E' grazie alle parole che possiamo esprimere concetti, pensieri e stati d'animo. Ma quale percorso evolutivo ci ha portato a sviluppare delle così fini abilità comunicative? Wolfgang Enard del Max Planck Institut per l'antropologia evoluzionistica di Lipsia (in Germania) ha scoperto che topi modificati per esprimere la sequenza umana di Foxp2, un gene coinvolto nell'elaborazione del linguaggio, emettono richiami e vocalizzi più articolati. I topi "parlanti" mostrano inoltre cambiamenti strutturali, neurofisiologici e neurochimici in un'area del cervello che nell'uomo è associata al linguaggio. Foxp2 è presente anche nello scimpanzé, ma la sua sequenza differisce da quella delle grandi scimmie per due aminoacidi. Questa differenza sembra essere comparsa dopo che la linea evolutiva dell'uomo si è separata da quella delle grandi scimmie. È stato proprio per verificare il ruolo di Foxp2 nell'evoluzione del linguaggio che Enard ha inserito una copia del gene umano nel topo. I risultati dello studio, pubblicati su Cell, aggiungono un tassello in più nella ricostruzione del processo evolutivo che ha dato all'uomo il dono della parola. È questo inoltre il primo studio eseguito in un modello animale in grado di mostrare come una sostituzione aminoacidica possa essere rilevante per l'evoluzione umana.
Squittii quasi umani
Primary tabs
prossimo articolo
Ostacolare la scienza senza giovare agli animali: i divieti italiani alla sperimentazione
Divieto di usare gli animali per studi su xenotrapianti e sostanze d’abuso, divieto di allevare cani e primati per la sperimentazione. Sono norme aggiuntive rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE per la protezione degli animali usati a fini scientifici, inserite nella legge italiana ormai dieci anni fa. La recente proposta di abolizione di questi divieti, penalizzanti per la ricerca italiana, è stata ritirata dopo le proteste degli attivisti per i diritti degli animali, lasciando in sospeso un dibattito che tocca tanto l'avanzamento scientifico quanto i principi etici e che poco sembra avere a che fare con il benessere animale.
Da dieci anni, ormai, tre divieti pesano sul mondo della ricerca scientifica italiana. Divieti che non sembrano avere ragioni scientifiche, né etiche, e che la scorsa settimana avrebbero potuto essere definitivamente eliminati. Ma così non è stato: alla vigilia della votazione dell’emendamento, inserito del decreto Salva infrazioni, che ne avrebbe determinato l’abolizione, l’emendamento stesso è stato ritirato. La ragione?