fbpx Galassie col vento nei capelli | Scienza in rete

Galassie col vento nei capelli

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

Confessiamolo: in barba a ogni divieto, tutti noi almeno una volta ci siamo affacciati al finestrino di un treno in movimento e abbiamo sperimentato sul volto la potente azione dell’aria dovuta alla velocità. Si tratta di un fenomeno tutto sommato abituale, che possiamo sperimentare anche durante una corsa o una pedalata. In fisica viene definito ram pressure e lo si spiega chiamando in causa il fatto che il nostro moto non avviene nel vuoto, ma deve fare i conti con il gas atmosferico. Quando però le velocità in gioco diventano importanti, come è per esempio il caso dei meteoroidi che dallo spazio si fiondano verso la Terra, il fenomeno diventa decisamente meno poetico. L’interazione con l’atmosfera, infatti, sfocia in un innalzamento della temperatura sulla parte anteriore del meteoroide in grado di innescare la fusione (e spesso la distruzione) dell’intruso. Usando ancora la terminologia inglese, questo violento fenomeno viene chiamato ram pressure stripping, liberamente traducibile come lacerazione dovuta alla pressione dell’effetto-ariete.

Galassie scippate

Da qualche anno gli astronomi hanno scoperto che anche le galassie possono essere soggette a un fenomeno identico. Ipotizzato già negli anni Settanta da James Gunn e Richard Gott III, ormai non v’è più alcun dubbio sulla sua esistenza, confermata in modo inoppugnabile anche da numerose immagini raccolte dagli osservatori spaziali. I casi più evidenti sono quelli di sistemi stellari appartenenti ai grossi ammassi di galassie: la potente azione gravitazionale dell’ammasso (esercitata sia dalla materia ordinaria che dalla materia oscura) è in grado di spingere le galassie a incredibili velocità, innescando anche su di esse un devastante ram pressure stripping.

Questa galassia a spirale, catalogata come ESO 137-001 e distante 220 milioni di anni luce, appartiene all’ammasso Abell 3627. Il suo veloce moto nello spazio indotto proprio dall’azione dell’ammasso la sottopone al fenomeno di "ram pressure stripping". L’immagine del Telescopio spaziale Hubble mostra le drammatiche conseguenze del fenomeno: le intense strisce che rendono ESO 137-001 molto simile a una medusa, infatti, sono i flussi di gas strappati alla galassia dalla resistenza del mezzo che si trova ad attraversare. (Ph.: NASA, ESA)

L’aspetto di queste galassie richiama molto da vicino quello di una medusa, ma dietro questa curiosa facciata si nasconde un autentico scippo cosmico di proporzioni davvero imponenti. Quei tentacoli, infatti, sono composti da gas ad altissima temperatura e giovani stelle strappate dalla loro galassia natale e sospinte nello spazio intergalattico. Un fenomeno violento che, come hanno per esempio sottolineato Celia Verdugo e collaboratori in uno studio dedicato alle galassie dell’ammasso della Vergine, può anche avere un risvolto positivo, innescando in quelle nubi gassose strappate alle galassie la formazione di nuove stelle. Il fatto sicuramente meno gradevole, di contro, è che quelle galassie sono di fatto state private del gas su cui facevano conto per la loro produzione stellare, condannate dunque a non poter avere quel ricambio stellare che le mantiene in vita.

Per rendere ancora più chiaro il fenomeno, immaginiamo di mettere un soffione – la delicata infruttescenza del tarassaco – davanti a un ventilatore: il soffione è la galassia, i peli bianchi del soffione sono il gas della galassia e l’aria spostata dal ventilatore è il mezzo intergalattico. Anziché muovere il tarassaco, insomma, facciamo muovere l’aria, senza che il risultato cambi. Quando l’infruttescenza è matura, non bisogna certo ricorrere a velocità elevate delle pale del ventilatore per spogliare il tarassaco di ogni suo pelo. Tornando alle galassie e alla loro spoliazione del prezioso gas, la situazione più drammatica riguarda le galassie a spirale, tipicamente molto ricche di gas.

Mentre risulta facilmente comprensibile il fenomeno di ram pressure stripping indotto dalla potente azione gravitazionale all’interno dei grandi ammassi di galassie, non era ancora finora ben chiaro quale potesse essere la diffusione del fenomeno, soprattutto in situazioni meno estreme. A colmare questa lacuna ci ha pensato un team di astronomi coordinati dal dottorando Toby Brown (ICRAR e Swinburne University of Technology). Tra gli autori dello studio, pubblicato recentemente su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society figurano anche tre ricercatori italiani: Barbara Catinella, Luca Cortese e Riccardo Giovanelli.

