La temperatura della Terra sta aumentando da circa 200 anni.
Finora l’aumento è stato di 0.85°C e già si vedono alcuni effetti. Se supererà i 2°C le
conseguenze possono essere ancora più gravi e, in buona parte, imprevedibili.
Quelle che gli scienziati chiamano “pericolose e irreversibili interferenze
sul sistema climatico” comprendono l’aggravarsi di fenomeni come l’innalzamento
del livello del mare, la variabilità delle precipitazioni (troppa pioggia o
troppo poca, rispetto alle medie), le ondate di calore, e una serie di
possibili eventi catastrofici legati al superamento di “punti di non ritorno”
(per esempio nello scioglimento delle calotte glaciali) che per la loro natura
eccezionale non possono essere previsti con gli strumenti scientifici attuali.
Non sorprende quindi che la “soglia dei 2°C” sia un limite su cui tutti i
governi del mondo si trovano d’accordo, come è stato ribadito anche durante
l’ultimo vertice internazionale sul clima a New York.
Ma limitare l’aumento della temperatura globale entro i 2°C significa
rivoluzionare il modo in cui produciamo e consumiamo energia, riducendo
drasticamente le emissioni di gas serra che invece continuano ad aumentare. Il
limite dei 2°C è ancora un obiettivo raggiungibile? Ed è un riferimento
efficace per spingere i governi e i cittadini ad agire più rapidamente?
Lo abbiamo chiesto a Thomas Stocker, docente presso l’università di Berna, che dal 2008 coordina il gruppo di lavoro sulla scienza del clima dell’IPCC. Stocker ha aperto la conferenza annuale della Società Italiana per le scienza del clima, due giorni di incontri e discussioni tra scienziati e ricercatori che si occupano di cambiamenti climatici e degli impatti sulla società e l’economia.
Professor Stocker, siamo
ancora in tempo per rispettare il limite dei 2°C o è già troppo tardi?
Non è troppo tardi ma i tempi si stanno facendo molto stretti.
Abbiamo perso tempo prezioso, abbiamo continuato a emettere gas serra a un
ritmo senza precedenti. Nel 2013 abbiamo prodotto quasi 10 miliardi di
tonnellate di carbonio. Se continuiamo di questo passo potremmo superare il limite dei 2°C in 30
anni.
Al di fuori della
comunità scientifica, chi guarda al semplice dato numerico potrebbe pensare che
un +0.85 non sia poi così grave, che manca ancora un po’ prima di arrivare a +2°C.
Cosa risponderebbe se le dicessero che ci sono problemi più urgenti?
Le persone hanno un rapporto molto particolare con la
temperatura. Faccio un esempio, se suo figlio si ammala e ha la febbre, lei
farà attenzione ad una misurazione precisa della temperatura del corpo umano,
al decimo di grado. Perchè se sul termometro leggiamo 36.9°C può andare ancora
bene, ma se sale a 37°C iniziamo a preoccuparci. Quindi un solo decimo di grado
fa già una bella differenza!
Lo stesso funziona per la temperatura della terra.
Questi aumenti apparentemente piccoli hanno già lasciato un segno visibile
sull’ambiente.
Abbiamo misurato gli impatti dei cambiamenti climatici sulle
zone ghiacciate e innevate in tutto il mondo, sulla temperatura degli
oceani, sul ciclo idrologico e sulla
frequenza delle ondate di calore. E tutto questo con un aumento di solo 0.85°C
negli ultimi 112 anni.
La soglia dei due gradi
considera solo un aspetto dei cambiamenti climatici. Non tiene conto, per
esempio, dell’acidificazione degli oceani o della perdità di biodiversità. In
questo senso ha anche un valore simbolico nel contesto dei negoziati
internazionali per il clima. Pensa che sia ancora un criterio efficace?
L’obiettivo dei 2°C non è solo un simbolo, è una chiara linea
di confine che i decisori politici hanno accettato. Sono completamente
d’accordo sul fatto che non includa altri aspetti molto importanti del
problema, ma è un obiettivo abbastanza semplice su cui discutere e negoziare.
