Le conseguenze dei cambiamenti climatici mettono a rischio i sistemi naturali ed umani, sono già in corso e, se non si rallentano le emissioni di gas serra, le capacità di adattarsi si riducono con il passare del tempo.
Queste alcune delle conclusioni dell’atteso documento dell’Intergovernmental Panel on Climate Change che analizza impatti, rischi e misure di adattamento. Le bozze circolavano già da mesi, oggi sul sito dell’IPCC sono state pubblicate la versione finale e la sintesi, al termine dell’incontro tenuto in Giappone, a Yokohama, a cui hanno partecipato scienziati e delegati dei governi di tutto il mondo.
Si tratta del secondo capitolo del quinto Rapporto di Valutazione (il quarto risale al 2007), ed è frutto dell’opera di raccolta, revisione e sintesi degli studi scientifici sul tema pubblicati a partire dal 2007.
Vi hanno partecipato più di 800 autori e circa 1700 revisori tra scienziati ed esperti governativi. Il risultato è un colossale rapporto che supera le 2500 pagine, condensato in un riassunto di 25.
La prima parte del quinto Rapporto, relativa alla scienza del clima è stata pubblicata a settembre, mentre la terza verrà approvata e pubblicata nella prima metà aprile, e tratterà delle misure di mitigazione, ovvero degli interventi politici e tecnologici necessari a ridurre le emissioni di gas serra in atmosfera.
Parola chiave: rischio
I rischi per gli ecosistemi e per l’uomo non dipendono esclusivamente dai cambiamenti climatici, si legge nel documento approvato a Yokohama, ma la combinazione di questi con altri fattori di stress possono provocare conseguenze gravi, in alcuni casi già evidenti, a seconda delle regioni del mondo e dei settori esaminati.
Finora sono state più gravi ed evidenti per gli ecosistemi naturali:i cambiamenti climatici hanno modificato la varietà, l’attività stagionale, le abitudini migratorie, e la numerosità di specie animali e vegetali, con un rischio di estinzione più alto per quelle specie che vivono in habitat unici e particolarmente vulnerabili, come le barriere coralline e le zone artiche. I ghiacciai continuano a sciogliersi e una maggiore variabilità nelle precipitazioni sta alterando le risorse idriche e la loro qualità.
Il riscaldamento globale colpisce anche le comunità umane, influenzando l’accesso all’acqua e la produzione agricola, le condizioni di salute, il reddito medio. La mappa qui sotto riassume i principali impatti nelle diverse regioni del mondo.
Figura 1 (clicca per ingrandire l'immagine)
La parola “rischio” ricorre quasi 200 volte nella sintesi del documento. I rischi legati ai cambiamenti climatici non dipendono solo dalla minore o maggiore frequenza delle precipitazioni o di eventi estremi come uragani e siccità, ma anche da quanto si è esposti e vulnerabili a quelli stessi eventi. I rischi, insomma, non sono gli stessi per tutti.
Per quanto riguarda gli effetti sulla popolazione umana, questa è una delle conclusioni più significative del rapporto IPCC, in quanto afferma che i rischi del clima dipendono anche da diseguaglianze sociali ed economiche, e hanno la capacità di allargare sempre di più la forbice tra chi ha le risorse per adattarsi e far fronte alle conseguenze peggiori, e chi no.
Secondo gli scienziati, gli eventi climatici estermi degli ultimi anni (come l’uragano Sandy negli Stati Uniti e il tifone Hayan nelle Filippine, solo per citarne i più recenti e conosciuti) hanno dimostrato quanto i sistemi umani siano sensibili alle variazioni climatiche e quanto siamo ancora lontani dall’avere misure di adattamento adeguate (al di là del fatto che sia scientificamente molto difficile stabilire se un singolo evento meteorologico sia direttamente causato dai cambiamenti climatici). Le minacce climatiche però sono un “fardello addizionale” per coloro che vivono in condizioni di povertà, dato che impattano direttamente sulla resa dei raccolti e sulle abitazioni, e indirettamente sul prezzo degli alimenti e sulla sicurezza alimentare di intere regioni.
Otto killer
Tra i principali rischi futuri dovuti a “pericolose interferenze delle attività umane con il sistema climatico”, l’IPCC ne rileva otto che possono avere “ampie o irreversibili conseguenze, alta probabilità di conseguenze, e/o limitata capacità di adattamento”.
- Il rischio di mortalità e distruzione dei mezzi di sostentamento dovuto all’innalzamento del livello del mare, alluvioni, tempeste in zone costiere e nei piccoli stati isolani.
