«È il giorno più bello della mia vita», dice, forse esagerando un po’, una bambina quando esce, dopo alcune ore di visita divertita, dalla grande porta della Città della Scienza. «Io sono contenta che il sindaco leggerà anche la mia opinione», incalza, pronta, una sua amichetta. Siamo a Napoli in un giorno qualsiasi della tarda primavera. E un gruppo di alunni dell’Istituto comprensivo Bovio Colletta ha appena finito di partecipare a Respiriamolacittà, il progetto pilota di un inedito esperimento scientifico. E culturale. Di cui, le due frasi, ci offrono la dimensione forse più saliente.
I bambini, come ci spiega Carla Guerriero, una delle giovani ricercatrici, sono tra i gruppi più vulnerabili alle pressioni dell’ambiente e ai loro effetti sulla salute. Ma anche tra i meno studiati. Nessuno, per esempio, conosce la loro percezione del rischio ambientale. Nessuno ascolta le loro valutazioni. Nessuno sa quanto in concreto siano disposti a pagare per ridurre il rischio e aumentare il loro benessere.
Gli epidemiologi e gli psicologi sanno che la percezione del rischio è, probabilmente, il principale tra i fattori intangibili che influenzano la salute delle persone. Sanno che è un fattore su cui “si può lavorare”, ovvero può essere modificato con l’educazione e la partecipazione. E sanno, infine, che questa percezione può assumere una forma quantificabile: per esempio attraverso la definizione di quanto si è disposti a investire, in termini monetari, per ridurre un certo rischio. Infatti, insieme agli economisti, hanno messo su un metodologia – chiamata Willigness to pay (WTP) – che misura proprio la disponibilità a pagare per la riduzione di un rischio sanitario e/o ambientale.
Ebbene, rileva ancora Carla Guerriero, nella letteratura internazionale esistono solo due tipi di studi di Willigness to pay che riguardano i bambini. Uno è quello dell’Adult as a child perspective, in cui si chiede a persone adulte di mettersi nei panni di un bambino e fornire una valutazione della disponibilità a pagare qualcosa per ridurre un rischio. L’altro approccio è quello della Parental perspective, in cui la valutazione in nome del bambino è chiesta ai genitori. Nessuna metodologia chiede una valutazione ai protagonisti diretti, i bambini.
Il che, da un punto di vista scientifico, significa che noi non sappiamo né quale sia la percezione del rischio ambientale e sanitario, né quale sia la loro capacità e volontà di ridurlo, in una fascia di età – tra i 5 e i 14 anni – decisiva nella formazione della personalità.
Da un punto di vista sociale non sappiamo cosa pensano i bambini di alcune componenti – come la salute e le relazioni con l’ambiente – così importanti nella loro vita. Non sappiamo quali sono i loro bisogni percepiti. Non sappiamo “cosa hanno da dire” al sindaco, ma anche a tutti gli adulti. In ambedue i casi non conosciamo i determinanti culturali, sociali, economici che influiscono sulla percezione del rischio dei bambini e sulla capacità/volontà di partecipare alla gestione dell’ambiente e della salute.
Di qui l’idea nata in un gruppo ristretto di epidemiologi (dell’Istituto di Fisiologia Clinica del Cnr) e di economisti (della London School of Hygiene and Tropical Medicine di Londra): proviamo a superare questi limiti. Proviamo ad ascoltare direttamente i bambini, gli adulti di domani.
L’impresa, naturalmente, non è affatto semplice. Non perché loro, i bambini, non abbiano e non esprimano una loro idea sull’ambiente e la salute. Ma perché noi adulti non abbiamo ancora imparato ad ascoltarli. Quando li interroghiamo corriamo il serio rischio di comportarci come il classico elefante in un negozio di cristalleria. Di qui l’esigenza di allargare il gruppo: a psicologi, sociologi, insegnanti, comunicatori ed eticisti. Ne è nato un progetto pilota, Respiriamolacittà appunto, con una metodologia piuttosto articolata (prevede, tra l’altro incontri a scuola e somministrazioni di questionari in un ambiente e con modalità molto amichevoli, che non creano ansia nei bambini) con lo scopo di fornire le prime risposte indicative a tre domande: come i bambini percepiscono il rischio (relativo, per esempio, ad alcune malattie respiratorie come asma, bronchite e allergie) in varie età; come percepiscono il valore economico delle cose e del denaro nella varie età; e infine quanto siano disposti a pagare, in termini di cose di valore e di denaro, per ridurre il rischio.
