Grazie ai dati raccolti dagli strumenti di Mars Reconnaissance Orbiter, la sonda della NASA che sta orbitando intorno a Marte, i planetologi hanno potuto ricostruire una fantastica stratigrafia che ci apre gli occhi sul passato del Pianeta rosso. La parete rocciosa del Gale Crater, un cratere marziano di 150 chilometri di diametro, si è trasformata in un vero e proprio libro aperto per Ralph Milliken (JPL) e collaboratori, autori di uno studio appena pubblicato su Geophysical Research Letters.
L'analisi di questa incredibile sezione stratigrafica alta due volte il Grand Canyon ha indicato che la parte inferiore della parete è sostanzialmente costituita da rocce argillose e minerali che tipicamente si formano in un ambiente umido. Negli strati successivi l'argilla si mescola ai solfati, minerali che si depositano quando l'acqua in cui sono disciolti evapora. Muovendosi ulteriormente verso l'alto, aumenta la componente dei solfati e pian piano svanisce quella argillosa. La parte superiore, infine, presenta spesse e regolari stratificazioni completamente prive di minerali riconducibili all'acqua.
Ancora una volta, insomma, abbiamo la conferma che sulla superficie di Marte un tempo scorreva acqua in gran quantità e che, gradatamente ma inesorabilmente, il pianeta ha poi finito con l'inaridirsi.