- Il rischio per la sicurezza alimentare, dovuto a riscaldamento, siccità, variazioni nelle precipitazioni, in particolare per le popolazioni più povere.
- Il rischio di gravi danni causati da alluvioni nelle zone urbane.
- Il rischio di perdita dei mezzi di sostentamento e rendite in aree rurali, causato da insufficiente accesso ad acqua potabile e per l’irrigazione, anche questo maggiore per popolazioni povere che si basano su agricoltura e pastorizia in aree semi aride.
- Il rischio di eventi estremi distruttivi per reti infrastrutturali e servizi essenziali.
- Gravi danni agli ecosistemi marini e terrestri, e conseguente perdita dei benefici per le comunità che vi fanno affidamento.
- Il rischio di mortalità e maggiore incidenza di malattie a causa di ondate di calore, in particolare per le fasce di popolazione più vulnerabili che vivono nelle aree urbane.
- Altri rischi esaminati per settore riguardano gli oceani, l’agricoltura, la produzione e il consumo di energia, la crescita economica e il legame tra cambiamenti climatici, conflitti e povertà.
La scala dei rischi
Quello che preoccupa maggiormente gli scienziati è riassunto in questo grafico (sotto a destra). Rappresenta l’aumento dei rischi (dal giallo al viola) al crescere della temperatura media globale, (che segna già un +0.6°C rispetto al periodo preindustriale), per i sistemi unici e fragili, gli eventi meteorologici estremi, l’irregolarità nella distribuzione degli impatti, le conseguenze aggregate su scala globale e la possibilità di eventi singoli su larga scala (i cosiddetti “tipping points”, categoria che considera per esempio lo scioglimento rapido e irreversibile dei ghiacciai in Groenlandia)
Figura 2 (clicca per ingrandire l'immagine)
Il grafico sopra a sinistra confronta uno scenario in cui le emissioni continuano ad aumentare al ritmo attuale (in rosso) ed un altro in cui in le emissioni di gas serra vengono ridotte in modo significativo (in blu). Il primo porta ad un aumento della temperatura oltre i 4°C, mentre nel secondo si stabilizza intorno ad un +1.5°C. Secondo l’IPCC, ridurre le le emissioni nei prossimi decenni riduce sostanzialmente i rischi, anche se tutte le proiezoni indicano che una parte degli impatti è comunque inevitabile.
Naturalmente quando si parla di rischi e conseguenze si tratta di probabilità, più o meno alte, che un determinato evento si realizzi. Il contesto di incertezza in cui vengono prese le decisioni non deve frenare, sostiene l’IPCC, se si agisce tempestivamente mettendo in pratica misure adeguate (che devono essere specifiche per settore, territorio, condizioni socio-economiche, e garantire il coinvolgimento delle istituzioni e degli individui interessati) si possono trarre anche dei co-benefici. Gli interventi di adattamento già pianificati o implementati nel mondo si basano soprattutto su misure ingegneristiche e tecnologiche, osservano gli scienziati, mentre viene sempre più riconosciuto il valore dell’approccio che si basa su capacità istituzionale, azione collettiva e in accordo con gli ecosistemi.
Le prime reazioni al rapporto
Il report ha ricevuto diverse critiche, sia per “eccessivo allarmismo” che per aver sottostimato i potenziali impatti sull’economia (fenomeno singolare ma non sorprendente nelle polemiche sul clima). Altri hanno invece osservato come i toni usati in questo ultimo rapporto siano più misurati rispetto alle valutazioni precedenti, grazie anche alla maggiore robustezza dei risultati scientifici e ad esperienze passate in cui stime probabilistiche (errate, nel famigerato caso dei ghiacciai Himalaiani) erano circolate come certezze. Il dato piuttosto notevole, fa notare il britannico Guardian, è che l’allarme lanciato dall’IPCC sul cambiamento del clima e le sue conseguenze sia rimasto quasi inalterato da quando è stato pubblicato il primo Rapporto di Valutazione, nel 1990. Anche allora gli studi dicevano che gli ecosistemi naturali avrebbero subito “conseguenze significative” dovute al cambiamento climatico, e indicavano possibili “gravi impatti sulla salute” a causa di variazioni nella disponibilità di risorse idriche e alimentari, ondate di calore e diffusione di malattie.
Anche allora, le popolazioni e i Paesi poveri erano riconosciuti come più vulnerabili. Da allora poco sembra essere cambiato, se non che gli impatti sono più numerosi e più evidenti.
Video: "Tutto quello che dovete sapere sul 5° Rapporto di Valutazione dell’IPCC" - realizzato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti climatici (CMCC), Fondazione Eni Enrico Mattei (FEEM) e International Center for Climate Governance (ICCG)