Il progetto pilota ha il compito di affinare la metodologia per un modello di indagine di Willigness to pay applicabile ovunque, in Italia e all’estero.
Già, ma da dove partire? La scelta è caduta su una città italiana a rischio – Napoli, che vanta il non desiderabile primato del maggior numero di giorni in cui la concentrazione di polveri sottili supera la soglia di legge. E su una scuola, l’Istituto comprensivo Bovio Colletta, frequentata da ragazzi delle classi elementari e medie. L’istituto è ubicato in un quartiere centrale, esposto all’inquinamento atmosferico e con un alto tasso di deprivazione socioeconomica. Tant’è che mai gli studenti, pur avendone voglia, erano riusciti a visitare la vicina Città della Scienza, il più grande museo interattivo italiano.
Ottenuto il consenso (attivo) della direzione e dei docenti, oltre che quello dei genitori e, ovviamente, dei ragazzi nel corso della primavera, sono stati organizzati vari incontri a scuola e, infine, una trasferta dei ragazzi a Bagnoli, dove ha sede Città della Scienza, per la somministrazione di due questionari. Sono state interessate le classi dalla seconda elementare alla seconda media, per un totale di 112 ragazzi (63 femminucce e 49 maschietti). A ciascuno è stato anche chiesto di esprimere, con un disegno, “come vedi la tua città”.
In questo momento i 224 questionari e i 112 disegni sono oggetto di analisi. Non conosciamo i risultati. Ma l’impressione è che essi saranno davvero utili per definire una metodologia generale. Il gruppo, infatti, già pensa di passare dalla fase pilota a quella di un progetto vero e proprio, da realizzare in vari quartieri di varie città italiane.
Tuttavia, tra i tanti dati ottenuti e in corso, due sembrano certi. Forse non hanno un grande significato scientifico. Ma, certo, hanno un grande significato sociale. I ragazzi dell’Istituto comprensivo Bovio Colletta hanno finalmente potuto visitare un museo scientifico di nuova generazione, divertendosi. Il secondo è che hanno avanzato una domanda di partecipazione (anche noi saremo ascoltati). E questa domanda sarà soddisfatta.
P.S. Chi scrive dichiara di essere in un’evidente condizione di conflitto di interesse. Collabora, infatti, sia con Città della Scienza, sia col gruppo di ricerca.
Gruppo provvisorio di lavoro del progetto pilota:
Carla
Guerriero, economista sanitario, London School of Hygiene & Tropical Medicine di Londra
John Cairns, economista
sanitario, London School of Hygiene & Tropical Medicine di Londra
Fabrizio Bianchi, epidemiologo ambientale, Istituto di fisiologia
clinica del CNR di Pisa
Liliana Cori, antropologa, Istituto di fisiologia clinica del CNR di Roma
Antonella Brandimonte, psicologia, Università Suor Orsola Benincasa di
Napoli
Pietro Greco, giornalista scientifico, Fondazione IDIS-Città della
Scienza di Napoli
Federica Manzoli, sociologa, Ferrara
Sabina De Rosis, comunicatrice ambientale, Istituto di fisiologia
clinica del CNR di Roma
Gennaro De
Ganbriele, economista, Napoli
Chiara
Riccio, Area Officina dei Piccoli e Progetti per l’Infanzia, Fondazione
IDIS-Città della Scienza di Napoli
Livia Capocasale, Area Officina dei Piccoli e Progetti per l’Infanzia, Fondazione
IDIS-Città della Scienza di Napoli
Salvatore
Fruguglietti, coordinatore intervistatori, Le Nuvole, Napoli
Andrea Accennato,
visual design, Napoli