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La bilancia non è ben tarata
La scienza non c'è più
Armi letali in soffitta
Dalla luna piove idrogeno
L'università italiana è cresciuta. Troppo in fretta?
L'università italiana è molto cresciuta negli ultimi trent'anni. Ormai un ragazzo su tre, giunto a diciannove anni, si iscrive all'università. La crescita era necessaria e auspicabile. La società ha bisogno di persone qualificate. Ma è diventata ipertrofica. Anche perché è avvenuta senza una valutazione attenta della proposta didattica e della produzione scientifica. Se si osservano i dati sull'andamento delle transizioni degli studenti dalla scuola secondaria all'università negli ultimi venti anni, ci si accorge immediatamente come l'università italiana abbia subito una seconda rivoluzione silenziosa: nel 1980 si iscriveva all'università meno del 30% di ogni gruppo di diciannovenni; dieci anni dopo tale numero si era innalzato sopra il 40% e nel 2001/2 superava il 50%. A questa crescita si associava una crescita equivalente del corpo docente.
Lo zinco brucia l'olfatto
Italia: pochi fondi per la biomedicina
Il biomonitoraggio dirà quanto siamo inquinati
Rifiuti in Campania: esiste o meno un'emergenza salute? Dopo una serie di studi che hanno constatato una correlazione fra mortalità per tumore, malformazioni e vicinanza alle discariche abusive delle provincie di Napoli e Caserta, è partito un programma di biomonitoraggio umano (Sebiorec) che dovrebbe chiarire la realtà di questo nesso che fa discutere gli epidemiologi. di ROBERTO CANTONI