Venerdì 15 maggio si sono concluse presso la sede dell’ONU a New York due settimane di lavori della terza (e ultima) sessione del Comitato di preparazione della prossima conferenza quinquennale di revisione del Trattato di non proliferazione (NPT), fissata per il mese di aprile 2010. L’ambasciatore dello Zimbabwe all’ONU, Boniface Chidyausiku, che ha presieduto la sessione, ha reso noto con notevole soddisfazione che i dibattiti preparatori hanno permesso di definire all’unanimità un’ambiziosa agenda di lavoro per la conferenza del 2010, in grado di affrontare i molteplici problemi del NPT, rispetto ai quali le posizioni dei vari paesi sono spesso distanti.
L’NPT, in vigore dal 1970, è il caposaldo del regime di non proliferazione delle armi nucleari, con gli obiettivi di impedire che nuovi paesi, oltre Cina, Francia, Russia, UK e USA, acquisiscano armi nucleari; agevolare la collaborazione internazionale per lo sviluppo dell’energia nucleare civile, sotto il controllo dell’Agenzia atomica internazionale (IAEA); promuovere il disarmo nucleare. Aderiscono praticamente tutti i paesi del mondo tranne Corea del Nord, India, Israele e Pakistan.
La definizione di un’agenda unanime non era scontata, viste le correnti tensioni sul trattato e il grave fallimento della conferenza di revisione del 2005, quando, in un mese di discussioni, non fu nemmeno possibile definire un’agenda dei lavori.
Gli ultimi anni hanno visto infatti una crescente erosione del regime di non proliferazione, a causa di vari fattori: la decisione di Bush di denunciare il Programma d’azione per il disarmo nucleare in 13 passi concordato nella conferenza di revisione dell’NPT nel 2000; l’insicurezza legata alla relativa facilità per un paese di uscire dal trattato e utilizzare le competenze nucleari acquisite anche grazie all’NPT per un programma militare; i ritardi nel processo di disarmo nucleare; il rafforzamento dello status di paese nucleare nel contesto internazionale; l’incapacità di acquisire all’NPT l’adesione di India, Israele e Pakistan; la posizione ambigua della Corea del Nord; l’insufficienza delle garanzie fornite dalle procedure di monitoraggio della IAEA, rivelata dal tentato programma nucleare segreto dell’Irak negli anni ’80; le scarse adesioni alle procedure rafforzate di salvaguardia previste dalla IAEA; le tensioni sul programma di arricchimento dell’Iran; la scoperta del mercato nero nucleare del pakistano Abdul Qadeer Khan, attivo in segreto per 13 anni; l’accordo nucleare USA-India; la ripresa dell’energia elettronucleare a livello mondiale, e in particolare i programmi di 12-13 impianti nella delicata area mediorientale; l’atteggiamento di molti stati che sembrano riconsiderare la loro rinuncia alle armi nucleari, e comunque danno priorità agli interessi economici rispetto al controllo di materiali e tecnologie sensibili.
Il risultato positivo dei lavori di preparazione, che permette di guardare con grande speranza alla conferenza del 2010, è dovuto allo spirito costruttivo dimostrato da tutte le parti, in particolare da Egitto, Iran e USA, che avevano con il loro oltranzismo fatto fallire la conferenza del 2005; in particolare fondamentale è risultato, secondo Chidyausiku e molti osservatori, il messaggio del Presidente Obama, estremamente aperto sul disarmo nucleare, uno dei temi sensibili dell’NPT, finora largamente disatteso dalle potenze nucleari.
Non si è invece riusciti a concordare un documento finale con precise raccomandazioni per la conferenza del 2010, essendo mancato il consenso su alcune questioni, tuttavia di non fondamentale importanza. D’altra parte i tempi non sono ancora maturi per congelare proposte precise, dati i grandi sviluppi sul disarmo e in generale la politica nucleare della nuova amministrazione americana, che potrebbero presentare all’apertura della conferenza un panorama dei problemi e prospettive mondiali assai differente da quello attuale.