Università di Pisa, NEODyS - ore 3:15
Il programma di analisi orbitale macinava ormai i dati di Metus da quasi tre ore. Man mano che dal MPC arrivavano nuove rilevazioni astrometriche, il software, pazientemente, ripeteva il ciclo di calcoli. Non era molto tempo che Francesco lavorava a SpaceDyS e forse proprio per questo motivo si era lasciato coinvolgere da quella strana telefonata giunta intorno a mezzanotte dall'Australia. Abitava a poche centinaia di metri dalla stanza dei bottoni di NEODyS - così la chiamavano - e non gli sarebbe poi costato più di tanto posticipare la conclusione della sua giornata. Era convinto che con una mezz'oretta di lavoro avrebbe tranquillamente liquidato quelle insistenti preoccupazioni che arrivavano dall'altro capo del mondo. Ora, tre ore abbondanti dopo quella telefonata, si convinceva sempre più che aveva per le mani una gran brutta rogna. Dopo la mail al MPC aveva già sentito telefonicamente Timothy e Gareth e la piega che la faccenda stava prendendo proprio non gli piaceva.
In altri casi analoghi che gli era capitato di gestire era bastato fornire al software un set di dati più aggiornati e puntualmente la minaccia di un potenziale impatto era scomparsa, letteralmente evaporata. Quella notte proprio non c'era verso. E' vero, l'intervallo temporale era molto limitato, ma dal MPC gli arrivavano rilevazioni astronomiche provenienti da un gran numero di osservatori indiani, russi, kazaki. C'erano un paio di contributi anche dall'Afghanistan e dall'Iran. Non gli era mai capitato di assistere a una copertura così intensa. Evidentemente l'allarme di Gareth aveva toccato i tasti giusti...
Nonostante la copertura, però, proprio non c'era verso di eliminare dal report di NEODyS la preoccupante segnalazione di un rischio impatto. Preso il telefono, fece scorrere i nomi della rubrica cercando quello di Armando, il suo capo, e schiacciò il tasto di avvio della chiamata. Al massimo avrebbe rimediato una lavata di capo.
La voce assonnata e seccata all'altro capo del telefono gli ricordò che, dopotutto, stava rompendo le scatole proprio nel cuore della notte, ma si sforzò comunque di tenere un tono il più possibile normale:
«Pronto, Armando? Sono Francesco. Qui sta succedendo un gran casino. Infilati una tuta e un paio di scarpe e poi raggiungimi il più presto possibile alla stanza dei bottoni. Non stare a perdere tempo a farti la barba. Di tempo proprio non ne abbiamo...»
«Ma che caz... Ma hai guardato l'orologio, Francesco? Guarda che il primo d'aprile è stato venti giorni fa. Mi preparo e in un quarto d'ora penso di riuscire a raggiungerti. Fammi trovare una tazza bella grande di caffè bollente. Un quarto d'ora e sono lì.»
«Poteva andare peggio» disse tra sé e sé Francesco chiudendo la comunicazione. Ora doveva pensare a come spiegare ad Armando quanto stava succedendo. Doveva farlo nel modo più completo e - soprattutto - rapido. E senza scordarsi il caffè.
Il capo fu davvero di parola. Dopo neppure venti minuti Francesco intravvide i fari della macchina che entrava nel parcheggio e, subito dopo, udì il rumore della portiera che si chiudeva. Mise allora la cialda nella macchinetta del caffè e scelse la dose maxi. Quando Armando entrò nella stanza, la tazza di caffè bollente era pronta al suo posto. Prima ancora che riuscisse a dire mezza parola, Francesco lo stava già investendo con una raffica di parole talmente fitte e concitate da risultare incomprensibili persino a un attento ascoltatore. Figuriamoci per una persona tirata improvvisamente giù dal letto nel bel mezzo della notte.
«Adesso calmati, Francesco, e ripetimi tutto da capo. Non ho capito nulla.»
