fbpx La scienza del Dragone | Scienza in rete

La scienza del Dragone

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

Sono quasi due decenni che, senza soluzione di continuità e, anzi, con una progressiva accelerazione, la Cina accresce gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S).

Dal 1999 il ritmo di crescita degli investimenti è superiore al 20% annuo (1). Ciò ha consentito al grande paese asiatico di trasformarsi in poco tempo da paese scientificamente in via di sviluppo a superpotenza della scienza e dell'innovazione tecnologica (2,3). Ormai la Cina è seconda al mondo, dietro gli Stati Uniti, sia per investimenti assoluti in R&S (nel 2007 ha investito 175 miliardi di dollari equivalenti in ricerca e sviluppo, superando largamente il Giappone fermo, si fa per dire, a 144 miliardi) (#ggg# Figura 1 | Investimenti in R&S); sia per numero di ricercatori (1,2 milioni contro 1,4 milioni degli Stati Uniti - a mero titolo di paragone, l'Italia ne conta 82.000) (#ggg# Figura 2 | Numero di ricercatori ogni 1.000 lavoratori; #ggg# Figura 3 | Numero di ricercatori in vari paesi); sia per numero di pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali con peer-review (sono firmate da un cinese 8 pubblicazioni scientifiche su 100 al mondo)(Figura 4).

numero di pubblicazioni scientifiche

La qualità di questi lavori è ancora inferiore a quella media dei paesi di punta. E la Cina investe ancora troppo poco in ricerca di base (il 5% degli investimenti totali in R&S, contro il 20% in media di altri paesi). Ma in futuro le performances del paese asiatico, ormai già brillanti, sono destinate a migliorare. Con 672.000 iscritti a facoltà di scienza o di ingegneria (erano solo 150.000 nel 1995), la Cina già oggi vanta il più alto numero al mondo di studenti in materie scientifiche e tecniche, avendo superato sia gli Usa sia il Giappone. Ogni anno, inoltre, laurea oltre 12.000 nuovi PhD, il che colloca il paese al terzo posto al mondo, non lontano dai primi: gli Usa (dove ogni anno acquisiscono il PhD circa 20.000 giovani). Bisogna tener conto, tuttavia, che mentre in Cina i nuovi PhD sono quasi tutti cinesi, negli Usa almeno 5.000 (uno su quattro) sono cinesi - e uno su tre (quasi 7.000) sono indiani. Oggi il sistema scientifico americano si regge anche grazie a 142.000 PhD di origine straniera: tra loro 32.000 sono cinesi. E molti stanno tornando a casa. Trovando lavoro ben remunerato in uno dei 54 parchi scientifici e tecnologici realizzati dal 1988 a oggi, partendo da zero.

Anche i successi nel settore delle tecnologie di punta sono evidenti. Alla fine dello scorso mese di settembre il taikonauta Zhai Zhigang è stato il primo cinese a effettuare una passeggiata nello spazio. Nel 2003 la Cina è stato il terzo paese, dopo l'Unione Sovietica (e la sua erede, la Federazione russa) e gli Stati Uniti d'America ad aver inviato autonomamente un proprio astronauta nello spazio.

Tutto ciò rende credibili i progetti di Pechino: raggiungere un livello di investimenti in R&S pari al 2,5% del Prodotto interno lordo (Pil) entro il 2020: oggi è all'1,6%, ma era allo 0,4% all'inizio degli anni '90. Raggiungendo così il livello relativo delle massime potenze scientifiche del pianeta. Se ciò avverrà, nel 2020 la Cina supererà gli Usa e diventerà il massimo investitore assoluto al mondo in ricerca scientifica e sviluppo tecnologico.

Come si sa, la Cina vanta anche ottime performances economico. Da 20 anni registra una crescita del Pil intorno al 10% annuo, il che le ha consentito di diventare il primo partner commerciale dell'Europa e dell'Oceania, scalzando in entrambi i casi gli Stati Uniti. Forse è meno noto il fatto che questo exploit è dovuto anche all'incremento delle esportazioni hi-tech, passate dal 6% del totale nel 1992 al 30% nel 2006. Per ogni tre dollari di beni esportati dalla Cina, uno deriva dalla vendita di alta tecnologia. Ormai la Cina è il secondo produttore al mondo di alta tecnologia (4,5).

Molti pensano che ci sia una correlazione non banale tra le performance economiche e le performance scientifiche e tecnologiche della Cina.

Bibliografia

(1) Global R&D Report 2008, R&D Magazine, settembre 2007.
(2) China. Special Report, Nature, Vol 454, Issue no. 7203, 24 July 2008, pagg. 374-396
(3) National Science Board. 2008. Science and Engineering Indicators 2008. Two volumes. Arlington, VA: National Science Foundation (volume 1, NSB 08-01; volume 2, NSB 08-01A).
(4) OECD, OECD Factbook 2008: Economic, Environmental and Social Statistics, Science and Technology, Research and Development (R&D), 2008,http://oberon.sourceoecd.org/vl=6366234/cl=15/nw=1/rpsv/factbook/070101....
(5) OECD, Main Science and Technology Indicators, OECD, 2007  

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.