A Jouve, e agli altri sottoscrittori della Declaration, si contrappone un'altra raccolta di firme all'interno della comunità scientifica spagnola, lanciata dal neuroscienziato Juan Lerma, che ne contesta le tesi.
Sui quotidiani spagnoli, accanto alle cronache delle manifestazioni di piazza e dei dibattiti parlamentari che si succedono in questi giorni sull'aborto, si dà conto della contesa tra scienziati, misurandone minuziosamente i rapporti di forza: duemila firme da una parte contro mille dall'altra; numerosi membri dell'Accademia reale contro i direttori della maggior parte degli Istituti di ricerca, e così via. Così facendo, la stampa fornisce l'immagine di un mondo scientifico spaccato in due, tra un fronte antiabortista e uno abortista.
In realtà le cose stanno diversamente. La Declaration de Madrid è senza dubbio un testo antiabortista, mentre il documento che gli si contrappone non propone argomenti a favore dell'aborto, tanto che potrebbe essere firmato anche da dichiarati oppositori della legge sulla interruzione di gravidanza, e di fatto raccoglie alcune firme di scienziati notoriamente cattolici.
Il contromanifesto spagnolo piuttosto ribadisce un concetto semplice ma di grande importanza per il futuro ruolo della scienza nella società: è sbagliato spacciare le convinzioni morali, religiose o ideali come se fossero asserzioni scientifiche. Nel caso specifico, la scienza può dire per esempio che uno zigote è vivo, oppure quali potenzialità di sviluppo può avere, ma non può affermare nulla circa la sua natura di persona, perché questa non è una categoria scientifica, ma di natura etica e giuridica.
Fuori dal caso particolare, è sempre più frequente l'abuso dell'autorità della scienza per sostenere o negare la bontà di idee o scelte riguardanti i temi che lacerano la società contemporanea, dai confini della vita e della morte ai cambiamenti climatici, dall'energia nucleare alle biotecnologie.
Ciò non significa che il progredire delle conoscenze sia irrilevante per rendere più chiare le idee del pubblico o facilitare le scelte, né che gli scienziati possano lavarsene le mani, trincerandosi dietro una presunta neutralità della loro attività. Anzi, la responsabilità di impegnarsi anche a districare i dilemmi generati spesso dalle loro stesse ricerche dovrebbe essere un imperativo morale. Ma nel farlo è necessaria la massima chiarezza sui confini tra i diversi ambiti, per resistere alla tentazione di spacciare come scientifico ciò che appartiene a un diverso discorso. Pena la perdita di credibilità sociale di una attività di ricerca che più di ogni altra può contribuire a far progredire l'umanità anche sul piano etico.