Francesco optò per una soluzione più sbrigativa. Girò il monitor e, in silenzio, gli indicò la scritta “rischio impatto” sul report di NEODyS. Approfittando poi dell'attimo di smarrimento del capo, ricominciò a parlare:
«E' iniziato tutto a mezzanotte. Mi è arrivata una chiamata da Siding Spring, da uno che mi chiamava per conto di Rob McNaught. Bisognava urgentemente fare un check su un oggetto appena scoperto. Credevo si trattasse della solita routine e pensavo di cavarmela in fretta... Poi mi ha telefonato - preoccupatissimo - il dottor Spahr dal MPC raccomandandomi di dare la massima priorità a questo oggetto. L'hanno chiamato Metus. Da quasi tre ore mi stanno arrivando sempre nuovi dati astrometrici, ma non c'è verso di far sparire quella stramaledettissima scritta...»
Il concitato racconto venne interrotto dallo squillare del telefono. Era Timothy Spahr. Mentre Armando armeggiava al computer cercando di ricostruire i pezzi mancanti di quel lacunoso racconto, Francesco prese la chiamata e mise il viva voce.
«Salve, dottor Spahr. Qui non va per nulla bene. NEODyS persiste a segnalare il rischio impatto. L'ultima volta che ho sbirciato sull'output di Sentry mi sembrava che anche al JPL si fosse sulla stessa posizione...»
«Corretto. Ti ho chiamato perché sembra che adesso stia emergendo un altro grave problema. Alcuni osservatori ci hanno segnalato che sta diventando impossibile rintracciare Metus: sta entrando sempre di più nella luce solare. Troppo pericoloso puntare la strumentazione. A conferma di ciò, il flusso di osservazioni che giungono al MPC sta calando in modo sensibile. Ancora una mezz'ora e poi non avremo più nessun aggiornamento. E da lì in poi potremo contare solamente sulla possibilità della rilevazione radar. Sarà il caso che allerti il tuo capo.»
«Già fatto, Timothy. Sono Armando. Francesco mi ha buttato giù dal letto mezz'ora fa, ma mi è bastato trascorrere qualche minuto davanti ai dati per farmi passare del tutto il sonno residuo. Senti, ma al JPL hanno provato a utilizzare il software più dettagliato? Più o meno sappiamo quale area potrebbe essere interessata al potenziale impatto?»
«L'ultima segnalazione dal JPL - anche loro dispongono degli stessi vostri dati - indica un'area centrata grossomodo sul Mediterraneo. Dalle parti di casa vostra, insomma. So che a Pisa avete un programma analogo. Provate anche con quello. Ne approfitto per segnalarvi - l'ho comunicato poco fa anche a Rob a Siding Spring - che alcuni osservatori sono riusciti a raccogliere lo spettro di Metus. Tutto sembra indirizzare verso un oggetto di classe spettrale M (1). Questo fa diminuire le sue dimensioni, ma non cancella affatto le nostre preoccupazioni. Secondo le simulazioni di Gareth, Metus sarebbe grande una sessantina di metri. Una misura più che sufficiente a fargli fare un discreto buco nel terreno. Avete presente il Meteor Crater? Ecco, qualcosa di molto simile.»
«Proviamo subito anche noi a verificare lo scenario più dettagliato dell'impatto.»
Armando fece un cenno a Francesco, che si spostò con un balzo a un altro terminale e avviò il programma di simulazione. Poi continuò: «Anche se l'area è ancora piuttosto incerta, secondo me è comunque il momento di allertare le autorità civili. Contatto subito il responsabile della Protezione Civile. Non so come la prenderà, ma è indispensabile che sappia. Hai parlato di dati radar. Per quando sono previsti?»
«Mezz'ora fa ho parlato con Medicina e con la Crimea. Fortunatamente per noi, proprio in queste settimane stanno organizzando un'operazione congiunta come quella del 2001 e dunque, tagliando corto su certe procedure burocratiche, sono riusciti a concordare l'operazione per stanotte. Ormai dovrebbero aver messo in fase le due stazioni e stanno solo aspettando che Metus faccia capolino. Non appena avranno i primi dati li manderanno direttamente a voi e al JPL. Fate anche voi la simulazione con il software più dettagliato. Aspetto la vostra chiamata.»
