Coonabarabran, Nuovo Galles del Sud – ore 5:38
Notte di lavoro per Simon Feestair. A dire il vero era ufficialmente in ferie, ma poiché aveva la fortuna di fare un lavoro che gli piaceva, anche le ferie finivano col prendere quasi sempre l'aspetto dei giorni di lavoro. Fin da piccolo Simon era stato irresistibilmente attratto dalle cupole dell'Osservatorio di Siding Spring: erano a pochi chilometri da casa sua e ogni occasione era buona per chiedere a suo padre di portarlo da quelle parti. Ora, finalmente, sotto quelle cupole ci lavorava. Era un astronomo, ma si occupava soprattutto dei problemi informatici direttamente collegati all'osservazione del cielo. In quei mesi era alle prese con un nuovo software che avrebbe dovuto migliorare le osservazioni fatte per la SSS (Siding Spring Survey), il progetto di ricerca di nuovi asteroidi condotto in collaborazione con l'Università dell'Arizona al quale l'Osservatorio si era aggregato qualche anno prima che Simon venisse assunto.
L'idea di fondo del nuovo software, apprezzata anche da chi operava direttamente sul telescopio dedicato per una manciata di notti al mese alla Survey, era quella di rendere il più rapida possibile l'individuazione di un nuovo oggetto celeste. Scattata l'immagine di una porzione di cielo, il compito del software era quello di individuare istantaneamente in quell'immagine tutti i puntini luminosi e confrontare le loro posizioni con i database esistenti. Una routine normalissima e ampiamente diffusa, ma che Simon era riuscito a rendere di gran lunga più efficiente e rapida gestendo l'accesso ai database con particolari tecniche prese a prestito dai programmi di intelligenza artificiale.
Prima di implementare il software sui computer dell'Osservatorio, però, non solo Simon voleva esser certo del suo corretto funzionamento e della piena compatibilità, ma gli era venuta voglia di arricchirlo anche con un'altra chicca. Ricorrendo a innovative tecniche di trattamento delle immagini - da sempre Simon era un vero appassionato di fotografia digitale - voleva spremere il più possibile le fotografie del cielo raccolte dal telescopio, provando a scorgere il flebile bagliore di un astro anche se immerso nella leggera e diffusa luminosità del cielo mattutino che annuncia l'inizio del nuovo giorno. Algoritmi delicati, con il rischio concreto di grossolani abbagli - è proprio il termine adatto - dietro l'uscio.
Ormai la versione beta era praticamente pronta e Simon si era preso qualche giorno di ferie per provarla sul suo telescopio personale. Coonabarabran, il paese in cui abitava, era per così dire una delle porte d'accesso del Warrumbungle National Park, il meraviglioso parco naturalistico pesantemente devastato dagli incendi nel 2013 (1) e lentamente riportato al suo splendore negli anni seguenti. Proprio su una modesta altura nel Parco, con l'aiuto di altri appassionati, Simon si era costruito una specie di osservatorio privato. Nulla di particolarmente appariscente: un semplice capanno con il tetto scorrevole che ospitava il basamento del suo telescopio e una serie di batterie, mantenute cariche da un efficiente impianto fotovoltaico, che garantivano un'intera giornata di autonomia elettrica. Il telescopio, il computer e tutte le altre diavolerie per l'osservazione se li portava da casa quando decideva di trascorrere qualche giorno per conto suo tra le montagne e il cielo. Così aveva fatto anche in quelle tiepide giornate della seconda metà di aprile, con l'autunno che ormai aveva iniziato a colorare le foglie degli alberi.
Grazie alle sue conoscenze informatiche e alla possibilità di accedere ai database dell'Osservatorio, Simon aveva trasformato quel capanno in una sorta di ufficio distaccato, dal quale poteva condurre i test più disparati sul software dandogli in pasto le immagini appena raccolte dal suo telescopio. Era stato proprio in occasione dei test svolti all'inizio dell'estate che si era reso conto di un insidioso bug. Per venirne a capo aveva dovuto faticare non poco e ora - almeno sulla carta - tutto si doveva essere risolto. Almeno così sembravano indicare tutte le sessioni osservative svolte fino alla notte prima. Alle primissime luci dell'alba di quel 21 aprile, però, il software segnalava qualcosa di insolito.
Ormai Simon stava per dichiarare ufficialmente conclusa anche quell'ultima sessione osservativa: i dati raccolti nelle nottate precedenti e una prima sommaria analisi erano già pronti per il controllo accurato al quale li avrebbe sottoposti con Robert - il suo boss, un'autentica istituzione a Siding Spring - al rientro in Osservatorio. Alle 5:38, dunque, il software segnalava che nell'immagine ripresa dal telescopio compariva un oggetto non presente nei database. Gli era già capitato altre volte, ma aveva sempre dovuto constatare, con suo grande dispiacere, che si trattava di un falso allarme. Come quella volta che un piccolo pallone meteorologico fece letteralmente impazzire il software per un paio d'ore generando una serie di assurde segnalazioni.
