fbpx Così va il mondo della ricerca | Scienza in rete

Così va il mondo della ricerca

Primary tabs

Tempo di lettura: 4 mins

L’evoluzione del sistema di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico (R&S) nel mondo non è stato intaccato dalla crisi economica e finanziaria che nell’anno che si va chiudendo, il 2009, ha raggiunto il suo apice.

Tuttavia il sistema della ricerca globale ha subito una profonda ristrutturazione al suo interno. La geopolitica della ricerca ha subito una nuova, drastica accelerazione. Si è riequilibrato il rapporto tra investimenti pubblici e privati. Si accentua la fatica con cui l’Europa in generale e l’Italia in particolare reggono il passo del resto del mondo.

Nel 2010 assisteremo a una ripresa degli investimenti globali in R&S, ma all’interno del nuovo quadro geopolitico, che ormai si va stabilizzando.

Sono queste, in estrema sintesi, le conclusioni che possiamo trarre dalla lettura del 2010 Global R&D Global Forecast, il nuovo rapporto annuale pubblicato nei giorni scorsi dalla rivista R&D Magazine.

Che il sistema globale della ricerca scientifica e dello sviluppo tecnologico non sia stato attaccato dalla crisi, lo dimostra i fatto che gli investimenti in R&S realizzati nel 2009 ammontano a 1112,5 miliardi di dollari (calcolati a potere di acquisto equivalente delle monete), contro i 1125,8 del 2008. L’erosione c’è stata. Ma solo dello 0,8%, a fronte di una diminuzione della ricchezza prodotta (PIL mondiale) che – ove si escludano due paesi, Cina e India – ha superato il 3,5%. Questa asimmetria indica che la ricerca e sviluppo si è imposta come uno delle principali strumenti anticrisi. Ormai gli investimenti in R&S ammontano stabilmente al 2% del PIL Mondiale (l’1,97%, per la precisione, nel 2009).

Ma questa sostanziale stabilità a livelli piuttosto alti degli investimenti, nasconde una profonda ristrutturazione geopolitica della R&S. In due soli paesi, Cina e India, gli investimenti sono aumentati. Anzi, sono fortemente aumentati: del 5,4% in India e addirittura del 20,9% in Cina. Negli altri 38 paesi presi in esame dagli esperti del R&D Magazine gli investimenti sono complessivamente diminuiti. E piuttosto seccamente: del 3,1% (in ogni caso gli investimenti in R&S sono diminuiti meno del PIL). Questa netta divergenza tra Cindia (Cina e India) e il resto del mondo conferma il progressivo spostamento verso il Pacifico dell’asse scientifico del mondo.

Ormai l’Asia investe in termini assoluti quasi quanto gli Stati Uniti (370 miliardi complessivi contro i 389 degli Usa, nel 2009) e in termini relativi è in un allineamento quasi perfetto con la media mondiale: 1,95% rispetto al PIL. Questa tendenza è rafforzata dal fatto che la Corea del Sud nel 2009 ha superato la Francia per investimenti assoluti in R&S, ormai, tra i cinque paesi che investono di più in R&S tre sono asiatici (Giappone, Cina e Corea del Sud, appunto). Se poi si tiene conto non solo del capitale finanziario, ma anche del capitale umano, l’Asia è ormai il contenente dove vive la maggioranza relativa degli scienziati e dei tecnici di tutto il mondo.

Una secondo elemento che si è imposto nel 2009 è un parziale riequilibrio tra investimenti pubblici e investimenti privati in R&S. La tendenza, in quasi tutto il mondo, è a un aumento della spesa pubblica. Gli investimenti in R&S (e in formazione) hanno assunto una funzione keynesiana e sono entrati a far parte dei «programmi di stimolo» in molti paesi, dagli Usa alla Cina, dalla Svezia, alla Germania, alla Francia. Nel medesimo tempo si è avuta una diminuzione degli investimenti in R&S delle imprese private, soprattutto nei paesi a economia matura (Usa, Giappone, Europa).

Già, l’Europa. I dati lo confermano: il Vecchio Continente non ce la fa a tenere il passo del resto del mondo. Gli investimenti in R&S in Europa ammontano all’1,69% del PIL. Meno – ormai significativamente meno – della media mondiale. In termini assoluti, l’Europa continua a perdere terreno: ormai i suoi investimenti rappresentano il 24,0% del totale mondiale, contro il 33,5% dell’Asia e il 39,4% delle Americhe. Ma il guaio è che la tendenza è verso un’ulteriore perdita di posizioni. Solo la Germania e i paesi del Nord Europa riescono a tenere il passo del resto del mondo. Il distacco dei paesi del Sud d’Europa è, invece, sempre più evidente.

L’Italia, in particolare, continua ad arrancare. Gli investimenti in R&S nel nostro paese nel 2009 ammontano a 18.684 milioni di dollari: ben 994 milioni in meno rispetto al 2008. Il taglio, secco, è stato di oltre il 5%. Ormai, con un’intensità di investimenti che non va oltre l’1,08% rispetto al PIL, il nostro paese investe oltre un terzo in meno della media europea e quasi la metà in meno della media mondiale. Di più: poiché la diminuzione degli investimenti in R&S è stata superiore alla diminuzione del PIL, il nostro paese sta accentuando e non riducendo la distanza che lo separa dall’economia della conoscenza, ritenuta in tutto il mondo l’economia del futuro.

A proposito di futuro, quali sono le previsioni per il prossimo anno? Gli esperti del R&D Magazine ritengono che nel 2010 ci sarà una ripresa degli investimenti mondiali in ricerca e sviluppo. L’aumento sarà del 4%. Che l’intensità degli investimenti sarà sostanzialmente stabile nelle economie mature, ma crescerà ancora molto rapidamente in Cina, in India e nelle altre economie emergenti. Che l’Europa continuerà a perdere terreno, vedendo (definitivamente?) allontanarsi l’obiettivo di Lisbona. Ormai è certo: nel 2010 l’Unione non sarà l’area leader al mondo dell’economia e della società della conoscenza.

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Generazione ansiosa perché troppo online?

bambini e bambine con smartphone in mano

La Generazione ansiosa. Come i social hanno rovinato i nostri figli (Rizzoli, 2024), di Jonathan Haidt, è un saggio dal titolo esplicativo. Dedicato alla Gen Z, la prima ad aver sperimentato pubertà e adolescenza completamente sullo smartphone, indaga su una solida base scientifica i danni che questi strumenti possono portare a ragazzi e ragazze. Ma sul tema altre voci si sono espresse con pareri discordi.

TikTok e Instagram sono sempre più popolati da persone giovanissime, questo è ormai un dato di fatto. Sebbene la legge Children’s Online Privacy Protection Act (COPPA) del 1998 stabilisca i tredici anni come età minima per accettare le condizioni delle aziende, fornire i propri dati e creare un account personale, risulta comunque molto semplice eludere questi controlli, poiché non è prevista alcuna verifica effettiva.