Quando, nel 1592, Galileo viene chiamato sulla cattedra di Matematica dello Studio di Padova ha 28 anni, e qui rimane fino al 1610: diciotto anni di insegnamento e ricerche fondamentali che gli forniscono ampio materiale per le sue opere della maturità, da Il Saggiatore (1623) al Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) fino ai Discorsi e dimostrazioni intorno a due nuove scienze (1638).
Nella chiusa di una lettera scritta da Galileo a Fortunio Liceti, si legge: "Non senza invidia sento il suo ritorno a Padova, dove consumai li diciotto anni migliori di tutta la mia età. Goda di cotesta libertà e delle tante amicizie che ha contratto costì e nell'alma città di Venezia." La lettera è scritta il 23 giugno 1640 da Arcetri, dove Galileo è ormai vecchio, praticamente cieco e agli arresti domiciliari. E sicuramente l'enfasi della frase è influenzata dalla situazione in cui si trova. Cionondimeno il periodo patavino di Galileo fu veramente fecondo.
È a Padova che Galileo si convince della giustezza della proposta copernicana che non la Terra ma il Sole sia il corpo celeste intorno al quale si muovono i pianeti. Sempre a Padova conduce una serie di esperimenti su piani inclinati e pendoli ricavando la legge di caduta dei gravi, comunicata per la prima volta in una lettera a Paolo Sarpi del 1604, e congetturando quello che Einstein chiamerà "principio di equivalenza", e cioè il fatto che in assenza di resistenza del mezzo tutti i corpi, qualunque sia la loro costituzione, cadono con la medesima accelerazione. E ancora al periodo patavino risalgono le esperienze che confermano la correttezza della legge del moto parabolico dei proiettili da lui formulata: il moto parabolico è il risultato della composizione di un moto orizzontale rettilineo uniforme con un moto verticale uniformemente accelerato.
A Padova Galileo frequenta assiduamente l'Arsenale di Venezia, come ricorderà nei "Discorsi". Proprio nei "Discorsi" Galileo evidenzia come le discussioni con i "proti" (i capomastri) dell'Arsenale siano state per lui essenziali a capire che i manufatti che si producono nelle botteghe artigiane non hanno solo il fine di soddisfare bisogni primari ma sono pieni di conoscenza ancora non sistematizzata e possono produrre nuova conoscenza. Questa consapevolezza si era andata lentamente affermando nel periodo dell'Umanesimo e del Rinascimento, ma con Galileo sembra ormai pienamente acquisita, tanto da fare di lui il simbolo di quella saldatura tra tecnica e scienza che connota la scienza moderna. E senza questa consapevolezza che rompe una tradizione millenaria non si potrebbe comprendere il gesto da lui compiuto verso la fine del 1609 di puntare un cannocchiale verso il cielo: in quel gesto era racchiusa l'idea che uno strumento costruito da artigiani potesse essere utilizzato come strumento scientifico per produrre conoscenza.
Su questa base Galileo effettua le prime osservazioni sui corpi celesti sorretto anche dalla convinzione, maturata a Padova, che la fisica dei cieli e quella della Terra siano in realtà un'unica fisica. Solo così è in grado di riconoscere quello che vede (a differenza di Thomas Harriot): una superficie lunare che, come quella della Terra, manifesta valli e montagne; le costellazioni che sono fatte non solo dalle stelle visibili a occhio nudo, ma anche da miriadi di stelle meno luminose visibili solo con l'ausilio del nuovo strumento; un pianeta (Giove) che trasporta quattro "lune" nel suo moto di rotazione intorno al Sole, come la Terra la Luna. Galilei pubblicherà queste osservazioni nel Sidereus Nuncius del marzo 1610, subito prima di lasciare Padova per Firenze. Esse sanciscono una svolta nella ricerca di una fisica per il copernicanesimo, confermando in Galileo la convinzione della stretta relazione tra le sue indagini sperimentali sui moti degli oggetti sulla Terra e le sue osservazioni astronomiche
Se in generale la rivalutazione dei manufatti a fini conoscitivi, la stretta relazione tra osservare e sperimentare, la consapevolezza del nuovo metodo scientifico sono elementi che da Galileo in poi diventeranno caratteri della Nuova Scienza, i suoi risultati sui moti locali e quelli sulle osservazioni astronomiche saranno essenziali per gli sviluppi della meccanica che troveranno nell'opera di Newton la prima mirabile sintesi.