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Trump ridisegna il panorama della ricerca USA

Con una serie di ordini esecutivi, Donald Trump smantella le politiche climatiche di Biden e ritira gli Stati Uniti dall'accordo di Parigi. Le agenzie federali scientifiche (EPA, NIH, CDC, FDA, NASA) vengono ristrutturate con nuove nomine orientate alla deregolamentazione. Vengono congelate le assunzioni federali, mentre la revisione delle collaborazioni internazionali potrebbe ridefinire il ruolo USA nella ricerca globale. Immagine: Donald Trump.

Il 20 gennaio 2025 segna un punto di svolta nelle politiche scientifiche statunitensi con una serie di ordini esecutivi che ridefiniscono drasticamente il ruolo delle agenzie federali scientifiche e di ricerca. Un'analisi dettagliata dei documenti rivela un approccio che modifica sostanzialmente le fondamenta delle politiche climatiche, energetiche e di ricerca biomedica degli Stati Uniti.

Rischiamo di avere troppi satelliti in orbita: è urgente occuparsi di ecologia dello spazio

L’ultimo saggio dell’astrofisica Patrizia Caraveo, "Ecologia spaziale - Dalla Terra alla Luna a Marte", segnala i rischi legati al numero sempre maggiore di satelliti che oggi vengono lanciati nello spazio, provocando inquinamento e pericoli in fase di lancio, di orbita e di rientro e contaminando fasce estremamente delicate della stratosfera. Si tratta di una tecnologia fondamentale, che offre servizi oggi cruciali e un tempo impensabili: ma occorre mettere mano a una regolamentazione vincolante per tutti, con urgenza, prima di arrivare a danni irreparabili. (Nella foto: scie lasciate nel cielo dai resti dal razzo Starship di SpaceX esploso poco dopo il lancio il 16 gennaio 2025).

Il 16 gennaio scorso le immagini di quella che sembrava una spettacolare cascata di stelle cadenti nei cieli dei Caraibi hanno invaso social, siti e poi tutti i media. Si trattava in realtà della ricaduta verso terra dei detriti fiammeggianti dell’astronave Starship di SpaceX – l’azienda di voli spaziali di Elon Musk – esplosa pochi minuti dopo il decollo dalla base di Boca Chica, in Texas. Elon Musk stesso ha pubblicato un video dell’incidente sul suo social X, commentando: «Il successo è incerto, l’intrattenimento garantito».

Un po’ come noi: il maiale tra storia, scienza ed etica

In Un po’ come noi. Storia naturale del maiale (e perché lo mangiamo), lo storico e giornalista Kristoffer Hatteland Endresen esplora la complessa relazione tra l'essere umano e il maiale. Alternando la cronaca dell’esperienza personale in un allevamento intensivo, dati scientifici e riflessioni personali, offre un'analisi a 360 gradi: dal ruolo storico e culturale del maiale fino agli aspetti controversi dell'allevamento industriale, dell'uso degli antibiotici e dell'impatto ambientale.

Quando un giornalista serio decide di scrivere su un argomento, prima si documenta bene, e magari cerca anche di avere esperienze dirette. È quello che ha fatto Kristoffer Hatteland Endresen in Un po’ come noi. Storia naturale del maiale (e perché lo mangiamo) (Codice edizioni, 2024).

La lezione di Eugenio Borgna: ascoltare e narrare le emozioni di chi cura e chi è curato

Il 4 dicembre 2024 ci lasciava, a 94 anni, Eugenio Borgna. Psichiatra di fama internazionale, è stato un acuto indagatore delle emozioni e un instancabile sostenitore del lavoro di ascolto terapeutico dei suoi pazienti e dei curanti. Strumento di lavoro: il dialogo, obiettivo: rendere più calda e umana la psichiatria. Un fil rouge che Maurizio Bonati dipana in un percorso in cui il riconoscimento delle emozioni e delle narrazioni costruisce la base per la cura.

Nell'immagine di copertina: un frame del film Risvegli. Crediti: Wikimedia Commons

Nel 1965 il neurologo inglese Oliver Sacks iniziò a lavorare al Beth Abraham Hospital di New York, nel Bronx, dove Malcolm Sayer in quegli anni studiava gli effetti della L-dopa su un gruppo di sopravvissuti all’epidemia di encefalopatia letargica del 1919-1930. Lo studio si conclude nel 1969 dimostrando l’efficacia del farmaco, come lo era o lo sarebbe stato, per tutte quelle condizioni patologiche determinate, anche, dalla carenza di dopamina (malattia di Parkinson, sclerosi multipla, sclerosi laterale amiotrofica).

La trave e la pagliuzza: le vere cause degli incendi e delle alluvioni

Gli incendi a Los Angeles e altri eventi estremi, nonché la loro narrazione mediatica, evidenziano come le cause immediate spesso oscurino il vero problema: il cambiamento climatico, che aumenta la intensità e la frequenza dei fenomeni catastrofici. Affrontare questa crisi richiede azioni urgenti per ridurre le emissioni di gas serra, con tecnologie già disponibili, e investimenti per rafforzare la resilienza dei territori. Solo una combinazione di mitigazione e adattamento può prevenire danni irreversibili, garantendo un futuro sostenibile per le prossime generazioni.

