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L’anomalo successo della Germania

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La conferenza stampa del 16 aprile di Angela Merkel ha fatto esclamare a più d'uno che se la Germania va così bene con Covid è anche merito suo, di Angela la chimica, capace di spiegare R0 (o meglio sarebbe dire Rt) con la competenza ma anche la semplicità di una mente avvezza a grafici, curve e modelli.

La Germania sembra in effetti aver controllato molto bene l'epidemia, anche se Merkel ha parlato di "successo fragile". Tutti i paesi si sono interrogati sul segreto del successo, visibile soprattutto nel bassissimo numero di morti rispetto ai casi. 

  • Secondo alcuni la causa sta nel contact tracing e quindi nel grande numero di tamponi eseguiti. Secondo Reuters 1,3 milioni al 9 aprile. Questo ha permesso di isolare tempestivamente i casi positivi e interrompere la catena del contagio.
  • Secondo altri il successo è anche dovuto al grande numero di posti letto, che ha evitato la crisi del sistema sanitario osservata in altri paesi.
  • Un altro ingrediente sarebbe il buon isolamento della popolazione più anziana, tanto che l'età mediana dei contagiati in Germania è 50 anni contro i 62 in Italia (l'età mediana dei morti Covid è 82 anni).

Ma queste sono solo ipotesi, perché la Germania, anche se il capo del governo spiega i numeri molto bene, non è molto generosa nel fornire i dati. 

Il bollettino ufficiale dell'Istituto Koch non fornisce dati sui tamponi eseguiti. Dando per buono che al 9 aprile la Germania abbia eseguito 1,3 milioni di tamponi, avremmo circa 16 tamponi ogni 1.000 abitanti contro 13 ogni mille dell’Italia (con 807.000 al 9 aprile). Addirittura la Lombardia, al 9 aprile, ha eseguito 176.953 tamponi: 17 per 1.000 abitanti, più del tasso tedesco. Si potrebbe obiettare che l'epidemia in Italia è "più avanti", diciamo di una settimana. Prendendo i dati dei tamponi al primo aprile la Lombardia aveva comunque effettuato 12 tamponi per 1.000 abitanti, non molti meno che in Germania. Si può pensare che in Germania abbiano scovato più asintomatici, però il report dell'Istituto Koch dichiara di conoscere i sintomi per 104.000 contagiati su 127.000 totali (l'ISS dichiara di conoscere i sintomi per 86.000 su 150.000 contagi totali). In mancanza di un sistema uniforme non sappiamo come paragonare queste informazioni, ma forse ci si poteva aspettare un numero maggiore di asintomatici in presenza di una politica di tamponi molto aggressiva.

Inoltre se è vero che i tamponi in Germania hanno permesso di isolare anche i non sintomatici, perché la curva tedesca dei contagi sembra più simile a quella italiana che a quella della Corea del Sud, il paese che ha spento l'epidemia proprio grazie a una diagnostica spinta con relative quarantene?

La notoria grande abbondanza di letti in terapia intensiva in Germania non può  essere ascritta almeno per ora a ragione del successo nel contenere il numero dei decessi, visto che il sistema di rilevamento dei ricoveri mostra che i posti occupati da pazienti con Covid sono molto pochi: al 15 aprile 2.618 di cui 1.946 sottoposti a ventilazione. Inoltre, come altrove, il 30% dei ricoverati in terapia intensiva comunque muore (pagina 5 del rapporto giornaliero, 15 aprile).

Un altro fatto bizzarro delle statistiche tedesche è che i guariti non vengono contati, ma stimati tramite un algoritmo (pagina 4). 

Dibattuta, ma più convincente, l'ipotesi che attribuisce il successo tedesco anche alla grande protezione degli anziani. In Germania l'età media della popolazione è simile all'Italia (intorno ai 46 anni), l'attesa di vita però è più bassa (83,3 per le donne e 78,6 per gli uomini contro 85,6 e 81,2 in Italia). Tuttavia in Germania l'età media dei positivi è 50 anni, contro i 63 dell’Italia, i 59 della Spagna e i 57 della Francia. Però ci si domanda se la popolazione più giovane sia la più colpita dal virus perché gli anziani sono più isolati o perché sono i test a essere eseguiti su una popolazione più giovane, come avevamo riportato in un articolo precedente.

Figura tratta dalla presentazione The Economics of a Pandemic: the case of Covid-19, di Paolo Surico e Andrea Galeotti della Economics at London Business School. Studio originale: Joël Mossong et al. Social Contacts and Mixing Patterns Relevant to the Spread of Infectious Diseases, Plos Med 2008.

Contrariamente all'Italia, infine, che dopo un paio di mesi di sonno ha cominciato a sfornare con Istat e Ministero dati aggiornati di mortalità per tutte le cause (oggi aggiornate all'11 aprile), la Germania non ha ancora rilasciato questi dati. Solo un Land, e la città di Berlino, partecipano al sistema di sorveglianza europeo (Euromomo), che al momento non riporta alcuna anomalia. Per il resto del paese non è dato sapere.

La situazione epidemiologica della Germania, diversa dai principali paesi colpiti dalla pandemia, resta un mistero. Forse il tempo e la disponibilità di dati tempestivi e completi aiuterà a chiarirlo.

Aggiornamento. Il 17 aprile l'istituto statistico tedesco ha pubblicato i dati sui decessi per le classi di età 0-64 e oltre 65 anni, al 25 marzo non si registra alcun eccesso di mortalità. 

 

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