L'importanza di Coonabarabran per gli australiani che si occupano di astronomia è magnificamente riassunta dal cartello di benvenuto della piccola cittadina.
Quella mattina, però, la faccenda era molto diversa. Il telescopio, infatti, stava puntando una porzione di cielo in direzione della costellazione dei Pesci debolmente rischiarata dal riflesso della luce solare, proprio il bersaglio al quale mirava il nuovo algoritmo del suo software. In automatico, come previsto dal programma, il telescopio aveva nuovamente puntato la medesima zona del cielo e raccolto una nuova immagine. Dopo pochi istanti di elaborazione il pop-up sullo schermo segnalava ancora una presenza non prevista, ma questa volta veniva anche indicato che la segnalazione rientrava tra i limiti di errore strumentale - la dicitura che Simon aveva scelto per codificare le rilevazioni che meritavano una accurata indagine supplementare.
Per togliersi il pensiero, sapendo che per quella notte il telescopio ANU (2) da 2,3 metri dell'Osservatorio era stata prenotato da Robert, Simon lo chiamò sul cellulare.
«Come va, Rob? Avrei un grosso favore da chiederti. Il software che sto provando mi ha inizialmente segnalato la presenza di un nuovo oggetto nei Pesci, ma al secondo controllo sembra averlo perso. Ce la fai a dare un'occhiata?»
«Nei Pesci, Simon? Ma da quelle parti il cielo sta ormai rischiarando... Mandami le coordinate e vedo se riesco a scovare qualcosa. Poi ti chiamo.»
Il tempo sembrava non passare: Simon non pensava che quel “poi” potesse durare così a lungo. Nell'attesa, per un paio di volte, aveva provato a mettere di nuovo il suo telescopio sulle tracce di quell'evanescente oggetto, ma inutilmente. Alla fine il software gli aveva detto apertamente di desistere: le condizioni di fondo cielo - recitava il pop-up - non permettono una lettura affidabile.
La suoneria del telefonino lo fece sobbalzare.
«Pronto, Rob, allora?»
«Allora, la faccenda è piuttosto complicata. Ho fatto due riprese in successione e ho ottenuto risposte contrastanti. Il software di routine, quello che usiamo di solito in Osservatorio, non ha scovato nulla. Ho allora provato a dare le immagini in pasto al tuo software e in entrambe le riprese ha beccato il medesimo oggetto. A dire il vero, però, nella seconda mi ha anche dato la segnalazione di un possibile errore strumentale.»
«E' accaduto lo stesso anche a me.» Non era quello il momento di spiegare a Robert il significato del pop-up, l'avrebbe fatto il giorno dopo. Adesso era più importante capire quello che stava succedendo.
«Ammettendo che sia davvero un oggetto reale, sembra quasi che la sua luminosità si stia affievolendo. Che cosa può voler dire, Rob?»
«Impossibile fornire la spiegazione corretta. Potrebbe per esempio trattarsi di un oggetto dalla forma molto irregolare. La sua rotazione potrebbe far sì che la luce riflessa che ci permette di individuarlo giunga da una superficie più ridotta, oppure da una regione meno riflettente. Ma una variazione così rapida non mi quadra... Prima di fare qualsiasi ipotesi, comunque, è fondamentale scoprire se si tratta di qualcosa di reale e non uno spiacevole scherzo del tuo nuovo software. Facciamo così: io contatto un paio di altri osservatori più a ovest in grado di aspettare al varco il potenziale intruso, tu carica tutto e raggiungimi all'Osservatorio. Credo che la nostra notte osservativa avrà una coda inattesa. Ci vediamo tra un'oretta e mezza.»
Per quanto giovane, Simon non era un novellino. Non gli era sfuggita quella punta di leggera preoccupazione nella voce dall'altro capo del telefono. In quella faccenda c'era qualcosa di più, qualcosa che Rob non gli aveva voluto dire. Simon raccolse in fretta le sue cose, caricò il tutto sul suo fuoristrada e chiuse la baracca-osservatorio. Bevve d'un fiato il poco caffè ormai tiepido rimasto nel thermos e si avviò verso Siding Spring.
Note
(1) Nel gennaio 2013 un violentissimo incendio ha devastato il Parco. Circa l'80% degli alberi sono andati distrutti, come pure decine e decine di abitazioni, compresi il Centro di accoglienza e il Museo del Parco.
(2) Il telescopio ANU (Australian National University) è un riflettore con specchio principale da 2,3 metri costruito nei primi anni Ottanta su iniziativa di Don Mathewson, allora direttore dell'Osservatorio di Siding Spring. La sua costruzione venne salutata come la più innovativa del tempo, dato che il progetto prevedeva l'impiego di uno specchio particolarmente sottile, la montatura altazimutale e la collocazione in un edificio rotante.