Nell'immagine: La parabola della pagliuzza e della trave. Ottmar Ellinger il Giovane

Anche di fronte ai vasti incendi di Los Angeles - ancora in corso -, come in altre circostanze recenti, l’attenzione della stampa si incentra perlopiù sulle cause più immediate e “prossime”: il malfunzionamento della rete elettrica, la scarsa riserva idrica, l’impreparazione dei pompieri neo-assunti eccetera.

No, gli incendi in California non sono “ideologici”

Rampini dal Corriere riporta una serie di errori e inesattezze per corroborare l’insopportabile retorica dell’“ideologia” nella transizione ecologica e finanche nella fisica del clima. Contrariamente a quanto dice, probabilità e intensità degli incendi sono in aumento a causa degli “umanissimi” cambiamenti climatici. Certo, le soluzioni passano anche da una gestione corretta della vegetazione e delle infrastrutture, ma questo non deve oscurare l’obiettivo di azzeramento delle emissioni. Soprattutto dopo che il 2024 ha superato in media la temperatura di 1,5°C per la prima volta.

Di questo si parla anche nella guida Eventi meteorologici estremi e cambiamenti climatici. Una guida per i giornalisti che il Climate Media Center Italia ha tradotto in italiano dall’originale del World Weather Attribution.

Immagine: incendi California fotografati da European Union, Copernicus Sentinel-3 imagery

Continua la battaglia di Federico Rampini contro le “ideologie” della transizione ecologica.

Il progetto ministeriale dei super ospedali non sembra una grande idea

Il Ministero della Salute sta valutando un progetto per creare una rete di “super ospedali” nazionali, destinati a potenziare l’assistenza sanitaria soprattutto al Sud. Questi ospedali, con status speciale e finanziamenti statali, avrebbero lo scopo di frenare la mobilità sanitaria e a offrire cure di alta complessità. Il progetto ha contorni ancora vaghi, ma forse la priorità dovrebbe essere la razionalizzazione della rete ospedaliera esistente, piuttosto che la creazione di nuove strutture, per rispondere in modo efficace alle esigenze del Servizio Sanitario Nazionale.

Diversi quotidiani hanno recentemente segnalato un possibile progetto del Ministero della Salute: una rete di “super ospedali”. Lo spunto di partenza del progetto sarebbe un elenco dei venti ospedali che fanno parte della spina dorsale dei maxi poli ospedalieri, riportata lo scorso 24 giugno 2024 da Il Sole 24 Ore Sanità sulla base di una mappa messa a punto dai tecnici del Ministero della Salute e dal suo direttore generale della programmazione Americo Cicchetti.

La nuova grande emigrazione che mette a rischio il futuro dell’Italia

Alessandro Foti, ricercatore italiano che lavora al Max Planck di Berlino, nel suo recente saggio Stai fuori! allinea molti dati e numeri per mostrare come il vero rischio per l’Italia oggi non è l’immigrazione, ma una nuova ondata di emigrazione, che riguarda in primo luogo i giovani, molti dei quali laureati. Un fenomeno a senso unico, non compensato dall’arrivo di giovani provenienti dagli altri Paesi europei, che drena le risorse del Paese e lo priva delle energie indispensabili allo sviluppo. L’emorragia di giovani è un segnale d’allarme importante, che mette a nudo la mancanza di attrattività del nostro Paese, specialmente nel campo della ricerca, e che, se ancora trascurato, condanna l’Italia a non avere un futuro. Immagine: ChatGPT

«Ho deciso di ragionare su questi temi perché li ho vissuti sulla mia pelle. L’ho fatto con curiosità e attenzione, ma spero senza la presunzione di avere una sola verità. Quello che voglio trasmettere, però, è un senso di urgenza». Così Alessandro Foti, ricercatore in immunologia al Max Planck Institute di Berlino dopo avere studiato Biologia alla Sapienza, spiega ai lettori che cosa l’ha spinto a scrivere Stai fuori!

Scatti virali, un pericolo per la natura?

Le foto naturalistiche sui social possono essere armi a doppio taglio per la natura. Se da un lato aiutano a sensibilizzare e informare, dall’altro, soprattutto se diventano popolari, possono contribuire a un sovraffollamento in luoghi sensibili, con impatti su piante, animali e habitat protetti. Foto: Tiger Temple, Kanchaniburi, mattmangum/Flickr.

I social sono alleati o amici della tutela della natura? E cosa succede quando un luogo naturale diventa virale sulle piattaforme social? Niente di buono, secondo un articolo dal titolo ironico, Liked to Death ("Piaciuti fino alla morte") pubblicato lo scorso novembre sulla rivista Science of the Total Environment, che punta il dito contro la nostra ossessione per la condivisione di immagini accattivanti online.