Immagine computerizzata di un evento in cui è stato prodotto un microscopico buco nero nella collisione di due protoni. Photo credit: ATLAS Experiment © 2008 CERN.
In principio era Democrito. Il suo atomo (dal greco ἄτομος, ossia non divisibile) è in fondo la prima particella elementare, se per “elementare” intendiamo “privo di struttura interna” o “non ulteriormente scomponibile o divisibile”. Democrito, insieme a Leucippo, circa 400 anni prima di Cristo sosteneva infatti che fosse questo l’elemento originario della materia, quello che costituisce il limite invalicabile al tentativo di dividerla all’infinito.
Il libro di Antonio Ereditato (Le particelle elementari, Il Saggiatore, pp. 404, euro 24,00) non poteva che partire da qui, dunque. Anche se, in realtà, l’atomismo democriteo potrebbe essere considerato un antefatto perché, in mancanza di verifica sperimentale, la teoria rimase una discussione accademica. Una discussione durata, peraltro, secoli: la sua idea venne ripresa da altri filosofi greci come Epicuro, romani come Lucrezio e passò poi attraverso il Rinascimento e il Seicento.
L'atomismo da Democrito a Dalton
Per trovare la prima teoria atomica moderna, però, dobbiamo arrivare all’inizio dell’Ottocento, ovvero alle ipotesi di John Dalton che, a differenza di quelle del filosofo greco, fornivano predizioni che potevano essere verificate. Erano insomma già all’interno del metodo scientifico. Da lì in poi è tutta una corsa sul sentiero della conoscenza di ciò di cui siamo fatti: gli strumenti per indagare l’infinitamente piccolo diventano sempre più sofisticati, le teorie sempre più immaginifiche e una scoperta tira l’altra come le ciliegie.
Antonio Ereditato è professore di Fisica delle particelle elementari presso l’Università di Berna e direttore del Laboratory for High Energy Physics e dell’Albert Einstein Centre for Fundamental Physics sempre a Berna. Svolge attività di ricerca al CERN di Ginevra, al Fermilab di Chicago e al J-PARC di Tokai, in Giappone, dove partecipa ai più importanti esperimenti internazionali sulla fisica delle particelle.
Antonio Ereditato è nato a Napoli e nella sua città ha studiato fisica avendo come maestro Ettore Pancini. Quel Pancini che, insieme a due colleghi - Marcello Conversi e Oreste Piccioni – aveva dato vita a un esperimento che aprì le porte a un nuovo livello di realtà fisica, l’universo subnucleare. Luis Alvarez, Nobel per la fisica nel 1968, nella lectio pronunciata a Stoccolma, ricordò così il loro lavoro: “La moderna fisica delle particelle ebbe inizio durante gli ultimi giorni della Seconda guerra mondiale, quando un gruppo di giovani italiani, Conversi, Pancini e Piccioni, iniziò un notevole esperimento”. Oggi Ereditato è professore di fisica delle particelle elementari presso l’Università di Berna e direttore del Laboratory for High Energy Physics e dell’Albert Einstein Centre for Fundamental Physics sempre a Berna. Ma, accanto al rigore dello scienziato, da buon napoletano mantiene l’amore per il racconto e il gusto per l’ironia. E’ così che il suo libro, pur affrontando temi difficili, riesce a farsi leggere con piacere anche dai non esperti della materia, quali noi siamo. Accanto a una storia serissima e impeccabile della fisica delle particelle, troviamo le storie appassionate e a volte anche divertenti di chi di quella fisica ha fatto il suo lavoro.
La moderna fisica delle particelle elementari
Sia chiaro: Ereditato non si nasconde dietro a un dito. Sa che la materia che tratta è complessa, fa qualche sconto, ma non può cedere più di tanto alla semplificazione e ad un certo punto avverte il lettore: “Le prossime pagine sono molto dense di argomenti che richiedono un’attenzione maggiore del solito. Me ne scuso, ma sono persuaso che in alcuni casi i temi che trattiamo richiedono un minimo di studio”. E così riesce a farsi perdonare la spiegazione della Quantum Electro Dynamics. Del resto, l’autore coglie una verità fondamentale: non ci sono pasti gratis, se vogliamo capire qualcosa, dobbiamo faticare un po’. Se lo faremo, però, avremo in regalo alcune belle storie, sia sul piano scientifico che su quello umano.
