Su Taranto sono stati effettuati numerosi studi epidemiologici, ad iniziare dai primi anni ’90. Una rassegna - di seguito sintetizzata e qui liberamente scaricabile - è stata effettuata dal gruppo di lavoro dello studio Sentieri (Studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio da inquinamento), coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità e al quale hanno partecipato molti ricercatori italiani di diverse istituzioni nazionali e regionali.
A partire dal 1990 i territori comunali di Taranto, Crispiano, Massafra, Statte e Montemesola sono stati definiti “area ad elevato rischio ambientale” e nel 1998 Taranto e Statte sono stati inclusi tra i primi 14 siti di interesse nazionale per la bonifica (DPR 196/1998). Già un primo studio sul periodo 1980-1987, coordinato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, aveva evidenziato un quadro di mortalità legato a fattori di inquinamento ambientale diffusi, in particolare amianto, e una rilevante esposizione occupazionale della popolazione maschile. Il secondo studio OMS della mortalità 1990-1994 metteva in evidenza numerosi eccessi di mortalità, sia tra gli uomini che tra le donne, suggerendo un ruolo delle esposizioni ambientali. In particolare la situazione peggiore risultava nel comune di Taranto, confermando l’ipotesi di un rischio sanitario per cause respiratorie, cardiovascolari e polmonari, dovuto a fattori di origine industriale. La mortalità risultava in aumento dal 1981 al 1994, per tutti i tumori e i tumori polmonari in entrambi i generi, e per il tumore della mammella e le malattie dell’apparato respiratorio tra le donne, anch’esso elemento suggestivo di fattori di rischio ambientale. L’andamento crescente della mortalità era confermato da uno studio sulla popolazione di Taranto e Statte dal 1970 al 2004.
Uno studio nei 29 Comuni della provincia di Taranto tra il 1999 e il 2001 sull’incidenza di tumori di polmone, pleura (mesotelioma), vescica (solo tumori maligni), encefalo e sistema linfoemopoietico (linfoma non-Hodgkin e leucemie) ha confermato un aumento di rischio nell’area di Taranto per i tumori del polmone, della pleura e della vescica tra gli uomini. Un’analisi geografica della mortalità tumorale nelle cinque province pugliesi nel periodo 2000-2004 ha mostrato un eccesso del 10% per tutti i tumori e del 24% per il tumore del polmone nell’anello di territorio circostante l’area industriale e è emerso anche un incremento della mortalità per 9 dei 13 tipi di tumore maligno considerati nell’analisi. Per alcune cause di morte sono stati osservati incrementi di rischio solo tra le donne, come per esempio per i tumori del sistema nervoso centrale, per i linfomi non-Hodgkin, per il tumore del pancreas, del fegato, oltre ai tumori femminili di mammella e utero. Tra i pochi studi con disegno analitico condotti è da citare lo studio caso-controllo sui casi incidenti a Taranto di tumore maligno del polmone, della pleura, della vescica e del sistema linfoemopoietico (periodo 2000-2002), in relazione alla distanza della residenza principale da diverse fonti emissive. I risultati mostravano un aumento di rischio di tumore polmonare e della pleura al diminuire della distanza della residenza dalla maggior parte dei siti di emissione considerati (compresi l’acciaieria e i cantieri navali).
Più di recente Taranto è stata una delle 10 città italiane
studiate dal progetto EPIAIR nel periodo 2001-2005. Lo studio mostrava un
aumento dello 0.69% del rischio di mortalità totale per incrementi di 10μg/m3 di
PM10, effetto superiore a quello riscontrato nelle principali analisi
pubblicate in Europa (0.33%), nel Nord America (0.29%) e nei precedenti studi
italiani (studio MISA, 0.31%). Inoltre, la correlazione tra polveri PM10 e
biossido di azoto indicava nelle emissioni industriali la fonte principale
dell’inquinamento atmosferico. Infine una recente indagine su 125 campioni di matrici
alimentari prelevati in 41 aziende localizzate entro 10 km dal polo
industriale, in 32 (26%) raccolti in 8 aziende (20%) la concentrazione di
diossine e di policlorobifenili aveva superato i limiti in vigore.