Quindi è un obiettivo utile, anche se non comprende, per esempio,
l’acidificazione degli oceani, o il fatto che anche con un aumento di 2°C gli
impatti saranno significativi, come l’innalzamento del livello del mare in
tutto il mondo e per molti secoli. Non tiene conto dell’eventualità che lo
scioglimento della calotta glaciale della Groenlandia possa superare una soglia
critica, che innescherebbe la fusione di molte altre superfici ghiacciate del
globo. Molti aspetti non vengono considerati, ma certamente contenere il
riscaldamento globale entro i 2°C, di per sé, limiterà in parte gli impatti.
Quindi la sua opinione è
che la soglia dei 2°C debba rimanere un punto centrale nei negoziati per il
clima?
Parlando personalmente, io preferirei senza dubbio un obiettivo
più basso. Il secondo obiettivo termometrico considerato dalla Convenzione
delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici è di 1.5°C, dato che che molti
piccoli stati isolani, poco elevati sul livello del mare, sono già gravemente
minacciati dall’aumento della temperatura media globale.
Purtroppo, come
abbiamo appurato nell’ultima valutazione (AR5 WGI dell'IPCC uscito alla fine dello
scorso anno), il margine di tempo per la soglia di 1.5°C è davvero molto
molto stretto. In pratica, c’è una grande quantità di carbonio già emesso in
atmosfera, e abbiamo quasi esaurito il budget di carbonio che limiterebbe
l’aumento a 1.5°C.
Ci aiuta a fare
chiarezza su un tema molto dibattuto e spesso strumentalizzato, quello della
cosiddetta “pausa”, o più correttamente rallentamento, del riscaldamento
globale? La temperatura media è aumentata ad un tasso minore negli ultimi anni?
Quali sono le cause? E infine, possiamo considerarla una buona notizia oppure
no?
Per prima cosa, il riscaldamento globale non è sparito e non si
è fermato. Le cifre parlano chiaro. Se osserviamo l’aumento della temperatura
media su periodi molto brevi, come 15 anni, a partire dal 1998 il tasso di
riscaldamento è stato di 0.05°C per decennio. Questo valore è effettivamente più
basso del tasso di 0.08°C per decennio degli ultimi 60 anni. Ma se facessimo
partire la nostra analisi dal 1997 invece che dal 1998 il risultato sarebbe di
0.14°C per decennio. Questo ci fa capire che stimare i trend della temperatura
su periodi brevi come 15 anni non ci dice granchè sul clima nè sul fenomeno dei
cambiamenti climatici. Il lasso di tempo è semplicemente troppo breve per
produrre risultati significativi.
Il secondo punto importante è che le rilevazioni ci dicono che
negli ultimi 15 anni gli oceani hanno assorbito una quantità di energia di gran
lunga superiore rispetto ai decenni precedenti. In pratica, precisamente nel
periodo in cui l’atmosfera ha mostrato un riscaldamento meno intenso, l’oceano
ha accumulato molta energia.
Come scienziato, che
opinione ha sugli ultimi 20 anni di negoziati sul clima, e come guarda ai
prossimi vertici internazionali?
Guardando al passato ho sentimenti contrastanti. Bisogna tenere
presente che ci sono stati dei risultati positivi. Il protocollo di Kyoto, come
meccanismo concordato tra nazioni, è stato una conquista molto importante.
Avere raggiunto una Convenzione Quadro sui cambiamenti climatici è stato un
altro buon risultato. Il fatto che le conferenze internazionali abbiano
stabilito, nero su bianco, gli obiettivi di 1.5 e 2°C è un grande successo.
Ma
questi successi sono stati raggiunti molto lentamente, o perlomeno non sono
stati abbastanza veloci da far fronte all’urgenza del problema. Quindi, per
quanto riguarda il futuro, personalmente spero che i negoziati procedano molto,
molto più velocemente.