E l'atomo non fu più indivisibile
Sul piano scientifico la storia è quella di un progressivo addentrarsi della mente umana nel microcosmo della materia. Intorno agli anni Venti già l’atomo non è più indivisibile, in esso c’è un nucleo e ci sono particelle più piccole: l’elettrone e il protone. Ma la famiglia cresce in fretta: arrivano il neutrone e , si ipotizza, anche un neutrino. Nel tempo si aggiungono il muone, il pione, il kaone... Le particelle elementari diventano centinaia. Negli anni Sessanta una nuova rivoluzione introduce tre mattoni elementari che permettono di costruire molte delle particelle scoperte fino a quel momento: i quark (che traggono il loro nome da un romanzo di James Joyce, Finnegan’s Wake). Le cose si complicano quando entrano in campo le forze: la materia è essenzialmente vuota. “E’ vuoto l’atomo per circa il 99,9999999999999% del suo volume, sono vuoti il protone e il neutrone”, cos’è allora che impedisce alla mia mano di passare attraverso il muro che ho di fronte? Esattamente le forze che si esercitano tra le particelle. Ecco allora che Ereditato ci spiega le quattro forze fondamentali in natura: la forza nucleare forte, la forza elettromagnetica, la forza nucleare debole e la forza gravitazionale.
Dall'antimateria al bosone di Higgs
Ma tutta la fisica delle particelle non si potrebbe capire senza accennare alla rivoluzione di Newton e poi a quella di Einstein per quanto riguarda le nostre nozioni di spazio e di tempo, e poi senza la meccanica quantistica. Quando ci addentriamo più a fondo nell’argomento principale, Ereditato ci spiega che cosa vuol dire “vedere” quando parliamo di particelle molto più piccole della lunghezza d’onda della luce incidente e perché siamo giunti a costruire acceleratori di particelle di energia sempre più alta per poter sondare strutture sempre più piccole. Ci guida attraverso territori affascinanti come quelli dell’antimateria e della simmetria. Ci spiega il significato di nuove scoperte come il bosone di Higgs e le onde gravitazionali. La curiosità scientifica è soddisfatta.
L'orgoglio di Pontecorvo e lo stomaco di Koshiba
Poi c’è il piano umano. Su questo fronte il libro ci regala momenti narrativi potenti, come quando Ereditato racconta del suo incontro con Bruno Pontecorvo ad una conferenza internazionale a Dubna nel 1984. Pontecorvo, il “cucciolo” dei ragazzi di via Panisperna, aveva scelto di emigrare in Urss negli anni Cinquanta, suscitando grande scandalo in Italia. Nell’84 è già malato, parla e si muove piuttosto male, ma vuole vedere il giovane fisico italiano per chiacchierare di scienza e anche di politica. Quando sente che al CERN si sta preparando un esperimento per cercare le oscillazioni del neutrino, non riesce a celare un moto d’orgoglio: “Quelle le ho inventate io”, dice. E in quelle parole, si sente tutta l’amarezza dell’autore per un riconoscimento che a Pontecorvo non è mai arrivato, nonostante i fondamentali contributi di questo scienziato italiano alla fisica.
Oppure momenti narrativi ironici e teneri, come il racconto della visita a Napoli di Masatoshi Koshiba avvenuta nel 2003. Koshiba, giapponese premio Nobel per la fisica 2002, conosceva una sola frase in italiano: “Io ho un piccolo stomaco”. I suoi colleghi partenopei non domandarono come mai avesse imparato una sequenza di parole così strana, ma invece lo portarono a mangiare linguine allo scoglio al Borgo Marinari. E la frase diventò improvvisamente profetica.