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Un fiore di scienza nel deserto

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Jean-Lou Chameau ha lasciato il suo posto di presidente del California Institute of Technology di Pasadena, per diventare il nuovo direttore del King Abdullah University of Science and Technology (KAUST) in Arabia Saudita. Chameau che ha guidato il Caltech dal 2006, ha sempre cercato di promuovere la ricerca multidisciplinare e l’alta formazione nel campus americano. Grazie al suo operato è riuscito nel corso degli anni ha raccogliere circa 1 miliardo di dollari in finanziamenti. "Non mi aspettavo di andare via dalla California, però, mi si è presentata un’opportunità unica e che cambierà sicuramente la mia vita” spiega lo scienziato francese. La sua nomina a capo del KAUST, probabilmente, darà un grande impulso agli sforzi economici che nel corso di questi anni si stanno facendo per portare questo istituto di ricerca a livello di quelli occidentali. Non è, infatti, il primo scienziato di alto livello ad accettare di lavorare alla corte di re Abdullah.

Sulle rive del Mar Rosso, nei pressi di un piccolo villaggio di pescatori chiamato Thuwal, il re saudita ha lanciato una sfida: creare un’Università ambiziosa in grado di essere leader mondiale nel campo della scienza e della tecnologia. Far rinascere la scienza laddove fiorì per prima. L’uso dei numeri arabi, parole come “algebra”, il mondo islamico ha vissuto il suo rinascimento che è andato a scomparire intorno al tredicesimo secolo. Oggi tutti i dati indicano che i paesi del mondo arabo e mussulmano sono in ritardo, è irrisoria la quantità di denaro spesa per ricerca e sviluppo e le poche pubblicazioni prodotte non sono di un buon livello. Per cambiare la rotta, King Abdullah ha creato nel 2009 il KAUST, donando 20 miliardi di dollari, una cifra pari a quella del Massachusetts Institute of Technology, che si colloca adesso tra i primi centri di ricerca U.S.A. Il centro di ricerca è provvisto del terzo elaboratore più potente del mondo e gli stipendi raggiungono anche i 100.000 dollari l'anno. Essere pronti al dopo-petrolio e trasformare la società saudita facendola uscire da un’economia di rendita per portarla a quella della conoscenza.

Il KAUST punta a una popolazione composta da circa il 40% da studenti provenienti dall’Arabia Saudita e altri stati arabi della regione del Golfo, il 30% dai paesi che si estendono tra l'Egitto e l'India, e il 30% dal resto del mondo. Per cercare, però, di attirare una percentuale sempre più crescente di ricercatori stranieri si è deciso di organizzare la ricerca su centri interdisciplinari dedicati a specifiche sfide, tra cui la ricerca energetica, disponibilità di acqua e lo sviluppo sostenibile. Per ovviare al problema dell’isolamento geografico e quindi l’essere appetibile per i giovani talenti, il KAUST offre laboratori provvisti delle migliori attrezzature e concede grosse sovvenzioni agli scienziati. L'università elargisce borse di studio, non solo a tutti gli studenti universitari, ma anche ai ricercatori d'oltreoceano che devono però sottoscrivere degli impegni di ricerca.In poco più di tre anni sono stati sborsati più di 200 milioni di dollari ai migliori ricercatori universitari provenienti da Stanford, Berkeley, Caltech, Georgia Tech.

Re Abdullah sta spendendo decine di miliardi per la ricerca tecnologia per rendere il petrolio più duraturo e sviluppare risorse energetiche che le future generazioni possano un giorno esportare. Molti dei finanziamenti sono orientati nel cercare di trovare una soluzione alla “dipendenza” dal petrolio e cercare di rendere le esportazioni del prezioso idrocarburo ancora più redditizie. William J. Koros, professore Georgia Tech ha ricevuto 10 milioni di dollari per continuare e approfondire i propri lavori sugli idrocarburi in Arabia Saudita. E’ singolare come alcuni di questi scienziati negli Stati Uniti lavorino per ridurre la dipendenza dal petrolio mentre al KAUST sviluppano nuove tecnologie per cercare di ottimizzare l'estrazione del combustibile e il suo continuo uso. Alcuni scienziati, arrivati alla corte di re Abdullah, stanno anche lavorando per mettere a punto nuove innovazioni per quanto concerne l’energia solare, sono alla studio pannelli solari in grado di sopravvivere a tempeste di sabbia e desalinizzazione del Mar Rosso.

L’obiettivo del KAUST non è solo quello di trovare nuove fonti di energia, ma cercare di diventare una nuova Silicon Valley, dove si possano creare nuovi posti di lavoro in ricerca e innovazione. Ci sono piani per sviluppare al meglio informatica e ingegneria. Per superare l’isolamento geografico in cui si troveranno gli scienziati, sarà permesso loro di partecipare a simposi e convegni. Anzi saranno incentivati a farlo, grazie al pagamenti dei viaggi. Una delle più grandi novità che si possono vedere al KAUST sta nel ruolo della donna. Nel campus, finalmente, è possibile un educazione mista. A differenza di quello che avviene in molti luoghi del Medio Oriente, qui le donne possono liberamente fare ricerca e la polizia religiosa è esclusa dal campus.

Questa rosa nel deserto presenta però alcune spine. Innanzitutto separare l’università del re saudita dall’industria petrolifera del regno è del tutto impossibile. Gli interessi petroliferi hanno un ruolo fondamentale nella scelta di ciò che la ricerca deve fare. Le decisioni prese spesso non sono trasparenti e collegiali. "Un gruppo di noi ha voluto tenere un simposio sul cambiamento climatico, ma il presidente dell'università ha respinto l'idea. Ci hanno detto che non era nell'interesse di Arabia Saudita", ha spiegato James Luyten, già a capo del Woods Hole Oceanographic Institution nel Massachusetts e ora direttore del Red Sea Research Center. Molto spesso gli scienziati devono rispondere a persone che nulla hanno a che fare con mondo della ricerca ma che hanno solo il “privilegio” di essere nella cerchia del re. Inoltre il consiglio direttivo del KAUST si riserva il diritto di rivedere gli studi prima della pubblicazione, qualcosa che di solito non accade nelle accademie occidentali.


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