Lo studio Sentieri ha consegnato per il Sito di Taranto un
profilo di mortalità sui dati 1995-2002 (corretti per indice di deprivazione
socio-economica) tutt’altro che tranquillizzante:
- mortalità generale e per tutti i tumori in eccesso in entrambi i generi tra il 10% e il 15%;
- eccesso la mortalità per tumore del polmone del 30%per entrambi i generi;
- eccesso peruomini e donne i decessi per tumore della pleura;
- forte eccesso, 50% per gli uomini e 40% per le donne, dei decessi per malattie respiratorie acute;
- eccesso di circa il 15% tra gli uomini e 40% nelle donne della mortalità per malattie dell’apparato digerente;
- incremento di circa il 5% dei decessi per malattie del sistemacircolatorio soprattutto tra gli uomini; (in particolare per malattie ischemiche del cuore)
- eccesso di mortalità per condizionimorbose di origine perinatale (0-1 anno), e eccessodi circa il 15% - seppure non statisticamente significativo - per la mortalità legata alle malformazioni congenite.
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La scheda di “Sentieri” dedicata a Taranto conclude: “Complessivamente,
il profilo di mortalità della popolazione residente nell’area di Taranto mostra
un andamento temporale e una distribuzione geografica che sono in linea con la
cronologia e la distribuzione spaziale dei processi produttivi ed emissivi che
caratterizzano l’area industriale di questoSIN da molti decenni”, e suggerisce
“Specifici studi epidemiologici di tipo analitico, informativi per l’area in
studio … del tipo studi di coorte/caso controllo residenziali di nuova
generazione, che utilizzino modelli predittivi per stimare il contributo delle
emissioni industriali sull’esposizione personale a inquinanti ambientali.
Sarebbe inoltre opportuno condurre studi di coorte o caso/controllo, anche per
i lavoratori impiegati nelle diverse realtà produttive del polo industriale di
Taranto".
La perizia redatta recentemente dagli epidemiologi Forastiere, Biggeri, Triassi, incaricati dalla Procura della Repubblica di Taranto, ha consolidato e sviluppato tutti i segnali sedimentati dagli studi precedenti, utilizzando un disegno di studio molto avanzato, mai adottato in precedenza: uno studio di coorte di popolazione basato sulla ricostruzione della storia anagrafica di tutti gli individui residenti, il loro successivo follow-up, e il calcolo dei tassi di occorrenza di malattia e di mortalità. La coorte è composta dai residenti al 1 gennaio 1998 e da tutti i soggetti che sono successivamente diventati residenti nell’area per nascita o immigrazione fino al 31 dicembre 2010. L’indirizzo di residenza di tutti i soggetti, ad iniziare dal 1 Gennaio 1998, è stato poi georeferenziato ed è stata cosi costruita la coorte dei residenti nei 9 quartieri di Taranto. Ad ogni soggetto è stato attribuito il valore dell’indicatore di deprivazione socio-economica. Attraverso la ricostruzione della storia contributiva dei lavoratori, in collaborazione col Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’INAIL, nella coorte dei residenti sono stati individuati i lavoratori del settore siderurgico e suddivisi in operai e impiegati e lavoratori delle costruzioni meccaniche e navali. Per la valutazione dell’esposizione è stata usata una modellistica avanzata per la stima della dispersione del PM10 da emissioni industriali, che considerano le caratteristiche meteo-climatiche e la stagionalità. Sono stati consideratii risultati dei vari modelli di ricaduta e dei dati esistenti per diversi inquinanti:
- degli IPA e del Benzopirene elaborato da ARPA Puglia;
- dell’Istituto Inquinamento Atmosferico del CNR sulle diossine nelle emissioni del camino dell’impianto di agglomerazione dello stabilimento ILVA;
- dall’ISPESL sulla modellistica dell'inquinamento atmosferico di origine industriale e antropica nell'area di Taranto, su inquinanti convenzionali (PM10, SO2, NO2, CO) e di microinquinanti organici.