Anche questa immagine di NGC 4522, una galassia distante circa 60 milioni di anni luce e appartenente all’ammasso della Vergine, mette in luce alcuni segni rivelatori di ram pressure stripping. Appare piuttosto evidente, infatti, l’aspetto ricurvo del disco di gas e polvere deformato dalla resistenza del mezzo intergalattico. Si stima che la velocità della galassia sia di oltre 10 milioni di chilometri orari. (Ph.: NASA, ESA)

Un fenomeno molto diffuso

Il team di Brown ha dunque preso in considerazione il fenomeno di ram pressure stripping riguardante 10567 galassie non appartenenti a grandi ammassi. L’analisi ha combinato i dati della Sloan Digital Sky Survey, la maggiore survey ottica di galassie mai completata, con il più grande set disponibile di osservazioni relative alla diffusione di gas atomico nelle galassie, vale a dire il database della Arecibo Legacy Fast ALFA Survey. La delicata tecnica utilizzata dai ricercatori viene spiegata da Barbara Catinella in un’intervista a MediaINAF:

«Le osservazioni con radio telescopi ci permettono di misurare la quantità di gas (idrogeno atomico) contenuto nelle galassie. Siccome le galassie a cui siamo interessati hanno spesso già perso una buona parte del loro idrogeno atomico, servono osservazioni molto sensibili per essere in grado di rivelare piccole quantità di gas residuo. Quindi usiamo una tecnica particolare, chiamata spectral stacking.»

Praticamente, visto che la survey di Arecibo è molto estesa ma poco profonda e dunque il segnale proveniente dalla maggior parte delle galassie non è sufficiente, si affronta il problema in modo statistico, attingendo le informazioni delle galassie interessate dallo studio dai dati della SDSS. Una tecnica sofisticata che si è dimostrata vincente.

«Quello che facciamo – conclude Barbara Catinella – è confrontare la massa media di idrogeno di galassie isolate con quella di galassie in gruppi e in ammassi e quello che vediamo è che le galassie in gruppi hanno meno gas di galassie con la stessa massa di stelle o con lo stesso tasso di formazione stellare che sono invece isolate. Questo si sapeva già per gli ammassi di galassie e non per i gruppi di galassie, che sono strutture più piccole degli ammassi, ma molto più comuni nell’Universo».

La devastante azione del ram pressure stripping, insomma, riguarderebbe molte più galassie di quanto non si sospettasse finora. «Lo stesso processo osservato negli ammassi di galassie più popolosi – sottolinea Toby Brown – funziona in gran parte anche per piccoli gruppi di poche galassie, caratterizzati da una presenza meno massiccia di materia oscura. Poiché la maggior parte delle galassie nell'Universo vivono in gruppi non eccessivamente numerosi, ne deriva che questa rimozione del gas è potenzialmente il modo dominante con il quale le galassie vengono spente dall’ambiente che le circonda».

Secondo Brown, il ram pressure stripping sarebbe una via piuttosto efficiente e rapida, dell’ordine di decine di milioni di anni, per condurre le galassie a una morte prematura. Accanto a questo meccanismo, però, ne agirebbe un altro, più lento ma altrettanto letale. Gli astronomi lo chiamano “strangolamento” e consiste in una eccessiva produzione stellare: le galassie, cioè, esauriscono troppo rapidamente le riserve di gas di cui dispongono senza dar tempo al normale ciclo evolutivo stellare di rifornirne di nuovo. In altre parole, la galassia finisce con lo spegnersi perché ha improvvidamente esaurito le sue scorte.

A quanto pare, insomma, anche le vite delle galassie che hanno la fortuna di non essere coinvolte nel violento ribollire di un grande ammasso sembrano proprio tutt’altro che tranquille.

 

Cover: La ricostruzione pittorica mostra la presenza di "ram pressure stripping" in un limitato gruppo di galassie. Nel volgere di decine di milioni di anni, un tempo breve in termini cosmologici, la rimozione del gas dalle galassie le porterà a morte prematura, trasformandole in agglomerati di stelle destinate a spegnersi senza che una generazione successiva possa rimpiazzarle. Credits: ICRAR, NASA, ESA, Hubble Heritage Team (STScI / AURA)

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Solo il 3,5% delle città europee monitorate ha una buona qualità dell’aria

Inquinamento atmosferico cittadino

Solo 13 città europee tra quelle monitorate su 370 circa rispettano il limite OMS di 5 microgrammi per metro cubo annui di PM2,5. La svedese Uppsala è la prima. Nessuna di queste è italiana. Nonostante la qualità dell'aria e le morti associate sono in continuo calo in Europa, serve fare di più.

Immagine: Uppsala, Lithography by Alexander Nay

La maggior parte delle città europee monitorate non rispetta il nuovo limite dell’OMS del 2021 di 5 microgrammi per metro cubo all’anno di concentrazione di PM2,5. L’esposizione a particolato atmosferico causa accresce il rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie, sviluppo di tumori, effetti sul sistema nervoso, effetti sulla gravidanza.