Il grafene - la promessa per una prossima rivoluzione elettronica, che ha fruttato il premio Nobel per la Fisica nel 2010 – continua a essere rimodellato in modi inaspettati. Questa volta sono ricercatori della Monash University di Clayton, in Australia, ad aver sviluppato un nuovo processo di lavorazione del materiale derivato della grafite, che consente di candidarlo anche per le applicazioni della futura elettronica ‘flessibile’, supportando chi immagina schermi e tablet arrotolabili come fogli di carta.
La nuova veste del grafene sviluppata dal team guidato da Dan Li, oltre a poter condurre l’elettricità può sopportare un carico superiore di circa 50.000 volte il suo peso e riprendere la sua forma originale, anche dopo aver subito una compressione dell’80%, conservando però una densità molto più bassa rispetto ai materiali metallici. La condizione necessaria per sfruttare tutte le eccezionali proprietà dei fogli bidimensionali del composto di carbonio è quella di passare dalle dimensioni nanometriche dei granuli di grafene a una struttura più estesa e consolidata. Partendo dal freeze casting, una tecnica industriale già sviluppata in altri contesi (ad esempio per la realizzazione di materiali ceramici supeconduttori), i ricercatori dell’Università di Monash hanno individuato un trucco per produrre blocchi più massicci del materiale: una versione ossidata e solubile del grafene viene fatta riscaldare, generando degli strati sottili tra i cristalli in crescita che agiscono così da ‘collante’ per una rete più ordinata e continua di grafene.
Non è, in realtà, la prima volta che si utilizza questo metodo. Tuttavia i livelli di resistenza meccanica raggiunti finora erano piuttosto modesti. Il motivo? Secondo Li bastava eliminare l’ossido residuo nel processo di crescita, trasformandolo chimicamente in grafene puro. In questo modo, molecole e strati del materiale si legano senza varianti o interruzioni. Il risultato è una struttura più compatta di atomi di carbonio e pori esagonali, rafforzando e ottimizzando le proprietà del grafene.
Ma, oltre alla novità di un processo di produzione più efficiente, l’entusiasmo nasce da altre possibili applicazioni intraviste all’orizzonte. Secondo Rodney Ruoff, esperto di assemblamento di grafene all’Università del Texas, “questa struttura potrebbe essere utilizzata per elettrodi flessibili o per le batterie e costituire la base di molti materiali compositi. Si potrebbero produrre gomme termicamente o elettricamente conduttive, senza comprometterne le proprietà elastiche”.
Non solo elettronica, c’è chi pensa anche a risvolti in biomedicina. Secondo Li “I biomaterialisti sono molto interessati a questa forma alternativa del grafene, perché la grandezza dei pori del reticolo si adatta molto bene alla struttura dei tessuti”.
I risultati del lavoro sono pubblicati su Nature communication.