Stazione radioastronomica di Medicina (Bologna). In primo piano un braccio della Croce del Nord e sullo sfondo l'imponente antenna da 32 metri di diametro.
Armando andò nel suo ufficio. Non aveva in rubrica il numero dell'ingegner Bertoldi, il referente per la Protezione Civile che gli era stato segnalato in occasione dell'ultimo incontro sul rischio impatto svoltosi due anni prima presso l'Osservatorio di Torino. Si accorse che, da allora, non aveva mai avuto la necessità di utilizzarlo e si augurò che nel frattempo non fosse cambiato o, peggio, l'ingegner Bertoldi non fosse stato destinato a qualche altro incarico. Esitò ancora qualche istante prima di comporre il numero, poi si decise. Ci vollero cinque interminabili squilli, ma alla fine dall'altro capo gli rispose una voce assonnata.
«Pronto, ingegner Bertoldi? Sono Armando Bergamo, di SpaceDyS, la società che ha in carico il servizio di NEODyS, quello sull'allarme impatto. Mi spiace svegliarla nel cuore della notte, ma c'è un'emergenza...»
Anche se sapeva che stava parlando con una persona che simili problematiche le aveva ben presenti, Armando si sforzò di utilizzare un linguaggio il meno tecnico possibile. Dopotutto erano quasi le quattro del mattino e aveva ben presente che, mezz'ora prima, anche a lui erano occorsi almeno cinque minuti e un bel po' d'acqua fredda sul viso prima di potersi considerare sufficientemente sveglio e abile per la guida. Armando impiegò un buon quarto d'ora per esporre la situazione. Ogni tanto punzecchiava l'interlocutore con dei «Mi segue? Comprende?» più che altro per rendersi conto se, malauguratamente, non stesse parlando solamente a se stesso. Le domande che l'ingegnere gli fece, però, convinsero Armando di un paio di cose. Non solo Bertoldi era perfettamente sveglio e attento anche ai minimi dettagli, ma - cosa più importante - dimostrava di essere competente e consapevole dell'importanza della faccenda.
Armando stava rispondendo in merito alla scarsità di dati disponibili e alla prevista indagine radar quando Francesco entrò trafelato nella stanza. Senza dire nulla posò un foglio sulla scrivania del capo e gli indicò tre o quattro parole che aveva cerchiate con un pennarello rosso. Era il listato di output del programma di simulazione dettagliata predisposto da SpaceDyS. Concettualmente molto simile a quello del JPL, recentemente erano state implementate particolari routine di calcolo con il compito di ridurre al massimo gli errori. Era stato testato in più di una simulazione e in effetti sembrava possedere una marcia in più dell'analogo americano.
Armando si zittì di colpo: Italia Centrale, ora stimata 7:50. La cartina che accompagnava il listato mostrava un'ellisse che si estendeva dal Gargano fin quasi alla Corsica, con Roma più o meno al centro. Si trattava ancora di un'area lunga 500 chilometri e ampia 200, ma era comunque decisamente più ristretta rispetto a quanto suggerivano le previsioni del JPL. Con un filo di voce comunicò a Bertoldi il risultato della simulazione. Il silenzio all'altro capo del telefono gli confermò che la segnalazione era arrivata.
Quelle scarne parole mutarono radicalmente la conversazione, avviandola rapidamente al termine. Bertoldi diede ad Armando un altro numero telefonico - «Per sicurezza» gli disse - raccomandandogli di tenerlo costantemente informato sugli sviluppi. Gli dettò poi gli indirizzi mail riservati del Capo del Dipartimento della Protezione Civile e del Direttore dell'Ufficio IV (Gestione delle emergenze) chiedendo di mandare a entrambi tutta la documentazione in suo possesso. Nel frattempo lui li avrebbe contattati di persona per telefono.
Armando guardò l'orologio: le quattro e dodici. Soffocò a stento una mezza imprecazione. Alle spalle aveva un aborto di notte e davanti a lui si stava delineando un'interminabile e terrificante giornata.
Note
(1) Questo tipo di spettro caratterizza gli asteroidi con probabile composizione metallica (Ferro e Nichel) che popolano la cosiddetta Fascia principale.