La riforma non è ideale, ma è una occasione da non sprecare

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L’intervento di Sylos Labini sulla “riforma da rottamare” richiama dati importanti e valutazioni condivisibili (per esempio lo stipendio dei ricercatori), ma anche errori o mancanze fattuali cruciali per la formulazione del giudizio globale (“da rottamare”). Mi soffermo su alcuni punti specifici in particolare sul tema valutazione-premialità-ricerca:

  1. Stipendio e tenure. Lo stipendio di entrata dei ricercatori è assolutamente insufficiente. Praticamente in tutti i sistemi universitari esistono tre fasce di docenza successive alla fase di post-dottorato, come per esempio ben fotografato dalla LERU (Lega Europea delle Università ad alta intensità di Ricerca, www.leru.eu) che raccoglie 21 atenei europei, da Oxford a Lovanio inclusa l’Università degli Studi di Milano. I Ricercatori universitari italiani corrispondono alla terza fascia, chiamati in sistemi diversi con termini diversi come Assistant Professor o  Lecturer. Curioso che un Paese prodigo di etichette come nessun altro (il titolo di "Dottore" è in genere riservato a chi ha fatto un dottorato/PhD) abbia scelto una definizione scarsamente utilizzata. Vedo curriculi di colleghi che, per far capire cosa sono , si qualificano (correttamente) come Assistant Professor. D’accordo dunque sull’insufficienza dei salari di chi entra in modo precario (posto) o tenured nel sistema di ricerca del Paese. Più in generale, tema centrale è quello delle risorse. Non si fanno nozze con i fichi secchi e il paese investe in modo assolutamente insufficiente per quantità e qualità in educazione superiore e in ricerca.
  2. Contesto internazionale. E' questo il punto di riferimento cruciale in una fase di “Grande Corsa ai Cervelli” (leggi). Il quadro delle posizioni permanenti (tenure) nei migliori sistemi di ricerca non è quello presentato. Nelle migliori Università negli Stati Uniti pubbliche  e private il significato della tenure è assai diverso da quello italiano per numero, stabilità e contenuti, con gran parte dello stipendio legato alla capacità di ottenere finanziamenti competitivi. Nella stessa Europa, in UK per esempio si può perdere il posto tenured o parte dello stipendio per carenza di fondi o insufficiente produttività. (è evidente che nel nostro sistema neppure il peggior docente della peggior Università vede mai messo in discussione il posto). Appena al di là delle Alpi all’ETH di Zurigo Ernesto Carafoli ci ha spesso ricordato che nessuno, neppure i premi Nobel, è tenured. La soluzione di un tenure track senza garanzia di entrata (se no che tenure track sarebbe?) non è al di fuori della prassi seguita nei centri migliori.
  3. Premialità e valutazione. Il CIVR fu istituito con un percorso che ha coinvolto governi dei due schieramenti. Le sue valutazioni sono rimaste lettera morta fino all’anno scorso, quando per la prima volta si è legata la distribuzione di una parte significativa  del Fondo di Finanziamento Ordinario alla valutazione. Una piccola rivoluzione visto l’andazzo. Questo metodo è istituzionalizzato nel ddl. L’ANVUR fu istituito dal Ministro Mussi e viene ora implementato dall’attuale Ministro. Il metodo della scelta delle persone che lo dirigeranno  è quello da sempre invocato da più parti e in particolare dal Gruppo 2003 fondato su un search committee autorevole in parte nominato su indicazione di organi internazionali (ERC, OCSE). Quello attualmente operativo comprende Claudio Bordignon, Salvatore Settis e altri (Comitato di selezione, sito ANVUR): sbagliato il metodo, sbagliate le persone, sbagliati entrambi? A far da ponte fra il vecchio datato CIVR (2004) riparte un esercizio di valutazione (VQR) che deve colmare lo spazio di tempo che precede un ANVUR funzionale. Infine, un emendamento approvato da entrambi gli schieramenti politici istituisce un comitato che inizi a mettere ordine e trasparenza in casa MIUR nel settore dei finanziamenti  competitivi. Il medodo, lo stesso di ANVUR: un search committee indipendente con una rappresentanza internazionale. Un passo, piccolo ma significativo, nella direzione di una o più cabine di regia (agenzia della Ricerca Scientifica, ARS) che costituisca uno sportello affidabile, trasparenti e meritocratico richiesta da molto tempo dal Gruppo 2003 (Tutti rilanciano per superare la crisi. E noi no?). Questo il contesto. È infine mia opinione che solo un meccanismo di premialità economica degli Atenei e delle loro articolazioni nonché dei singoli, accoppiata a valutazione possa innescare un circuito virtuoso.
  4. Concludo con il mio pensiero. Il DDL non disegna l’Università ideale (per esempio abolizione del valore legale del titolo di studio, si vedano le proposte del Gruppo 2003) ma costituisce l’occasione per innescare un circuito virtuoso di premialità e valutazione. Utilizzo frammenti di un documento della Commissione Esperti Programmazione Ricerca CEPR  (Claudio Bordignon; Irene Bozzoni; Nicola Cabibbo; Giacinto Della Cananea; Fabiola Gianotti; Alberto Mantovani; Carlo Rizzuto; Marina Ruggeri; Salvatore Settis) della scorsa primavera: «...Il CEPR ritiene perciò che il disegno di legge di riforma (DDL) costituisca un’occasione forse unica per innescare un circuito virtuoso nel sistema universitario italiano. Insomma, time is now per le Università italiane...»; «...Efficienza, merito, valutazione, responsabilità, e in misura minore flessibilità sono le parole chiave che ispirano il DDL, fortemente condivise dal CEPR. In particolare riteniamo che valutazione e premialità della stessa costituiscano il nodo cruciale che può innescare un meccanismo virtuoso di competitività fra gli atenei...»; «...Infine i finanziamenti: hic sunt leones. E’ impensabile una riforma universitaria efficace senza una inversione drastica di tendenza nell’investimento in istruzione superiore e ricerca, nella logica di responsabilità, valutazione e premialità discussa sopra. Neanche in Università si possono fare nozze coi fichi secchi.»