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Renato Caccioppoli, matematico

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Storia della matematica

Cinquant’anni fa, l’8 maggio 1959 moriva Renato Caccioppoli, una delle figure più interessanti e affascinanti della Matematica del ventesimo secolo. Nipote di Michail Bakunin, era vissuto in un ambiente culturale originale e raffinato. Il Padre, un noto chirurgo napoletano, non voleva inizialmente che Renato frequentasse l’Università per il timore che si iscrivesse a Medicina (e proseguisse poi con una professione che il padre considerava troppo “esposta” umanamente). Il compromesso fu l’iscrizione a  Ingegneria da cui, dopo il biennio, Renato passa a Matematica. Nel 1925 si laurea sotto la guida di Ernesto Pascal, ma riconosce quale suo maestro soprattutto Mauro Picone.

La sua carriera è rapidissima: assistente di Picone fin dalla laurea, è libero docente di Analisi nel 1928 e tre anni dopo è già titolare di cattedra a Padova, dove sostituisce Giuseppe Vitali. Nel 1934 ritorna a Napoli per insegnare successivamente Teoria dei gruppi, Analisi superiore, e dal 1943, Analisi matematica.

Renato Caccioppoli  è considerato uno dei più creativi e importanti matematici italiani della prima metà del Novecento. La sua ricerca, iniziata a metà degli anni Venti con alcuni lavori sul prolungamento dell’insieme di definizione di un funzionale e l’uso di quella tecnica dell’estrapolazione che  presto applicherà alla teoria dell’integrazione, approda a notevoli risultati in tema di teoria geometrica della misura, analisi funzionale, equazioni differenziali.

Più in particolare, gli studi su una teoria geometrica della misura ( per una superficie assegnata parametricamente) lo portano, nella seconda metà degli anni Venti, alla considerazione delle superfici orientate e al duplice carattere – di estensione e di orientazione – da attribuire all’elemento d’area; sono studi che riprenderà dopo la guerra, nel 1952, con un ideale passaggio di testimone a Ennio De Giorgi. Dell’inizio degli anni Trenta è la “scoperta” dell’Analisi funzionale con quei teoremi di punto fisso che successivamente, per la loro limitata applicabilità alle equazioni differenziali e alle equazioni integrali, lo porteranno a formulare un generale principio di inversione delle corrispondenze funzionali. Sempre negli anni ’30 iniziano le sue ricerche sulle equazioni differenziali: abbiamo la generalizzazione di un teorema di esistenza di Bernstein per un problema ai limiti di un’equazione (ordinaria) del secondo ordine e, via via, tutti i lavori sulle equazioni ellittiche  (un teorema di esistenza all’interno della classe delle funzioni dotate di derivate seconde hölderiane; varie maggiorazioni a priori; la dimostrazione del carattere analitico delle soluzioni di classe C2  delle equazioni analitiche in due variabili con una prima risposta al 19.esimo problema posto da Hilbert al Congresso Internazionale dei matematici del 1900; ecc.).

Questi importanti risultati vengono presentati  in uno stile che non è sempre lineare e semplice da seguire e che comunque nulla ha a che fare con un’esposizione “asettica” e frammentata in definizioni, proprietà, lemmi, teoremi, corollari, esempi ecc. che tende quasi a nascondere il percorso della scoperta e le idee che l’hanno generata e che, tra l’altro, proprio in quegli anni, si va diffondendo nella letteratura matematica. C’è invece sempre, da parte di Caccioppoli, il tentativo di “pensare in grande” e di non nascondere gli orizzonti della sua ricerca. Caccioppoli non ama il lavoro “di lima e di rifinitura”.

Questo, in estrema sintesi, è il Caccioppoli più propriamente matematico. Ma la sua popolarità è dovuta anche agli aspetti umani del personaggio e alle sue prese di posizione in campo socio-politico, spesso controcorrente. Già  tenuto sotto controllo, a Padova da parte dell’occhiuta polizia politica fascista, è a Napoli che l’antifascismo di Caccioppoli viene allo scoperto con l’arma che sente più propria e più sottile: l’ironia. Così, il matematico comincia a guadagnare notorietà negli ambienti antifascisti. Frequenta Mario Palermo, comunista eterodosso, che diverrà uno dei suoi più cari amici, e partecipa alle riunioni clandestine degli oppositori del regime che si svolgono fra un bar e l'altro, in casa di qualche amico o compagno, nel magazzino di una libreria. È del 1937 l'incontro con Andrè Gide, mentre è del 1938 l’arresto – assieme alla giovanissima compagna, Sara Mancuso, che sposerà nel 1939 – per alcune manifestazioni di antifascismo in una trattoria. La famiglia di Renato, soprattutto la zia Maria (Marussia), interviene e gli evita il carcere producendo un certificato medico in cui è dichiarato pazzo. Così “il professore” viene ricoverato in una clinica psichiatrica e per circa un anno non frequenta l’Università, pur proseguendo l’attività scientifica con gli amici Carlo Miranda e Gianfranco Cimmino.

Nel clima di grande ricostruzione materiale e morale che segue alla liberazione di Napoli e al successivo arrivo degli americani, Caccioppoli si impegna attivamente in politica, assieme a moltissimi altri intellettuali napoletani. Il Partito Comunista è visto come la forza in grado di rigenerare il Paese e dargli una prospettiva di trasformazione. Caccioppoli comincia a frequentare le sezioni del partito (di cui, tuttavia, non prenderà mai la tessera), la sede napoletana de l'Unità e a tenere comizi per il partito. Sono gli anni del rinnovato legame con Mario Palermo e con Renzo Lapiccerella, altro comunista eterodosso, allora direttore della redazione napoletana de l'Unità. Le appassionate discussioni politiche con i giovani che la frequentano (Francesca Spada, Ermanno Rea, Franco Prattico, Ivan Palermo, Mariano D’Antonio) si svolgono nella sede del quotidiano comunista, intorno ai tavoli del bar “Gambrinus” o in qualche trattoria, e si spingono spesso fino a notte inoltrata. L’impegno più forte di Renato è per il movimento dei “partigiani della pace”, nato ufficialmente a Parigi nell’aprile 1949, con l’obiettivo dell’interdizione all’arma atomica e di un patto di pace fra le cinque grandi potenze capace di evitare il pericolo di una nuova disastrosa guerra alimentato dal clima di “guerra fredda”.

Ma su questa Napoli impegnata nel rinnovamento incombevano le orde fameliche e prive di scrupoli dei ceti parassitari e degli speculatori edili, le cui espressioni politiche furono il “laurismo” prima e il “gavismo” poi, per usare una felice espressione di Percy Allum. È l’«ammiraglio» che consegna la città agli americani per farne la capitale militare dell’alleanza atlantica nel Mediterraneo.

A poco a poco, emigrazione dopo emigrazione, disimpegno dopo disimpegno, il pessimismo diventa il sentimento prevalente. È così che Renato decide di abbandonare una vita che riteneva non più meritevole di essere vissuta. Poco dopo, anche Francesca Spada e Luigi Incoronato decideranno di chiudere le loro vite.

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Pietro Nastasi
Matematica, Università Bocconi