L’attivazione dell’Agenzia nazionale di valutazione dell’università e della ricerca (ANVUR), istituita con un percorso bipartisan, costituisce uno snodo essenziale in un percorso di rinnovamento necessario e auspicabile. In particolare per chi ha sempre pensato che la valutazione e la premialità, ossia la distribuzione cioè di risorse sulla base dei risultati della valutazione, costituiscano l’elemento cruciale capace di innescare un circuito virtuoso di rinnovamento del sistema di ricerca del Paese (www.gruppo2003.it).
Ora, sono stati resi noti i nomi dei sette membri del consiglio direttivo, scelti fra una rosa di candidati indicata da un search committee. Il metodo seguito (un search committe autorevole e un bando aperto) è stato corretto e condivisibile. Tuttavia, la scelta finale è stata oggetto di critiche diverse:
- collocazione a sinistra dei selezionati;
- nessun membro proveniente dal sud Italia;
- mancanza di un rappresentante delle discipline umanistiche.
Personalmente condivido quest’ultima opinione: sarebbe stato auspicabile avere fra i sette prescelti un autorevole esperto di discipline umanistiche, a maggior ragione perché in queste aree la valutazione costituisce una vera e propria sfida culturale e, inoltre, il paese si dimostra scarsamente competitivo, per esempio a livello dei finanziamenti ottenuti dall'European Research Council. Ma ritengo comunque che, alla mancanza di competenza specifica nell’area umanistica, si potrà ovviare con un’attenzione particolare in sede operativa.
Da molti, inoltre, è stata lamentata l’assenza di ricercatori operanti all’estero o comunque con caratteristiche di leader assoluti in alcuni settori. Certamente nell’attirare candidati –dall’estero e non solo – hanno giocato un ruolo negativo:
- il basso livello salariale (tagliato dalle misure di austerità);
- l’impegno quasi a tempo pieno;
- la selezione basata sull’età (inferiore a 70 anni);
- la mancanza di una allowance, cioè di una dotazione finanziaria ad hoc per chi si dovesse trasferire da fuori a Roma.
Su questi limiti sarà importante riflettere per il futuro. Più in generale, fra i tanti mali di cui soffre il nostro sistema di ricerca, uno è costituito dai troppi lacci e lacciuoli che lo rendono scarsamente flessibile e adattabile e ne rendono difficile, a volte quasi impossibile, il governo. Se la benzina che ci danno è poca, pazienza; ma, almeno che ci tolgano il freno a mano, in modo che sia possibile utilizzare al meglio le risorse disponibili.
In conclusione, nonostante tutto, sono convinto che ANVUR possa fare – e farà – un buon lavoro. Di certo è comunque un passo nella direzione giusta, per dotare il paese di un sistema di valutazione dell’università e della ricerca trasparente e meritocratico. Anche se molto ancora può e deve essere fatto.