E’ stato, inoltre, considerato l’inventario delle emissioni e i fattori emissivi per le emissioni convogliate. Nel lavoro sono state considerate le emissioni da traffico veicolare, quelle delle attività portuali e dal riscaldamento domestico e da discariche di rifiuti, oltre al contributo degli impianti ENI/AGIP. Per quanto riguardava le polveri da fonti puntuali, il contributo ILVA alle emissioni totali era di circa il 90%. Nella strategia di analisi sono stati usati strumenti statistici estremamente sofisticati e assunzioni restrittive in modo da pervenire a risultati robusti (ad esempio, considerare solo i soggetti con almeno 20 anni di residenza nella stessa abitazione, considerare solo i soggetti con esposizione superiore al 90° percentile della distribuzione confrontati con i soggetti al di sotto del 50° percentile). Come effetti sanitari sono stati considerati sia effetti a breve termine, adeguatamente correlati con l’andamento temporale degli inquinanti, sia effetti a lungo termine, adeguatamente correlati al profilo geografico dell’inquinamento. Al proposito sono quindi errate alcune recenti interpretazioni che hanno limitato i risultati ad effetti maturati per esposizioni passate.
Come si evince dalle conclusioni, da tempo pubbliche, gli autori asseriscono:
“Nello specifico, lo studio fornisce i seguenti risultati:
- La città di Taranto (e i due comuni limitrofi Statte e Massafra) presentano un quadro sociale variegato con presenza contemporanea di aree ad elevata emarginazione e povertà ed aree abbienti. A questa stratificazione sociale si associano differenze importanti di salute (e diprobabilità di morte). Le classi sociali più basse hanno tassi di mortalità e di ricorso al ricovero ospedaliero più alte di circa il 20% rispetto alle classi sociali più abbienti.
- Anche tenendo conto degli effetti della stratificazione sociale, la situazione sanitaria in termini di mortalità e ricoveri ospedalieri non è uniforme nella città. In particolare, tassi più elevati si osservano nei quartieri Paolo VI e Tamburi (Tamburi, Isola, Porta Napoli, Lido Azzurro). Per questi quartieri, anche tenendo conto dei differenziali sociali, delle esposizioniambientali e delle categorie occupazionali indagate con questo studio, i livelli complessivi di mortalità e di ricorso al ricovero sono più elevati di circa il 10-30% per Paolo VI e 10%- 20% per Tamburi. Gli eccessi sono sostenuti dai tumori, dalle malattie cardiovascolari e dalle malattie respiratorie.
- L’esposizione a PM10 primario di origine industriale, come stimata per il 2004 mediante unmodello di dispersione che ha considerato tutte le fonti, è associata in modo coerente con un aumento della mortalità complessiva e con mortalità e morbosità per cause cardiovascolari (in particolare la malattia ischemica), respiratorie, malattie neurologiche e malattie renali. Il carico di decessi e di patologie attribuibile alle esposizioni ambientali è rilevante in termini assoluti e relativi.
- I soggetti che hanno lavorato come operai presso il centro siderurgico, ovvero nelle costruzioni meccaniche e navali di Taranto, hanno un rischio aumentato per molte forme tumorali (sia per la mortalità che per la morbosità). In particolare, sono in eccesso i tumori del polmone e della pleura, i tumori dello stomaco, della prostata, della vescica e del tessuto connettivo. Tra i lavoratori del siderurgico sono presenti eccessi per malattie cardiache eneurologiche.”
Per concludere, il complesso di conoscenze disponibili sullo
stato dell’ambiente e della salute nell’area di Taranto consegnano un quadro
indubbiamente grave per la popolazione, per i lavoratori e per le fasce più
vulnerabili, in primo luogo i bambini. I rischi per le future generazioni,
soprattutto in termini di effetti avversi di esposizioni precoci e di effetti
epigenetici seppure non quantificati, sono prevedibili e tutt’altro che
tranquillizzanti. Un quadro conoscitivo che, se sul piano scientifico può avere
ancora alcuni elementi di interesse per ulteriori approfondimenti, sul piano
decisionale - anche considerando i livelli di incertezza peraltro chiaramente
dichiarati – ha raggiunto un livello che dovrebbe essere considerato
sufficiente da tutte le parti in causa, al di là degli interessi in gioco che
non dovrebbero incidere sulla interpretazione dei risultati conseguiti ma sulle
scelte da fare, per difendere ambiente, salute e occupazione. Ritardi e
omissioni non solo nella messa a norma e nei controlli (le varie recenti
dichiarazioni sulla necessità di adeguamento a norme europee sono inquietanti
in quantonon fanno altro che ratificare l’anormalità), ma soprattutto nella
rimozione dei fattori di rischio noti, dalla produzione di inquinanti alle
bonifiche, sono a Taranto - cosi come in molte altre aree riconosciute da
bonificare per legge - una necessità basata sulle conoscenze scientifiche.
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