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Il Sidereus Nuncius compie quattrocento anni

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Il 12 marzo 1610, quattrocento anni fa, la modesta tipografia che Tommaso Baglioni possiede a Venezia stampa, tirando 550 copie, il libro di un noto matematico fiorentino che ha la cattedra presso l’università di Padova: Galileo Galilei.

Il libro si intitola, Sidereus Nuncius. Ed è davvero difficile sopravvalutarne l'importanza. Potremmo riassumerne il valore semplicemente dicendo che quel giorno, il 12 marzo 1610, può essere considerato come la data di nascita della scienza moderna.

Ma, forse, è meglio lasciar parlare cinque critici di diversa estrazione culturale.

«Non esistono in tutta la letteratura scientifica ventiquattro fogli più ricchi di rivelazioni», scrive lo storico della scienza inglese Charles Singer.

Quel «libro di poche pagine – rileva lo storico della fisica Enrico Bellone – può essere a ragion veduta considerato come uno dei libri più importanti che mai siano stati scritti».

Di più. Il Sidereus Nuncius, sostiene il filosofo tedesco Ernst Cassirer, segna «una svolta in cui le epoche si dividono».

Nel medesimo tempo è il prototipo di quello che lo storico della letteratura italiana Andrea Battistini definisce «un genere letterario nuovo che in seguito avrebbe goduto di una fortuna ininterrotta, il rendiconto scientifico con cui si comunicava (trasparente il significato di Nuncius) il riassunto di fenomeni fino allora ignoti, esposti con quella prosa incisiva, agile nel ragionamento ed economica nell’argomentazione».      

Ma quel libro non è solo il prototipo di un genere letterario nuovo. È un autentico capolavoro letterario. Uno dei capolavori che fanno di Galileo Galilei «il più grande scrittore della letteratura italiana d’ogni secolo», afferma lo scrittore Italo Calvino.

Sulla base di queste cinque citazioni è, dunque, possibile afferrare tutto il valore del  Sidereus Nuncius. Ha infatti ragione Singer quando sostiene che il libro contiene una quantità di rivelazioni – il rendiconto di cose letteralmente mai viste prima – che non ha probabilmente pari nella storia dell’umanità. Galileo ha puntato il cannocchiale verso il cielo e tra l’autunno del 1609 e i primi mesi del 1610 ha potuto osservare con i propri occhi che la Luna non è un corpo celeste perfetto ed etereo, come immaginava Aristotele, ma è «della stessa specie della Terra», come immaginava Giordano Bruno. Dunque non esiste una fisica terrestre della corruzione e una fisica celeste della perfezione, ma esiste una sola fisica in cielo e in terra.

Che intorno a Giove ruotano quattro astri – che Galileo, per esplicita captatio benevolentiae,  battezza «astri medicei» – e, dunque, offre la prova provata che non tutto nell’universo ruota intorno al pianeta Terra.

Che nel cielo è costellato di milioni di stelle non visibili ad occhio nudo. E quindi l’universo si estende in uno spazio forse infinito, certamente molto più esteso di quello chiuso e un po’ asfittico del sistema aristotelico-tolemaico.

Il Sidereus Nuncius, segna dunque «una svolta in cui le epoche si dividono» come sostiene Ernst Cassirer, non solo perché costituisce una solida falsificazione di una filosofia della natura, quella aristotelica, che ha dominato il pensiero occidentale per un paio di millenni, ma anche e soprattutto perché la nuova filosofia della natura – la nuova visione del cosmo –  non è frutto di una dotta elucubrazione su un «mondo di carta», per dirla con lo stesso Galileo, ma è frutto di «sensate esperienze». Non è più filosofia, appunto. Ma è scienza.

Come se tutto ciò non bastasse, il Sidereus costituisce, come nota Battistini, il prototipo di un genere letterario nuovo, il rendiconto scientifico. E, dunque, dà i natali non solo alla scienza moderna, ma – con quella sua prosa asciutta, agile, efficace che tanto piaceva al Calvino delle Lezioni americane – anche alla moderna comunicazione della scienza.

E proprio Italo Calvino – in perfetta sintonia, peraltro, con Giacomo Leopardi – pone la ciliegina sulla torta del Sidereus Nuncius, eleggendolo a capolavoro letterario tout court.

È anche e, forse, soprattutto grazie a quelle poche pagine pubblicate il 12 marzo di quattrocento anni fa che Galileo Galilei può essere a giusta ragione considerato il più grande scienziato e, insieme, il più grande scrittore che abbia mai avuto l’Italia. Uno dei più grandi scienziati e dei più grandi scrittori che abbia mai avuto il mondo intero. Davvero una congiunzione più unica che rara.

L'Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) celebra il compleanno del Sidereus Nuncius con un'iniziativa particolare: la ristampa in 550 copie di uno degli originali stampati il 12 marzo 1610 presso la tipografia Baglioni. L'Istituto possiede due copie originali della prima tiratura del libro, quella della tipografia Baglioni. Uno è custodito presso la biblioteca storica dell'Osservatorio di Brera a Milano e l'altra presso la biblioteca storica dell'Osservatorio astronomico di Roma.


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