte degli autori? Hanno gli autori parlato con i medici che hanno visitato i bambini e ne hanno raccolto le opinioni? Perché questi colleghi non sono tra i coautori del lavoro se, come appare, sono i responsabili "diretti" della sperimentazione clinica? Come fonte “più diretta” di dati, vengono citati video disponibili on line: chi li ha girati? dove, come? costituiscono materiale "validato" o "validabile"? sono stati girati in condizioni tali da consentire e giustificare il "confronto" a distanza tra video? Vi sono molte citazioni di "medical records" in possesso dei medici che hanno seguito i bambini: perché tutto questo materiale non è stato “direttamente fatto oggetto di pubblicazione” ad opera degli stessi medici che li hanno compilati? Queste note facevano parte delle cartelle cliniche ufficiali o erano note “a parte”?

Persino le opinioni dei genitori vengono riferite come "personal comunication" e questa pratica davvero non ha precedenti nella letteratura scientifica clinica, al meglio delle mie conoscenze.  Inoltre, mi colpisce molto che le cellule MSC (Cellule Mesenchimali Stromali) sembra che siano sempre "le stesse": vedi sola nota "metodologica" sulla loro produzione a pagina 411, ultime righe della prima colonna e poi prime righe della seconda colonna.

In tutto l'articolo "passa" il messaggio che le cellule MSC siano le stesse, sia quelle fatte da Monza che quelle fatte da Brescia, ovvero prodotte con la stessa metodica.
Ma dopo tanti anni di discussioni e di dibattiti, sappiamo bene che così non è, non conoscendo a tutt'oggi il  “metodo Brescia” quale fosse, anzi avendo gli stessi Andolina e Vannoni escluso che le loro cellule fossero uguali alle cellule di Monza: perché ora vengono "riunificate"? (per esempio tutta la famosa teoria dell’importanza dell’aggiunta dell’acido retinoico che faceva “differenziare” le cellule è saltata via da quest’articolo).

E poi ci sono sentenze e ispezioni ufficiali che hanno stabilito che le “cellule” di Brescia erano molto difficilmente identificabili, ma spesso si trovavano frammenti di cellule morte o solo acqua! Anche io produco nel nostro Laboratorio cellule MSC quasi identiche a quelle prodotte da Monza e autorizzate da AIFA e da Istituto Superiore di Sanità, ma io non conosco e nessuno conosce il metodo esatto utilizzato da Brescia e non ho mai letto alcun rapporto ufficiale e controllato sulle cellule di Brescia e il confronto in queste condizioni è impossibile! Avevamo sempre espresso , in questa dolorosa storia anche di tribunali e giudizi, la disponibilità a fare le cellule secondo il metodo “Brescia”, ma questo metodo non è mai saltato fuori e non ci è stato possibile capire nulla su queste cellule!
Infine, mi sembra molto grave la affermazione di pagina 414, seconda colonna, in cui si dice che evidentemente Carrer, Orlandini, Guercio e Mallaci hanno firmato un lavoro scientifico che conteneva conclusioni contrarie alle loro osservazioni.
Forse c'è stata una discussione "finale" a più voci tra vari clinici che hanno concordato quello che hanno scritto? Capita molto spesso che in sede finale di analisi complessiva dei dati un ricercatore debba prendere atto, al di là delle proprie impressioni o note personali, che tutto il gruppo giunge a conclusioni differenti, questo percorso è normale pratica scientifica! E’ successo questo? O ci sono stati comitati di esperti “terzi” che hanno giudicato i dati e poi suggerito ai medici di riconsiderare le loro opinioni personali in modo più critico? O forse c'è stata una violenza nei confronti di alcuni di loro che ha portato al divieto di pubblicazione di alcune osservazioni cliniche? E perché nessuno di loro è coautore di questo lavoro?

Come vedete le mie sono questioni metodologiche basate su una consuetudine lunghissima , ormai, alla lettura e/o esposizione diretta e/o ascolto dei dati scientifici di laboratorio e/o clinici in tutti i paesi sviluppati del mondo e credo che il "metodo" (se rigorosamente applicato) sia la migliore garanzia possibile per tutti, soprattutto per chi ha gravi problemi di salute e dunque si "affida" a un medico per trovare risposta: se c’è un serio metodo scientifico nell’operare di quel medico, il paziente è garantito sulla qualità di quello che gli/le verrà proposto! Viceversa c’è l’incertezza conseguenza della ignoranza (intesa come non sapere) e tutto diventa "un rischio"!

di Martino Introna

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